Critica Sociale - anno XL - n. 4 - 16 febbraio 1948

80 CRITICA SOCIALE dello sfruttamento umano dei ricchi sui poveri. In una parola, lo Stato della civiltà come invariabil– mente lo si è conosciuto fino ad ora. Contro questo lungo orrore, l'utopismo comuni– sta pre-marxista al~ò la sua voce nei tempi dell'in– feriorità sociale, alla quale il potere politico dello Stato classista confinava il proletariato: questa è, ripeto, la sua imperitura gloria. Il comunismo uto– pistico rappresenta l'antica coscienza dell'umanità. Ma la sua voce rimase inascoltata, la sua coscien– za fu inefficace: invano esso si lanciò con tragico eroismo contro le ferree limitazioni imposte all'uma– nità da una immaturità sociale più dura da spezzar!\ di qualsiasi. classe dominante e di qualsiasi Stato classista. Fu infatti l'immaturità sociale della loro età pre-industriale che domò tanto gli schiavi di Spartaco nell'età classica quanto i medievali Ana. battisti « servi di Miinste1· ». Dove, come sempre prima della rivoluzione indu– striale e dell'età della macchina, mancavano le basi economiche per un tollerabile livello di vita un:1 vita umana tollerabile per le vaste masse· non 'pote• va esservi. E nessuna ragione elica e nessun sens0 del ~overe avrebbe potuto alterate questa dura realta. Tutto quello che schiavi e servi rivoltosi e sette messianiche avrebbero potuto fare durante il lungo ·periodo di tempo che intercorre tra la ste– sura dell'Apocalisse (questo Manifesto dei comuni· sti del~'età utopistica) fino al 1848, era di sognare appass10natamente un intervento divino, cl.i « Salva– tori dall'alto », oppure di esercitare una immagina– ria vendetta sui loro oppressori umani, in qualchP remoto universo spirituale, dove i valori morali sa– rebbero stati vendicati. Non qui, ma in un aldilìi compensatore. (E fu, infatti, précisamente perchè l'Apocalisse presentava la più_ brillante vendetta sul contempo– raneo Stato classista romano che essa divenne il vero libro rivoluzionario di centinaia di insurrezio-· ni utopistiche, da quel}a dei Donatisti africani del IV secolo agli zelatori d.~lla « Quinta Monarchia» nella rivoluzione inglese d!ll secolo XVII). J.! l\fonifesto dei comunisti fece piazza pulita di tutto ciò: degli ipotetici « Salvatori dall'alto ?? e dei sogni messianici. Al posto di iitià sodetà futura ba• sata su un intervento celeste, esso ne prospettò una basata sullo svilup·po dell'umanità contemporanea. Esso introdusse nella sociologia l'idea dell'evoluzio– ne; esso trasferì la cQmunità socialista dal mond0 delle visioni al mondo dei fatti. In una parola esso trasformò il socialismo da una aspirazione eu'ca in una prossima probabilità storica ed in una possi bile certezza. La società umana (questo è il tema centrale del Manifesto) è un'entità autonoma che ricava il suo potere da se stessa. Essa è, in tutti i tempi e paesi, ·fondata sulle sue basi materiali, ed è il complesso delle relazioni tra la ,società e queste basi che ne– cessariamente determina l'intero processo storico. L'umanità è un prodotto « naturale » di questo mon– do, non è un visitatore celestiale come le vecchie religioni e le filosofiie ·idealistiche avevano asseri• to. Così, essa deve esistere prima di poter specu~ lare: il Manifesto perfeziona ·ed elal\ora questa idea materialistica, affiorata già nel pensiero medieva– le, benchè ancora effettivamente costretto dal po– tere della Chiesa: Primum vivere deinde philoso phari. ~• la lotta sociale per strappare i mezzi di vita, pnma contro una natura indifferenziata e quindi contro una natura grandemente modificata e con– trollata d~ll'umanità, quella che costituisce il pro– cesso storico. La mancanza di surplus di riicchezza, d!)V';lta alla produzione primitiva, e non una sl!lpe-· nontà mo_ra~·e,ha creato il « comunismo primiti– vo ». Un hm1tato surplus, insufficiente per tutta la soci.età, dovuto ad un maggiore ma .non ancora com– pleto dominio sulla natura, ha creato la lotta di classe che è culminata con il capitalismo. Il com– pleto dominio sulla natura, già quasi prossimo aà attuarsi nel 1848 e da allora sempre più esteso nel secolo seguente, crea un ombrello sociale sufficien– te per tutta l'umanità, con la conseguente elimina– zione del contrasto fr~ le classi per un surplus di carattere soltanto parziale e che s_ipuò ottenere so- . lo per mezzo dello sfruttamento del più forte BibliotecaGino Bianco sul più deb!)le, eh~ è s!ato ed è, per questa ragione, ancora. oggi, la dmam1ca fondamentale del proèes– so storico. _C~n la p';!bblicazione. del Manifesto dei comuni– sll l ~man~ta fece ~n gigantesco passo intellettuale « _dallutopia ~Ila scienza '?· Per questo la sociologia d1s~ese dal c1e~o e P!·ese Il suo posto fra gli uomini. Cosi come ~a nvo_luz10ne industriale stessa è la fon– dam_entale hnea d1 demarcazione che separa la «prei• stona~ dell'immaturità. sociale dall'era storica della matuntà u~an~, che Marx ed Engels, come Mosè su~ m~mte Sma,i, scorsero da lontano; m>'sì la pub– b_hcaz10ne_~el Manifesto ugualmente segnò la deci– siva tr_ans1z10ne dalla mitologia utopistica alla scien– ~a soc1_ale.E 1~ulla, assolutamente nulla, può privare Il_Mamfesto d1 questa gloria, che può essere condi– visa soltanto da p_ochi ~ocumenti storici. Qunlun– que cosa avvenga, Il Mamfesto resterà sempre il più grande documento di avanguardia nella storia so– ciale della evoluzione dell'umanità. Dopo cento anni. Un se~olo_ ~ {!ll.Ssato da quando la Lega comuni– sta degh esihah tedeschi ha lanciato il Manifesto. Che cosa ne è oggi? Quale è nel 1948 l'importanza storica del Mrtnifesto ?' 1~ generale, 1_1oi possiamo dire che esso ha as&ol– to 11 suo compito nel campo della •teoria. Oggi -nes– suno, eccetto i mistici fuori del tempo e le menta– li_tà troglo_diti_che lontane dalla loro epoca, tenta di ritornare md1etro, dopo la profonda rivoluzione in– t~llettuale com~iuta da -allora ad oggi I La suprema– z~a dell'~conom1a e la relatività delle forze produt– t}ve soc_ialmente necessarie, nelle loro relazioni con 1ev?l~z1one. umana; la lunga battaglia delle classi S?ciah per _11_ possesso del surplus sociale, e la fun– z10ne cond1z10n~ta dello Stato politico come fatto– re de_term~na~te in questa lotta per l'esistenza: tutti ques~i _ass10r~11. fondamentali del Manifesto dei Co– mumsh, cosi contrastanti con il pensiero conser– vat?re e con qnello socialista l\lopLsticò nel 1848. oggi, nel_ 1948; son? p_arte normale ed indispensabile d~l _Pel'ls1~ro. « Noi siamo (in senso lato) tutti mar- xisti al giorno d'oggi ». . qome oggi nèsstiho, che goda di un certo credi– to mtellettuale, osa negare le teorie di Darwin sul– la evoluzione (teorie che parvero così audaci nel 1859, quando l'« Origine della specie» vide la luce per la prima volta), così che persino i suoi critici sono ridotti ad una critica di particolari così la stessa cosa è vera per la fondamentale ~pera di ~arx ea Engels. Ogni critica, e sono molte, può fa– cilmente essere confutata ricordando ai critici che il Manifesto è la prima e non l'ultima parola; e che in ogni ca_so,_ le categorie finali, come le « cause pri~ me», coslltmscono -un palese rinnegamento del mar- xismo! · . Non c'è dubbio che se tornassero fra noi oggi, nel 1948, gli autori replicherebbero ai loro critici che non si comp.tende il -lor,o pensiero, proclamandone l'infal1ibilità (che Engels ha ripetutamente smentita). Al contrario! Fu loro missione intellettuale di far-. la finita con essa. Perchè Marx, il Darwin della so– ciologia, il pioniere della evoluzione, fu non meno recisamente, l'Einstein della filosofia della storia: il primo apostolo della relatività storica. Accusare i~ Manifesto di non essere infallibile è pagare un ~mcero ~ributo alla ~ua metodologia scientifica: è, m effetll, proclamarsi marxisti! In conseguenza, concludiamo che, come lavoro pu– ramente teoretico, lo storic:o manifesto ha svolto il suo compito. 'Esso ha confermato l'affermazione che doveva essere coNsiderato come il Nuovo Testa– mento della scienza sociale. Il fatto che la tipica rea– zione conservatrice del nostro tempo- il fascismo in Germania ed in Italia, 'il clericalismo nell'Austria prebellica e nella Spagna, - non ha tentato di confutare l'opera di Marx ed Engels, ma l'ha· semplicemente soppressa, costituisce la prova mag– giore della sua schiacciante vittoria intellettuale. Nel mondo dell'intelletto potremmo parafrasare La Rochefoucauld ed affermare che la soppressione è il maggior tributo che la menzogna può pagare alla verità. Come Engels stesso non si è mai stancato di ricordare ai· suoi lettori, nella storia umana come

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