Critica Sociale - anno XL - n. 3 - 1 febbraio 1948
______________ ___:C:..:'1<...:.:I~'flCA SOCIALE 53 . ~a q~e~ta soluzioi:ie i_mplica un problema d1 capa– cita e d1 !orze; ': qumd1 anche un problema più uni– versale d1 valon umani. Poichè un sistema succede ad un altro solo quando si dimostri veramente ca– pace, a~t_raverso molti tentativi, di soddisfare in modo ~m adeguato e completo i cresciuti bisogni generali dei_ consociati. E, nello stesso tempo, quan– do la soluzione appropriata sia fatta valere dallo sf<;>i:zocreat?re di forze reali, che alle armi della cnhca sappiano congiungere la critica delle armi. Armi della criticai Dal momento in cui il Mani– festo apparve, dichiarando il nuovo strumento inda– g~to_re ~e_ll~ r~altà, il compito precipuo dei comu– msh ~nhc! divenne quello di intendere la storia. Perche se 11 i:noto proletario ed il socialismo trag– gono la propria ragion d'essere dalla dialettica della storia, solo nella valutazione delle condizioni e delle forze sociali possono ritrovare i principii direttivi della loro condotta pratica. Qtiindi la critica storica e sociale - la critica che non ha pietà per nessun velo P?etico e sentimentale - rappresenta la prima forza mtellettuale della rivoluzione proletaria. Chi dimentica questo assomiglia a una nave senza no~– chiero, sbattuta dalle onde nel mare tempestoso. Critica delle armi! A parte i eolori quarantottf'– schi e giacobini che nel Marx non sono certo deboli e smorti, il richiamo non è ad una violenza che crea dal nulla - ad una sete di distruzione protesa verso ·l'ignoto -, ma ad una violenza levatrice della storia e perciò, più precisamente ancora, ad una visione virile della vita. La vita è lotta: lotta contro le condizioni della natura (l'ambiente fisico), lotta d'interessi, di pas– sioni, di ideali, di gruppi, di nazioni... nella società. I termini della lotta non si superano se non obbe– dendo a questa legge che l'osservazione più banali> rileva nella sua generalità. Chi diserta è destinato a soccombere, senza che la lotta finisca. Ecco - a questa parola - i pusilli e i conformi– sti inarcar le ciglia e.d acousare l'aria greve del san– gue scorrente. Ma la violenza che il Manifesto accet– tava come un peso doloro-so (il parto non A senza dolore!), non era diretta contro le persone, ma con– tro le istituzioni, come il Marx precisò egregiamente quando nel 1867 scrisse che il suo punto di vi~ta si prestava meno di qualunque altro « a rendere re– sponsabile l'individuo dei rapporti sociali, di cui esso resta necessariamente la creatura». Del resto i due a utori stessi, arricchitisi di più mature espe– rienze, avvertiro.no, nella citata prefazione del '72, di non prendere a lla lettera le misure rivoluzionarie proposte nel 1848. In fondo quel che resta, per questo aspetto, è un ovvio richiamo all'esperienza comune: che\ non si può affrontare disarmati un esercito armato e che le forme delle grandi tragedie storiche sono imposte dai sentimenti e dai costumi del passato. II Manifesto è dunque la voce della prosa realisti– ca di contro alle utopie e ai vanèggiamenti che ten– tano di continuo il proletariato verso i giardini della maga Circe. Il Manifesto è un grido di guerra, ma in nome della salvezza del genere umano: è anche esso, in un certo senso, una dichiarazione di guerra contro il peccato! Poichè qui non si ha di mira solo l'interesse di una classe. Il trionfo del proletariato come classe è condizionato all'esplicazione d1 un compito più generale e più largamente umano, men– tre la lotta è raffigurata come mezzo di elevament0 e di purificazione. Ma perchè il proletariato possa assolvere alla fun– zione sua bisogna che abbia coscienza di tale mis– sione altissima e la senta come forza e privilegio suo. Occorre che sia consapevole della forza che gli può venire soltanto da uno sforzo solidale e da un com– pito che superi gli interessi ed i fini particolari– stici della sua classe per uno scopo più generale ed umano! Così il Marx e l'Engels, mentre bandivano la lotta," erigevano un monumento 1mpenturo al principio di solidarietà umana! In questo modo, a chi ben penetri le cose, appa– rirà chiaro che i socialisti rivoluzionari hanno an– che una funzione di conservazione sociale: la cu– stodia e la difesa dei valori miwni che le civiltà an– teriori hanno acquisiti e tramandati alla posterità qual possesso eterno. Di difenderli contro le forze che minacciano di travolgere la società verso la bar– barie. ibllot ca Gino Bianco Ma dal porre la stona a ba-se del socialismo con– segue, di necessità, che i socialisti non debbano eri– gere a dogma le prospettive e le previsioni, cioè le applicazioni che il Marx e l'Engels fecero del loro metodo, ma che, al contrario, debbano esaminare, con costante vigile cura, le condizioni che si pro– ducono e si modificano di continuo nella società col volger del tempo. A tenere una strada diversa si rischia di votare a morte sicura la parte più fre- sca e viva e giovane del Manifesto. , Questo infatti può essere considerato da due lati: da una parte, come bandiera, come insegna, come mito che spinge i credenti all'azione e, dall'altra, ~ome arma della critica, come autocoscienza di una drammatica lotta storica. I due aspetti s'ingranava– no perfettamente nella mente dei due autori del Manifesto, ed in ciò sta la ragione della fortuna straordinaria di quel documento. Ma dove il mo– merito religioso prevalga assolutamente su quello critico, il comunismo ripiegherà su posizioni supe– rate teoricamente dal Manifesto. Per tener fede all'.insegnamento dei due maggiori interpreti del socialismo moderno bisogna distin– guere nell'opera loro quel che si riferisce a principii di meto(lo da, quanto concerne le applicazioni del metodo sMsso al mondo dei fatti- storiéi e politici. Insufficienza di dati, errori di rilevazione, preoc– cupazioni di ordine pratico, deviazioni di carattere sentimentale possono avere determinato conclusioni sbagliate pur nell'applicazione di un metodo sostan– zialmente corretto. Le stesse cause di errore pos– sono avere agito, con efficacia di gran lunga mag– giore, quando si ì• presa l'interpretazione del mondo attuale a filo conduttore per disegnare lo sviluppo schematico di variazioni future. Qui si troveranno le foglie secche della quercia robusta. Non è dato racchiudere, nel breve giro di poche _pagine, la rassegna degli elementi che, nel Mani– festo, si sono rivelati caduchi o che tuttora sono controversi dal punto di vista logico-sperimentale. Alcuni dei presagi stessi, che il corso posteriore degli eventi ha attenuato, attendono tuttavia una realistica sentenza definitiva. Ma un esempio significativo desideriamo citare. a miglior chiarimento del pensier nostro. Nel capitolo secondo si legge un passo di questa fatta, che, nella traduzione del Labriola, suona così: « Le delimita– zioni e gli antagonismi dei popoli vanno via via sparendo, per lo stesso sviluppo della borghesia, per la libertà del commercio, per l'azione del mercato mondiale, per la uniformità della produzione indu– striale e per le condizioni di esistenza che da essa derivano». Il corrispondente testo tedesco dice pre– cisamente: « Die nationalen Absonderungen und Ge– gensatze der V•éilker verschwinden mehr und mehr schon mit der Entwicklung der Bourgeoisie, mit der Handelsfreiheit, dem Weltmarkt, der Gleichféirmig– ·keit der industriellen Produktion und der ihr ent– sprechenden Lebensverhaltnisse ». Sembra dunque che il Marx e l'Engels, quando scrivevano il Manifesto, fossero persuasi di un at– tenuarsi dei nazionalismi, di un trionfo del libero scambio internazionale e di una progressiva elimi– nazione dei contrasti n'azionali in forza dello svi– luppo medesimo della borghesia. La raffigurazione mentale del processo ipotetico che il Marx e l'Engels ci diedero nel Manifesto se– gna certo, da un lato. un allontanarsi dei contrasti nazionali dal primo piano del palcoscenico e, dal– l'altro, un contemporaneo concentrarsi <li tutte le forze attive della storia nei conflitti di classe J?rD– gredienti verso il loro superamento. « Senza l'auto– nomia e l'unità restituite a ciascuna nazione - scri– veva Federico Engels nel proemio del 1• feb– braio 1893 alla traduzione italiana del Manifesto - nè l'unione internazionale del proletariato, nè la tranquilla e intelligente cooperazione di codeste na– zioni verso fini comuni potrebbe compiersi ». Questa rappresentazione ottimistica è stata finon, smentita dai fatti. Gli attriti e le antitesi esterpi non si sono affievoliti, ma anzi si sono esasperati col crescere delle ragioni delle antitesi interne. Per quanto il Marx e l'Engels avessero dipin(o, con C<?– lori che alle anime deboli parvero e pa10no pessi– mistici, la società attuale, la storia si è incaricata di oscurare ogni loro accento di spietata crudezz_a. E questo che citiamo costituisce solo un esempio
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