Critica Sociale - anno XL - n. 3 - 1 febbraio 1948

48 CRITICA SOCIALE anche qui con profonda diversità di v1s10ne e di temp_e~.a– mento Riccardo Lombardi e Ivan Matteo Lombardo. Abile, ma co~ le reticenze, le prudenze e le preoccupazioni di lea– lismo del... neofita, il primo. Netta fiducia al fronte, ma ad un fronte che si dia scopi precisi e assuma non pro;;rarmni massimalistici ma problemi maturi (« se noi frantumereino il fronte per obbiettivi non realizzabili, avremo fatto clel fronte una creatura fallace»), ma ad una condizione: che esso no,.; si dia un indirizzo basato sui problemi della p0- litica estera, o, in altre parole, scinda la sua politica d~ quella - antioccidentale - dettata a Bialystok. E poiche Lombardi riconosceva la necessità degli aiuti americani, con la riserva di una loro utilizzazione da parte di un governo a ·direzione sociaÙsta, immune quindi da interessi conser– vatori-parassitari, la sua tesi poneva un implicito dilemma · che l'ex-leader azionista si guardò tuttavia dal mettere in evidenza: o · rinuncia del « fronte» a seguire la tattica co– munista di impedire un assestamento democratico ed una ricostruzione economica con gli aiuti americani (ossia dis.– sociamento del « fronte» da quello che è il perno della ma– nqvra comunista, concretata e dichiarata a Bialystok) oppure, ciò non ottenendosi, niente « fronte» : e, com1mque, liste separate. In altre parole: spostare il problema di un pro– gramma socialista alle intese per la definitiva programma– zione del «fronte» _da prendersi col P.C.I. e le altre for– ze, ·tramite la manovrabile e fida direzione, ciò ch'era pur sempre un privare il Congresso dei suoi poteri s9vrani. Diversa la posizione di Ivan Matteo Lombardo: qui si trattò di battaglia aperta, a visiera alzata, senza riserve e senza sotterfugi, sino a proclamare « temo ·che nel f~onte, a poco a poco, sia la fine del partito socialista», dato che in esso « l'elemento di propulsione è dato dal P.C. »; sino a sostenere quella formula della « terza forza» che Basso, Nenni e persino Pertini avevano irriso; sino a farsi pala– dino di quel piano Marshall, che egli analizzò sotto tutti gli aspetti, sfatando dubbi, obiezioni e riserve, contro il quale doveva poi invece prendere. drasticamente posizione Morandi. Ma lo sforzo cli sincerit~ e cli obbiettività cli Lombardo, in quel clima arroventato da faziosità, e in quel congresso or– mai polarizzato sul computo delle possibilità elettorali (a– menissimo, ·se così si può dire, quel dibattito on. Dugoni-. Lucio Luzzatto,. -una specie di gioco alla morra delle sperate cifre elettorali rispettiv~mente· conseguibili dalle liste sepa– rate e dalla lista unica), apparve subito lo sfogo di un iso– lato e di un battuto, non di altro preoccupato che di sal– vare in bellezza - con l'ultima battaglia - i valori ideali del socialismo italiano. • Dopo di che il Congresso perse ogni importanza. Si sdop– piò, anzi. Alla tribuna una ridda di zelatori del «fronte» (ahimè, non certo tra i più seri e sinceri interventi dobbiamo annoverare quello di· Fernando Santi), mostrandone sotto ogni lato le lusinghiere attrattive e ...le ottime prospettive eh;ttorali. Dietro le quinte, .il gioco dei ricatti. Da quello fondamentale, imposto da Nenni: liste uniche frontiste, t'na con segreteria Basso (assurto, chissà per quale mitica tra– sfigurazione o per quale insufflata illusione, a difensore cli non si sa quale « autonomia socialista»), o liste separate con segreteria Morandi (più che mai « frontista» e proprio in quell'accezione di rottura e di azione diretta, tanto pazien– temente delineata al Còngresso del P.C.I.), alle pressioni, alle lusinghe, alle minacce compiute su ogni singola fede– razione, se non addirittura sui singoli delegati. L' «apparato» potè così affrontare la votazione finale con una certa tranquillità. Eccetto la mozione minò"ritaria Lom– bardo, disperata battaglia per i sacri principi, non· si dibat– tevano del resto più nemmeno posizioni politiche, data la redazione di un'unica mozione, divergente. solo sul problema particolare delle liste elettorali, uniche o separate. E sem– mai l'elevata percentuale degli strenui difensori delle liste separate - i cosidetti e sedicenti « autonomisti » - sta a dimostrare una volontà irreduttibile di frònte ad una situa– zione· di manifesta imposizione. No, non fu·veramente riè gloriosa nè augusta -- puntua– lizzata sul problema del miglior modo di accaparrare vo– ti - la fine del Partito Socialista Italiano. Giacchè non c,'è da farsi nessuna illu•;ione: il «fronte», se realmente a– vrà qualche significato positivo, non può avere altro costrut– t(, che qnello di re~lizzare, de facto anzichè de jure, quella fusi,;r:e che ha rappresentato, nelle sue varie alternative, il oramma del s_ocialismonenniano di questo dopoguerra. E pxoprio i11qe1esto squallido e amaro tramonto, la ban– diera <ilei socialismo, così male ammainata, è passata in al– tre mani. Saw:amo dispiegarla, dunque, libera e gagliard~. come non mai. G. P. In memoria del Manife~to dei· comunisti . . Fedeltà ad un :rl!essagg10 Ci si chiede talvolta - con certi sorrisetti tra iro– nici, di compatimento e spazientiti - perchè mai vogliamo «ancora» persistere a restar ligi ·ai « sa– cri testi» di Marx. Ci si dice, altre volte, che agli orecchi del grosso pubblico, quello che non leg– gerà mai Marx e che ne sa qualcosa solo per senti– to dire, attraverso deformazioni e pregtudizi di bor– ghesi, di preti e di gazzettieri, la stessa parola « mar– xismo» evoca un sens@ di ·terrore e di repulsione o ad.dirittura viene scambiata con la dottrina predi– cata e praticata dai comunisti (quest'altra genìa di preti che ,nella pretesa di monopolizzare il marxi– smo e di farne un dogma, ci considera eretici « vi– tandi »); sicchè, si argomenta da coloro, tenuto con– to che si tratta pur sempre della grande massa elet– torale, ci « conviene » buttare alle ortiche quell'in– gombrante ed equivoco fardello. Ci sentiamo sus– surrare, altra volta ancora, e magari anche da qual– che compagno in buona fede, se questo marxismo è qualche cosa di realmente importante per il socia– lismo e per il suo pratico operare, o non· piuttosto una astratta e astrusa filosofia ad uso dei compagni «intellettuali», da mettere il più possibile in sor- dina. · Perciò intendiamo approfittare del centenario del « Manifesto dei Comunisti » per proclamare la no– stra fedelt.à al marxismo, per riattestare la nostra devozione a questo grande, a questo suscitatore mes– sa""io del socialismo moderno. No non si tratta di semplice ammirazione lette– raria' per quel suò linguaggio duro e sonoro, plastico ed evocativo, col qualé esprime co9cetti che sono nel patrimonio ideale di ogni socialista. E non si .tratta neppure di tradizionalismo storico che ci fac- BibliotecaGino Bianco eia qui riscoprire « .la quintessenza di tutto il mar– xismo nella sua vivacità più giovanile, più i-ibelle, .più esuberantemente geniale», come bene disse il Wilbrandt. Si tratta che negli ingialliti fogli di quel– lo scritto ritroviamo, spirito del nostro spirito, l'in– terpretiazione del contrastato divenire della storia, la leva che ci consente <di operare •sulla realtà pre– sente ed assurgere. ad una società senza classi, di uomini li,be11i,,affrancati da· ogni oppressione, anche se questo fine rivoluzionario noi riteniamo potersi e doversi raggiungere con il met-odo della demo- ✓ crazia. Il «Manifesto» rimane il «nostro» messaggio; quello che ci ha fatti e che ci fa restar socialisti. E a fronte alta: ad onta di ingiurie,. di derisioni e di scomuniche, poco importando se a quelle tradizio– nali di gente di destra si sono aggiunte quelle dei comunisti e loro satelliti. « L'idea fondamentale del Manifesto>> - per ri– prendere la felice sintesi dell'Engels - « ossia che la produzione economica, e la struttura sociale da essa condizionata, costitl!liscono il fondamento del– la storia politica ed intellettuale· di una determina– .ta epoca storica: che in conseguenza tutta la storia è stata ed è la storia dèlla lotta di classi, vale a - dire della lotta tra gli sfruttati e gli sfruttatori, tra le classi dominate e le classi dominanti nei di– versi gradi dello sviluppo sociale; che questa lotta _ ha raggiunto ora uno stadio in cui la classe sfrutta- ta ed oppressa (proletariato) non può liberarsi dal giogo della classe .che la sfrutta e che l'opprime (borghesia) senza liberare nello stesso tempo e per sempre la società intera dallo sfruttamento, dall'op– pressione e dalla lotta di classe » sta ancora al cen– tro della nostra concezione e ne costituisce la so– stanza. Lo sappiamo : anche trascurando pregiudizi o de•

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