Critica Sociale - anno XL - n. 5 - 1 marzo 1948

CRITICA SOCIALE 113 «umana», che preannun'cia un ordinamento sociale in cui il libero sviluppo di ognuno sarà la condizione del libera sviluppo di tutti. Il Graziadei, dopo aver così riassunta la concezione del mondo e della vita che è propria della filosofia marxistica e dopo aver esposti i principi sociologici di Marx, che han– no operato una profonda rivoluzione negli studi della so– cietà umana e nell'interpretazione dei fatti storici, afferma . che il marxismo si preoccupa di dimostrare l'obbiettiva fa– talità del socialismo, ma che la società socialista si realizzerà soltanto con l'intervento decisivo delle masse lavoratrici, sindacalmente e politicamente organizzate . Ad ogni attento lettore non sfuggirà che il ripensamen– to critico della parte più .strettamente filosofica, sociologica e politica del marxismo, esposta dal nostro Autore, anche se si stacca dall'interpretazione ortodossa, non ricade nelle formule, spesso incerte e vaghe, del « revisionismo "· Al Graziadei sembra invece che sia la parte economica del mar– xismo quella che richiede un maggior numero di correzioni. La dottrina economica marxistica, a parer suo, per essere stata concepita nel momento in cui molte tendenze del ca• pitalismo non si erano ancora del tutto manifestate, non riesce a spiegare molti fenomeni dell'economia contempo– ranea e 'il meccanismo reale degli scambi. Seguiamo il Gra– ziadei in queste sue critiche, che colpiscono punti fonda– mentali, ma che non riranegano affatto la bontà degli inse– gnamenti del metodo di Marx, ~l quale lo riaccostano anche la costante preoccupazione degli interessi delle classi lavo– ratrici e delle loro legittime rivendicazioni. In sintesi il nostro A.utore nega pregiudizialmente che il « valore di scambio», come credono Marx e tanti altri e– conomisti, costitui.sca una premessa indispensabile ad ogni analisi economica. In una società basata sulla divisione del lavoro e_ sulla attività, necessariamente frammentaria, delle singole aziende, bisogna ricorrere ad una visione sintetica, - ispirata al complesso di queste aziende; ad una visione, in– somma, per totalità d'imprese, in cui i prodotti appaiono momentaneamente come semplici « valori d'uso». Solo in tal modo diventa, fra l'altro, possibile una rappresentazione sicura del « sopra-lavoro•» quale dovuto, non tanto ai sin– goli lavoratori, ciascuno dei quali riceve un solo prodotto, quanto alla totalità della classe lavoratrice. Il « valore di scambio» diventa necessario solo allorchè si esaminino la produzione e la distribuzione per imprese singole. Infatti ogni impresa, per il fatto stesso che ricava un unico pro– dotto (o un'unica categoria di prodotto) necessita dei pro– dotti di tutte le altre imprese: prodotti che non può procu– rarsi. se non dando la propria merce contro le merci delle altre aziende. Così la considerazione della totalità delle im– prese deve essere integrata e· coordinata colla considerazio– ne delle imprese singole ; con la considerazione dei prodotti come « valori d'uso» con quella dei prodotti come « valori di scambio». Ciò posto, il «lavoro», secondo il Graziadei, crea dei pro– dotti, non dei « valori di scambio». I prodotti assumono poi un «valore» allorchè giungono stJI mercato. Nell'interesse dlllle rivendicazioni operaie basta la prima delle due con– statazioni: e cioè che il «lavoro», munito dei mezzi tec– nici necessari, dà luogo ai prodotti, cioè alla ricchezza in beni di consumo e di produzione. Questa semplice verità re– sta, quali che siano le leggi del « valore di scambio». Oltre tutto, immaginare che proprio nell'economia capitalistica il valore dei prodotti sia determinato dal «lavoro», è preten– dere che il capitalismo si fondi sui principi del socialismo. Inoltre il « valore di scambio» delle merci non si determina per una sola causa, nè sorge da un principio aprioristico operante, per così dire, ex-novo. Esso dipende da molte con– dizioni contemporaneamente e si stabilisce secondo un pro– cesso continuativo e storico, in seguito al quale i valori non si creano ad ogni momento ex-novo ed ex-abrupto, ma si ricollegano e si basano sui valori preesistenti. In concreto poi non esistono veri e propri «valori», ma «prezzi». Una legge del valore che diversifichi sempre dal– la legge del fenomeno reale prezzo, è semplicemente una leg– ge inesistente. Allo scambio concorrono, merce per merce, così i consumatori, come- gli imprenditori. Talchè questi ul– timi, date certe condizioni, possono guadagnare tanto a ca– rico dei consumatori stessi mediante il prezzo di vendita del– la propria merce, quanto a carico dei loro dipendenti, me– diante salari che tengano il costo di produzione più basso del prezzo di vendita. Il guadagno del singolo capitalista imprenditore si risolve così in un margine, in una differen– za fra prezzo di vendita e costo di produzione. Sulla base di questi concetti il Graziadei esamina a fondo l'azione delle macchine lo sfruttamento dei lavoratori e dei consumato– ri ; il vaiore dei beni che hann·o costato lavoro e quello dei ibltotecaGino Bianco beni il -cui valore diventa alto solo perchè ricavati in regi– me di monopolio, e cerca di dimostrare come la teoria mar– xistica del valore cada in contraddizione con tali fenomeni. · In sintesi, per il Graziadei la teoria del "valore-lavoro», che il Marx ha ereditata dal Ricardo, è stata uno strumen– to utilissimo per giungere alla concezione del <'< sopra-la– voro" e delle sue conseguenze. Ma una volta che gli stessi fenomeni si possono spiegare in modo più sicuro e completo servendosi di altri criteri, la dottrina ricardiano-marxista può venire abbandonata senza alcun pericolo per quelle che sono le verità sostanziali del marxismo. C1v1s FATTI E COMMENTI della stampa it~liana ed estera Ciii scioperi nelBelgio. Come è noto, negli uJtimi tempi, seguendo la stessa tattica già da essi adottata in Francia e .che ha portato alla ribellione dei lavoratori e quindi alla sciss,one sindacale, i comunisti hanno scatenato un'ondata di scioperi di netto carattere poli– tico anche nel Belgio. Riassumiamo a questo proposito un articolo del compagno Victor Larock, apparso su Le Peuple, quotidiano del Partito socialista belga, del 26 febbraio. « L'offensiva comunista non ha fatto breccia nel blocco sindacale ... Gli staliniani hanno giocato e perduto; ora bisogna trarre gli opportuni insegnamenti... Gli staliniani, diciamo. Cioè i capi. Non le centinaia cli caporali cbe ricevono le consegne e le eseguono. Non le migliaia di brave persone che I obbediscono loro. Questi si credono comunisti, semplice– mente per il gusto del sovrappiù. Il comunismo per loro non è altro che una specie di socialismo sovreccitato. Due mesi di regime stakanovista, ed essi saprebbero come pensarla. « Solo i capi sono fondamentalmente responsabili. Essi san– no bene di essere al servizio di una potenza e di una causa rispetto alle quali -la sorte particolare dei lavoratori belgi non conta. Essi sanno a che cosa la loro missione li obbliga, a che cosa li espone. Nel giugno 1941 l'aggressione di Hitler contro la Russia li aveva gettati dall'oggi al domani nella resistenza; oggi·. l'ostilità dichiarata dei sovietici al piano Marshall li rigetta nell'agitazione. « Durante tre anni l'unità è stata per i comunisti, qui come in Francia, come in Polonia ed in Ungheria, il loro migliore slogan. Da qualche mese, Mosca ha modificato la sua tattica. Nei paesi sottomessi alla sua tutela o alla sua inflpenza, la consegna dell'unità è stata rafforzata. Da questa parte della Europa, invece, la mano tesa si è cambiata in pugno chiuso. Il Cominform ha dichiarato guerra ai partiti socialisti ed ai loro dirigenti, ridiventati « socialtraditori ». Alla propaganda per l'unità si è sostituita la parola d'ordine: dividere per indebolire. Ogni partito comunista ha dovuto, prima allinear– si a queste direttive, poi fare le sue prove. Il 29 ottobre ed il 29 novembre, Thorez a Parigi e Lalmand a Bruxelles, rivol– gendosi ai loro rispettivi Comitati centrali hanno confessato, press'a poco negli stessi termini, le loro « debolezze :b ed i loro « errori »-. Essi hanno entrambi terminato citando la frase di Zdanov ed impegnandosi a seguire la linea loro tracciata. In Francia gli atti hanno seguito· da presso le parole. La prova di forza di novembre-dicembre è fallita? Sul piano politico sl: il Parlamento ed il governo hanno tenuto duro. Ma sul piano economico e finanziario ciò è meno sicuro. Gli scioperi sono costati alla Francia 250 miliardi. I prezzi sono nuovamente saliti dal 20 al 25 per cento. L 1 inflazione si è aggravata. La svalutazione è diventata inevitabile ma non ha stabilizzato la situazione. La Francia si è ancora indebolita e Zdanov può essere soddisfatto. « Da noi gli staliniani si erano concesso un rinvio. Pazienza, diceva Lalmand nel suo ràpporto del 29 novembre: « La storia del nostro partito ci insegna che non bisogna pretendere di andare troppo in fretta, lanciando parole d'ordine che non corrispondono alla situazione del momento >. Le circostanze non sono sembrate buone se non all 'ini.zio di questo mese. L'S febbraio, rivolgendosi di nuovo al suo Comitato centrale il segretario generale deJ partito comunista ha dichiarato: « Noi siamo alla vigilia di azioni di rivendicazioni di Yasta portata >. In questo momento molti carbonai del ~bacino di Liegi erano in sciopero. Le loro rivendicazioni erano fondate e le. Centrale dei minatori Ii sosteneva. Iniziate le trattative, il 9 si giunse ad un accordo che il Congresso del1a Centrale approvò alla quasi unanimità. Ma i comunisti non l'intende-

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