Critica Sociale - anno XL - n. 4 - 16 febbraio 1948

CRITICA SOCIALE 89 da della emancipazione umana e voglionq che alle facoltà di agire . uguali _per tutti, sanzionate nelle leggi degli Stati democrat1c1, ~o~·r1sp~nd~ un sempre maggiore potere di agire anche per gh md1v1dm appartenenti agli ultimi strati della società. Non sono disposti a seguire 'coloro che deridono le conquiste fino ad oggi conseguite, solo perchè nOn sono con– quiste complete, e che vorrebbero farci regredire verso Ja servitù dei regimi totalitari; camuffati da democ-razie pro– gressive». Passando a parlare del federalismo il· Rossi ha detto: « La libertà è l'anello' concettuale che lega il socialismo al federa– lismo, in quanto l'~ore per la libertà impedisce ai sociali– sti di volere la pace per se stess~: i so.cialisti vogliono la pace, ma la vogliono con la libertà ». La pace potrebbe es– sere conseguita con l'unità imperiale, oppure con l'organiz– zazione federale. I socialisti ~ono decisi avversari dell'uni– ficazione impevtate e aspirano all'unificazione federale dei Paesi democratici. Federalismo significa superamento dell'at– tuale anarchia internazionale; creaziolle di uno Stato sopra– llazionale; attribuzione al governo centrale di una diretta giurisdizione su· tutti' i cittadini della Federazioii.e; istitu-; zione di un tribunale supremo-a cui venga affidata la risolu– zione di tutte le cont~·ovf!rsie nascenti tTa gli Stati membri o fra taH Stati e la Federazione, o fra i cittadini e la Fe– derazione; attribuzione df una cittadinanza federale a tutti . i cittadini degli Stati membri. I socialisti tradizionalisti, continua il Rossi, vogliono pri– ma la rivoluzione e poi, come conseguenza necessaria, l'uni– ficazione federale tra gli Stati socialisti. Essi vedono l'ori– gine esclusiva delle guerre nel capitalismo così come i de– mocratici del secolo scorso la vedevano nelle dinastie. Ma la verità è che « nei rapporti internazionali la politica, inte– :s.a come manifestazione di potenza, domina la, economia e non viceversa ». Quindi ,a vera causa delle guerre è il caos internazionale: la mancanza di un ordine giuridico e di un potere superiore capace di imporre ai governi naziondli il rispetto della legge liberamente accettata, « Quando manca questo potere la volontà di dominio, la disuguale distribuzio– ne della ricchezza, l'odi◊ di classe, l'intolleranza r~ligiosa, la malvagità degli uomini, rendono ~endem)cc:1. la guerra an– che all'interno degli Stati nazionali ». La prova di quanto si è detto la si· può trovare constatando che dove esiste un po– tere -&ovrastatale, come negli Stati Uniti d'America, la pace viene conservata e gli uomini e le merci si muovono libera– mente in tutto il territorio federale, nonostante si tratti di Stati capitalistici. Il Rossi confuta poi la prospettiva di chi ritiene che lottare per la r 1 ealizzazione del socialismo e.qui– valga a lottare per l'unificazione federale. Egli afferma: a) a qualunque classe sociale gli uomini appartengan~, la loro riunione in gruppi omogenei sulla base di caratte– ristjche etniche, linguistiche, religiose, territoriali, economi– che, sviluppa in loro nn egoismo di gruppo che tende alla aop:raffazione dei gruppi più 'deboli. Fenomeno questo che. si veri(ica anche fra i sindacati operai, per cui gli operai negri non hanno molto da rallegrarsi della solidarietà degli operai bianchi. Uno degli aspetti più profondi di questo spi– rito di parte è il nazionalismo, e lo spirito nazionalista cer– tamente non scon1parirebbe per il :s.olo fatto della socializ– zazione degli strumenti di produzione; b) quanto più si socializza, tanto più occorre estendere l'intervento pianificatore dello_ Stato e qq_esto tenderebbe a consolidare l'assoluta sovranità e indipendenza degli Stati nazionali esistenti; e) fra Stati socialisti il commercio internazionale diver– rebbe, da affare quasi esclusivamente privato, un monopolio statale; q) nol;l è n~pure da escludere che fra Stati socialisti dei contrasti ideologici concorrerebbero a scatenare conflitti armati. Secondo il Rossi quindi non si può aspettare che il socia– lismo sia instaurato in tutti i Paesi per cercare di unirli con una costituzione federale. In questo caso « arriveremmo ad una terza guerra mondiale che porterebbe all'unità del– l'Europa sotto l'egemonià dello Stato vincitore ... Finchè re– sta nell'ambito dello Stato nazionale la socializzazione tende al nazionalsocialismo piuttosto che al socialismo ». e Se riusciremo, conclude il Rossi, nella Federazione euro– pea ci sforzeremo di far trionfare il nostro programma so– cialista, che avrà tanto più significato e tanta maggiore pro– babilità di succes$o quanto più ampia sarà la zona in cui potrà estendersi un'unica pianific~ione nell'interesse gene– rale... e noi socialisti abbiamo fiducia di riuscire, con gli atrumenti democratici che ci verranno offerti dalla Federa- iblioteca Gir\o Bianco zione, a tessere più tela e tela migliore degli altri, perchè la lotta contro i privilegi, per la liberazione dell'uomo, è la lotta per la civiltà ». Lascuola nellaUnione Sovietica. Il giornale socialista svizzero Volksrecht ha pubblicato nei numeri del 3 e 5 gennaio un ampio studio di Richard Neu– mann sulle vicende della politica scolastica nella Ru~sia. La tesi fondamentale è che_ nella Russia Sovietica l!ti mani– festa, a proposito della politica scolasµca, un'oscillazione pen– dolare tra i due estremi della libertà educativa della persona– lità umana, che presuppone un'autonomia educativa di ogni singolo, e della necessità pratica che comporta invece la co– strizione, la centralizzazione, l'uniformità dei metodi, la rigida disciplina dell'insegnamento. Già sul finire del XVIIl secolo la Russia zarista aveva isti– tuito la scuola di Stato, rigorosamente conformista, affiancata da scuole religiose, sotto la diretta disciplina del Santo Sinodo. Ma non si trattava che di piccoli e modesti centri educativi, in un Paese che era al primo posto nella percentuale dell 'analfa– betismo. Allo scoppio della guerra del 1914 la frequenza sco– l'astica era ~aventosamente bassa: 7.800.000 scolal'i, in un Paese c!J.e largamente sorpassava i cento milioni di abitanti. La rivoluzione di febbraio eliminò Pinfluenza della chiesa sulla scuola, rendendo non obbligatorio l'insegnamento reli– gioso. Ma bisogna giungere alla rivoluzione d'ottobre per ve– _dere manifestarsi un profondo rinnovamento. Anche nell'ambito della scnola, pur in mezzo- alle inaudite difficoltà cl_el ~ co– munismo di guerra», si manifestò il tentativo di realizzare, con un eroico slancio rivoluzionario, l'eguaglianza umana. Non solo si tentò di consentire ad ogni scuola il massimo di autonomia pedagogica,' ma si introdussero nuovi metodi edu– cativi. « Il più alto valore nefla c~Jtura socialista è la perso– nalità »; « lo scopo principale della nuova scuola dev'essere l'educazione di una personalità creatrice, sviluppata in tutti i sensi >>; « la scuola deve essere concepita come una comunità di lavoro, che dev'essere istituita in base all'attività autonoma di tutti gli scolari ed al loro comune ed utile lavoro, reso aderente alle situazioni locali »; « essa non deve restare estra– nea alla vita, ma coincidere con la vita e tentare di formare un essere umano sviluppato armonicamente »: questi spunti pe– dagogici social-umanisti ricorròno continuamente nei decreti e nelle disposizio:rÌ.i scolastiche del tempo. Ma queste aspira– zioni rimasero un puro ideale. Le condizioni di :s.emi-sfacelo del paese recarono gravissime perturbazioni anche nel camp• scolastico. Bisogna giungere all'epoca della NE;p per vedere affrontare il problema scolastico con realistica visione. l\Ia il problema s'inquadrava ormai in quella poderosa lo~a contro l'analfa– betismo, a cui Lenin diede un carattere programmatico. « Un uomo che non sa nè leggere nè &crivere » ,._ egli sosteneva - è ~scluso dalla poli tic-a; bisogna insegnargli anzitutto l'a b e, senza di che egli non può dare alcun risultato politico, ma solo smarrirsi in, vociferazioni, in aberrazioni, in fole, in pre– giudizi ». « Imparare - imparare - imparare » fu la parola d'ordine dettata da Lenin al congresso del Komsomol del 1921. La campagna contr~ l'analfabetismo venne perseguita con-tutti i mezzi - compresi quelli più moderni della radio e del ci– néma - ed in tutti i settori, mobilitando, oltre alla scuola, ir partito, i &indacati, l'-esercito. I risultafi fllrono più che soddi– sfacenti. Per quanto poco probanti siano di per sè le statisU– che su questo tema, la percentÙale degli analfabeti nelParmata rossa, ancora dell'801o/o nel 1918, &'era ridotta al solo 41% nel 1924. Suècessi pressapoco analoghi si ebbero in tutti i set– tar.i professionali della popolaziÙne, sino a debellare totalmente l'analfabetismo per taluni di essi (es. I ferrovieri). Ciò richiese un enorme sviluppo di :s.Cuole, ma determi– nando spesso gravi Crisi, talora risolte con mezzi p1·imitivi ed empirici, nel personale insegnante, ·e -non solo per esi– genze di svecchiamento o di epurazione. Ma ciò com pòrtò anche una profonda trasformazione della politica scolastica. Il cri– terio pratico di avere dei buoni operai e dei militanti preparati prevalse al criterio umanistico della, « per5onalità armonica– mente sviluppata»: e la scuola assunse, con tendenze unifor– matrici, esigenze ad un tempo politiche e tecniche. Al decentra– mento, alla autOnomia, alla spontanea iniziativa subentrò, vieppiù rigoroso, il monopolio scolastico di Stato. Venne del pari rafforzata la disciplina scolastica, ripristinando uh~anto– rità assoluta di dirigenti e di docenti (debitamente selezionati e sorvegliati), a tutto scapito degli originari poteri dei « con– sigli di scuola », formati dagli allievi. L'idea originaria di una scuola unitaria venne sostituita da una molteplicità di scuole, di vario grado, più o meno specializzate, spesso con speciali facoltà per operai, mentre nelle scuole superiori si adottava il

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