Critica Sociale - anno XL - n. 5 - 1 marzo 1948
CRITICA SOCIALE 97 rie!), è ormai possibile ricuperare il tempo perduto. ' La pratica consentirà di modificare e adattare lo Sfatuto alla vita delle due provincie e dell'intera regione. Quanti non vi troveranno più l'ambient~ adatto ai loro armeggii, finiranno per cambiare aria senza strepito e mormorazione. Nessuno li rimpian– gerà. L'antico ottimismo è confortato dai fatti, e chi non credette mai ai pericoli di cui sempre farneti– carono nazionalisti e fascisti e che fosse necessario il pugno di ferro per tenere l'Alto-Adige, è più. çhe !lJai convinto che ,il nuovo sistema· farà dei tirolesi dei cittadini fieri della loro lingua, dei loro costumi, ma anche di far parte di ·una nazione che consente a ciascuno il libero esercizio dei più sacri e fonda– mentali diritti umani. Come è accaduto alla Svizzera per le minoranze italiane e ladine, toccherà all'Italia proteggere quel complesso di costumi, arte ,lingua, poesia e lettera– tura che può, grosso modo, definirsi « civiltà tiro– lese ». Questa forse sarebbe andata sommersa pro– prio nel mare magnum del mondo tedesco, ove l'Al– to Adige fosse diventato parte di un grande Reich. ·Chi pone mente alla cordialità e alla socievolezza alto-atesine, che tanto ricordano il carattere austria– co, costituendo un parallelo. con la fondamentale umanità dell'italiano, specie lavoratore,- artigiano e uomo di cultura, non può non intravedere grandi possibilità d'intesa, tutte intessute di comprensione e di tolleranza. E non dimentichiamo che solo dallo spirito di tolleranza - politica, di lingua e di reli– gione - potrà l'Europa attingere le forze della· sua rinascita. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio e questo ro– seo quadro della situazione ha i suoi lati oscuri. In– tendo alludere alle elezioni politiche del 18 aprile prossimo, che consentiranno anche agli alto-atesini di rimandare, dopo 24 anni, rappresentanti a Mon– tecitorio e di eleggere i nuovi senatori. E' con vero entusiasmo, conferma della loro leale volontà di ·intesa, che gli alto-atesini si preparano alla battaglia d'Aprile, per loro, nella •ristrettezza ciel tempo, com– plicata dalla necessità di fare aggiornare le liste elett°'ali con i nomi degli optanti in forza della recentissima legge. Ora, pur tutto concedendo alla affrettata emana– zione dei provvedimenti legislativi elettorali, appare quanto mai sospetta la ripartizione dei collegi sena– toriali. Mentre l'intera regione tridentina (Trento e Bolzano) avrà 9 deputati (uno ogni 80.000 abitanti) si hanno sei collegi senatoriali in h10go dei tre o dei quattro che, in base alla popolazione di circa 700.000 abitanti, erano da prevedersi, calcolando un senatore ogni 200.000 abitanti. Dei. sei collegi, quat– tro (Rovereto, Trento, Mezzolombardo e Pergine) so- 1 no attribuiti alla provincia di Trento (400.000 abi– tanti) e due a Bolzano (300.000 abitanti). A questa curiosa sperequazione· fa riscontro la sorprendente divisione dei due collegi aìtoatesini di Bolzano e di Bressanone. Sono attribuiti al primo i comuni di Val d'Adige fino a Salorno, e poco oltre Merano;· al collegio di Bressanone la Pusteria, Val d'Isarco. gran parte della Val Passiria e tutta l'Alta Val Venosta. Il collegio di Bolzano gravita, in altre parole, attorno al capoluogo; quello di Bressanone si estende a nord, a est e ha una parte, tutta ad ovest, completamente avulsa dal resto del collegio. Sembra quasi si siano voluti seguire gli antichi confini delle Diocesi di Trento e di Bressanone, che di certo non entrano in questione. ·Questa geometria elettorale ~ si dirà - era ·ne– cessaria per equilibrare la popolazione dei due col– legi della provincia di Bolzano. Ciò non giustifica affatto uno strappo alla natura e alla geografia, chè si sarebbe potuto benissimo unire il capoluogo o parte di esso ai comuni limitrofi,-come si. è fatto per alcune grandi e medie città italiane. La verità è che tale divisione ha tutta l'aria di esser stata fatta, avendo di mira il tentativo di assicurare una maggioranza italiana al collegi_o di Bolzano ,adot– tando cioè un concetto linguistico, per non dire-na– zionalista, assolutamente deleterio. Purtroppo le elezioni politiche coincidono, per l'Alto"Adige, con lo Statuto regionale e con l'.1legge sulle opzioni, dopo mesi e mesi di snervanti alter– native e di aspre polemiche. E' quindi facilmente ibliotecaGino Bianco prevedibile che gli elettori della maggioranza tede– sca e della minoranza italiana in Alto Adige vote– ranno per candidati di lingua tedesca o italiana ri– spettivamente, senza riflettere a quelli che sono i Joro reali interessi. Sarebbe pretendere troppo che alle imminenti elezioni le questioni di lingua e di stirpe già cedano il passo ai problemi sociali ed economici che giustamente devono preoccupare elettori ed elettrici; è invece poco corretto e punto democratico che proprio gli organi governativi crei– no, con un'assurda ripartizione collegiale i presup– posti per una votazione che può contribuire ad acui– re differenze e distinzioni che sarebbe interesse del– l'Italia di attutire. Ho detto « può », perchè, non è affatto sicuro che il tentativo riesca e che il corpo elettorale si faccia trascinare a votare, da una parte, per i partiti tedeschi e dall'altra per liste che, sotto colore italiano, saranno le scorie di una specie di fascismo locale. Non è ancora maturo il tempo di elezioni che dividano il campo elettorale secondo le aspirazioni e gli interessi economici e sociali dei singoli in luogo di favorire candidati che, in un campo come nell'al– tro, agitino superate idee nazionali, E' ancora pre– sto perchè, al di fuori e al di sopra dei concetti di maggioranza e di_minoranza etniche, gli elettori si distinguano in categorie e in classi. Tuttavia è lecito sperare che il responso delle urne confermi una volta di più che il diavolo, se insegna a fare le pen tole democratico-cristiane delle assurde circoscri– zioni, è incapace di fare anche i coperchi. Gli elet– tori alto-atesini potrebbero infatti provare la loro profonda maturità politica, mandando a Montecito– rio e a Palazzo Madama dei rappresentanti che, ita– liani o tedeschi di lingua, siano capaci di dimo– strare che la provincia di Bolzano vuol vivere leal– mente la vita della Nazione, super.ando il trito con– cetto di una minoranza chiusa in un isolamento quanto mai dannoso agli stessi interessi della Re– gione. CARLO SARTESCHI La politica economica del P. S. L. I. (C ontini~azione e fine) A che cosa stiamo andando incontro? Usciamo or ora da un periodo di grave inflazione in cui, nella mancanza rh una regolamentazione diretta che portasse i fattori primi della produzione verso la creazione di beni d'investimento, d'impianti, di macchine, ecc, piuttosto che verso beni di consumo, la concorrenza degli uni con gli altri provocava rontinui aumenti di prezzi, E la previsione <li altri aumenti consigliava alle aziende di liberarsi del loro capitale circo– lante, investenciolo in beni di consumo duraturi, o in cicli di .lavorazione brevi per sfruttare favorevoli congiunture di prezzo (vedi l'enorme numero di mulini e di pastifici, di ,oleifici, che sono sorti), oppure esportandolo. Forse più del 2d% del reddito nazionale è stato sottratto ad un utile inve– stimento produttivo nel corso del '46-'47. Chi ha fatte le spese di questi investimenti non produttivi sono stati anzi– tutto i beneficiari di rédditi fissi e la classe lavoratrice, i cui salari rincorrevano disperatamente i prezzi senza mai raggiungerli. Tipico esempio di risparmio forzato. . In questa situazione euforica, terribilmente pericolosa, che i ·nostri deputati alla .Costituente hanno il merito di aver denunciato al paese sin dal gennaio 1947, situazione che però aveva, fra tanti e tanti lati negativi, uno positivo, quello cioè di incitare alla produzione, in questa situazione è inter– venuto Einaudi. Risanamento e riduzione dei costi è stato il suo motto! Niente più inflazione, niente più cortina neb- . biogena sui risultati aziendali. Se un'impFesa non può ari– dare avanti, chiuda, fallisca. E infatti da ogni parte non è che un grido: salari non pagati, interruzioni nelle lavorazioni, chiusura degli stabilimenti, licenziamenti di maestranze. Gli stabilimenti non ritirano il carbone. Due milioni di ton– nellate sono giacenti nei depositi assieme ad altre centinaia di tonnellate di altre materie prime ... finanche i' .crediti del– l'Eximbank non si utilizzano. Le aziende sono ferme, gli operai incrociano le braccia, dell'energia elettrica ce n'è fin
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