Critica Sociale - anno XL - n. 5 - 1 marzo 1948
98 che se ne vuole, i trasporti sono esuberanti. Macch!ne pronte per tre quarti non possono_essere _co_mpletateperche_mancan~ i fondi per ritirare alcum mate_nah complementan prodot~ da altre ditte le quali non vogliono vendere che a contanti, premute com~ sono a loro volta da necessità di cassa. Le macchine incomplete non possono essere esportat~ o vendute sul mercato; sono cose inutili anche se hann~ 11;1c?rporato milioni come sono inutili le numerose costruziom mterrot- te qua~do mancava appena il tetto. . . . , Gli operai, nel continuo assillo della qumd1c11_1a, _danno uno scarso rendimento, e anzichè lavorare fanno numom e spe– discono a Roma in frotte commissioni a, sollecitare provve– dimenti d'emergenza. I costì unitari defla produzione, per lo scarso livello della stessa, anzichè diminuire aumentano, e questo avviene in un momento i_ncui la concorrenza_ con l'estero è già insostenibile. I prezzi hanno tendenza a nbas– sare, o per lo meno le dichiarazioni dei responsabili della cosa pubblica lo affermano; questo p.rovoca un fermo ne– gli acquisti, le giacenze si accumulano nei magazzini ed il fenomeno sta già per ·risalire alla produzione~ I depositi· bancari diminuiscono, nè serve l'aumentata circolazione. Se il movimento ha il suo corso regolare, cioè se il Go– verno non si intenerisce delle commissioni interne, che cosa avverrà? Una serie di fallimenti, ·nei quali 'saranno tra– scinate aziende malate ed aziende sane. E' vero comunque che quelle che soppravvivranno saranno, per petizione di prin– cipio aziende sane (in quanto avranno resistito alla prova· del fuoco), e che procederanno finalmente nella vita econo– mica da sole, senza più aver bisogno dell'aiuto dello Stato. Quanto tempo sarà necessario per raggiungere questa si– tuazione ideale? Da tre a quattro anni... Nel frattempo? Ci saremo, come popolazione, «pacificamente» ridotti di · numero: da 46 milioni a poco più di 30. Ipotesi assoluta– mente assurda, ma alla quale conduce direit-amente la logica del Ministro Einaudi. Il nostro P;r.tito di fronte all'inflazione.- Il nostro partito ha più volte .affermato di essere contra– rio all'inflazione, ma, cont~mporaneamente ad una. politica antinflazionistica nel campo monetario e ·creditizio, ha P.Osto l'istanza di una politica produttivistica attraverso un inter– vento diretto nella produzione, che porti alla più efficiente utilizzazione delle materie prime, alla massima occupazione operaia consentita dalle condizioni tecniche ·degli impianti e delle disponibilità di materie prime, ad un'espansione mas– sima delle nostre esportazioni anche in condizioni di dum– ping, a scapito del mercato interno, garantendo i benefici di tale esportazione, non a pochi privilegiati, ma a tutta la na– zione. Questo parallelismo, questa contemporaneità d'azione era posta perchè si riteneva, come si ritiene oggi, impossi– bile arrivare attraverso la sola manovra monetaria e credi– tizia ad una situazione che ~onsenta di ridare alla nostra eco– nomia quella normalità di sviluppo che da, oltre IO anni le è venuta a mancare, che nel frattempo ha consentito la for– mazione di incrostazioni èertamente dannose, ma che è al– trettanto pericoloso per la vitalità dell'organismo rimuovere senza cautela. Agire diversamente ci porta (saltando· alcuni anelli della catena) alla guerra civile. Sì, le condizioni poli– tiche di cui ci si lamenta sono soprattutto frutto di condi– zioni economiche molto serie. E' l'arma più efficiente e <li più sicuro rendimento, che non ha mai fallito, perchè l'uso è. moralmente legittimo, quella che il Governo della demo, cr.azia cristiana, venendo meno ai suoi doveri sociali, mette in mano ai comunisti. I ventimila operai della Breda o i die– cimila dei gruppi napoletani, prima che accohsentire a ·re– stare senza paga o accontentarsi di 236 lire di su~sidio di disoccupazione, quando il panettiere non fa più credito, il droghiere pretende- il_ pagamento del conto e la famiglia pretende di mangiare, si fanno sparare addosso! E' possibile che in questa manier~ si 1 raggiunga un equi– librio? Tutto è possibile,. ma è poco· probabile, è troppo co– ·stoso, e, comunque, è un equilibrio che non garberebbe a nessuno. E' vero che anche questa è un'ipotesi irreale, per– chè Einaudi non riuscirà a resistere, come già non resiste perchè ha stampato nei niesi scorsi il doppio di biglietti di quanti se ne stampavano all'inizio dell'anno; basterà-che questa massa· tesaurizzata, aggiunta a quella che si continua a stam– pare, si riversi nelle banche, perchè subito si moltiplichi per tre o quattro, ed allora non ci tiene più nessuno. Saremo allora da capo e dal baratro in cui siamo, potrebbe essere una corsa pazza su per una china, la cui cima sarà tanto più elevata quanto più profondo sarà stato l'abisso. Eppure si potrebbe ancora salvare il paese dai mali della deflazione e dell'inflazione, se anzichè all'aspetto esclusiva– mente monetario dei fenomeni economici, si volesse, seria- BibliotecaGino Bianco mente e con conseguenza di propositi, guardare al loro aspet– to reale. Se, nelle grandi linee, un'utilità a priori esiste, se non è es– senziale che, entro certi limiti, il mercato riveli col prezzo la dimensione dell'utilità delle cose, allora non si comprende perchè non dovrebbe essere possibile stabilire un ritmo di produzione, alimentarla regolarmente nella misura in cui la disponibilità dei beni primi lo consente, indipendentemente dal loro prezzo di mercato. Ha o no lo Stato preso un impegno. col programma presentato col piano Marshall? E li non si è parlato di prezzi rimunerativi per gli impren– ditori. Infatti, quello che c'è di particolarmente incomprensibile nella politica governativa è questo procedere in senso di– vergente nell'ambito nazionale ed in quello internazionale. Sul terreno nazionale il .Governo ha seguito completamente la politica liberista di Einaudi; sul terreno internazionale ha preso impegni precisi di sviluppare uno sforzo di produ– zione particolarmente ambizioso. Programma idroelettrico, irrigazioni, sfruttamento intensivo in agricoltura, perfezio– namento dei trasporci,· aumento della produzione delle minie– re di carbone, e così via. Non dovrebbero essere chiacchiere quelle fatte a Parigi. Risultano in fior di rapporti contro– firmati dai ·Delegati di 16 paesi, i quali prima d'impegnarsi hanno chiesto specifiche autorizzazioni ai loro Governi. Orben.e, in un'economia retta fondamentalmente dalla pro– prietà· privata e dall'iniziativa individuale, determinate pro– duzioni si fanno solo se c'è un utile..., cioè se c'è un suf– ficiente divario fra costi e ricavi e se si valuta che la diffe– renza permanga per un numero sufficientemente lungo di anni, onde consentire l'ammortamento degli impianti. Chi è in grado oggi di pensare in· termini di 4 o S anni? Eviden– temente nessuno., Se ·gli uomini d'affari pensano ed agiscono in termini di 6 mesi, è già molto; eppure per mettere in piedi una centrale elettrica occorrono 4 anni. Pensate che in agosto, a Parigi, si era tutti concordi nel ritenere che al nostro paese quel che più difettava erano le fonti <f.energia: quindi più carbone, più centrali elettriche. Oggi, a sei mesi di distanza, mi si dice che persone come Einaudi e Meni– chella avrebbero dichiarato che il paese non sa che farsene di centrali elettriche, ta11to per l'attività «normale» sono più che sufficienti quelle che oi sono. Qual'è la verità: quella che scaturiva in agosto, ~ quella che scaturi~ce oggi? Se si va avanti a ragionare in termini cosi brevi, si finisce come il noto asino di Buridano... Si fi– nisce col non adoperare fertilitzanti, col non servirsi di trat– tori, ecc., col magnifico risultato di estrarre dalla terra meno grano. Solo perchè il calcolo di convenienza che i singoli si fanno consiglia loro di stare alla finestra a guar– dare co~e si mettono le cose. Perdita secca, dunque, per il paese! Il tempo perduto non si accumula, non si può più' ricuperare, e per un paese come il · nostro ogni giorno di mancata produzione, ogni giorno · di giacenza delle materie prime- più_ del tempo tecnicamente necessario, significa moltiplicare il fabbisogno di capitali. Mantenere gli impegni. Come. farà dunque il Governo a mantenere gli impegni presi a Parigi e confermati a Washington, impegni che sono la controparte dei milioni di dollari che ci vengono forniti? Certamente occorrerà che alla deficienza dell'iniziativa pri– vata supplisca quella dello Stato, éioè che lo Stato, costi quel che costi in termini monetari del momento, realizzi quella serie di beni concreti che i cosiddetti « tecnici» na– zionali ed internazionali hanno ritenuto esse~e indispensabili per la ricostruzione Europea. Sarebbe troppo lungo esami– nare le diverse forme con cui può effettuarsi GJ.Uesto inter– vento; ci basti aver constatato l'esigenza e proseguire il nostro ragionamento, domandandoci se Io Stato non abbia l'obbligo d'intervenire oggi, anche se il piano Marshàll non è ancora entrato in funzione. Non esiste correlazione diretta fra i beni che si importeranno col piano Ma,shall e i program– mi di produzione ; se correlazione ci sarà, sarà puramente accidentale. A differenza degli altri programmi: quello tran– sizionale del 1945 e quello UNRRA del 1946, il piano _Mar– shall copre il pa~sivo della bilancia dei pagamenti, ·cioè la differenza fra un totale attivo e un totale passivo. Ora, saldi uguali possono derivare da addendi completamente di– versi. Il saldo di ~50 milioni di dollari del 1948 può deri– vare dalla differenza fra 2 miliardi di passivo e 1 miliru-do e 150 milioni di attivo, oppure da l miliardo di passivo e _ 150 milioni di attivo E' evidente che agli effetti della vita– lità e capacità di ripresa di un paese le due posizioni non sono equivalenti.
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