Critica Sociale - anno XL - n. 3 - 1 febbraio 1948

62 CRITICA SOCIALE La giustizia nel Manifesto dei comunisti li titolo di quest'articolo può sembrare paradossale. ];'er– chè chiunque abbia letto il Manifesto sa che, verso la fi– ne del capo r 0 , si dice apertamente che « le leggi, la mo– rale la religione», diventano agli occhi del proletariato, «tan– ti p~egiudizi borghesi, dietro ai quali si nascondono altret– tanti interessi borghesi»; sa, altresì, come nel capo Il",, si <leridano « le declamazioni borghesi» su la famiglia; la educazione, la cultura, che sare.bbero messe in -pericolo dai comunisti, e come, prendendo di petto gli avversari, si ri– sponda loro: « le vostre idee sono anch'esse un !}rodotto dei rapporti borghesi della proprietà e della produzione, come il vostro di,ritto non è se non il volere d,ella vostra classe elevato a legge, un volere il cui contenuto è già dato dalle condizioni materiali di esistenza della vostra stessa classe». Sa, inoltre, ogni lettore del Manifesto co– me il nocciolo della teoria ,del materialismo storico, che i due autori ,non ancora tre.ntenni quando scrissero quelle pagine così piene d'avvenire, avevano già incominciato ad elaborare, sia es!}resso con tutta semplicità .nel Manife. sto stesso come cosa .ovvia: « occorre forse una grande profondità di mente per intendere che, mutandosi le con– dizioni di vita degli uomini, e i loro rapporti sociali e il modo di essere della Società, si mutano anche le vedute, le nozioni e le concezioni, il che vuol dire che si muta la coscienza degli uomini?:.>. Determinismo economico e materialismo storico nel Ma– nifesto. Ma a,nche se 'molte delle pagine del Manifesto possano sembrare piuttosto dominate da una dottrina deterministi– ca unilaterale che non ispirate da quella dialettica che è l'anima stessa del materialisuno storico, proprio in tale spi– rito dialettico che, nonostante le ironie anti-ideologiche dei due giovani autori, già segnava la direttiva del loro pen– siero e della loro azione rivoluzionaria, è da ravvisarsi, a · parer mio, il motivo ricorrente in ogni pa~te del celebre appello alla futura classe politica, il segreto del suo succes– so, e - si licet parva componere magnis - la giustifica- zione del. titolo di queste mie righe.· - Sì : è vero che cotesta dialettica, di cui a me par pregno, a malgrado di certe sue apparenze, tutto il Maì:ùfesto. è una dialettica reale, in forza .della quale dagli stessi pro– gressi del regime borghese (come è noto, fu detto che l'opuscoso rivoluzionario era anche un inno alle conquiste operate dalla borghesia al suo sorgere , e nel suo fiorire) erano procreati gl'indefettibili seppellitori de.I regime stes so. E' vero che, con una previsione a corta .scadenza, la quale fu poi smentita dalla storia, si dava pe,r certa, per· prossima, per necessariamente prodotta dagli sviluppi del-• l'economia borghese, la successione del proletariato. E' vero che, piuttosto che cercare di infiammare gli animi dei proletari con la p,redicazione ,,della moralità e de!J.a giustizia delle loro rivendicazioni, 1,ì si invitava Jnvece, freddamente, ad aprire gli occhi, a n,ndersi consapevoli cleJ\a loro forza, dei loro interessi; dell'antitesi fra questi e gli in– teressi borghesi, della necessità della iotta della loro classe contro la classe dominante e degli immancabili Disultati di essa, Sì: tutto questo è vero. Ma il contrasto chè, anche nel Manifesto, sembra affiorare fra tale rigido determinismo economico, che permetterebbe di presagire la cata.st ,r0fe del regime borghese senza bisogno I di un intervento attivo · ne etico che è presente nel pensiero marxista (40) ed assente in quello leninista. Tale vittoria significa · anche per il proletariato abolizione « del suo pro– prio dominio di classe» (41), disciplina· di lavoro per tutti, ma anche libertà d'opinione per tutti; si– gniflcµ. non contraccambio di disumanità, ma ria– bilitazione dell'umanità, cioè - come dice il « Ma– nifesto » - libertà di tutti garantita dalla libertà di ciascuno ». · Questo è· il socialismo che col suo fine universale non allontana, ma atti-ae la Coscienza degli uomini amanti della giustizia. ALFREDO POGGI (40) VoRLÀNDER: · K. Marx, ed. ci1., pp, 328 e segg,. (41) Manifesto dei Comunisti, fine parte 2'<>. BibliotecaGino Bianco per pr-ovocarla, e la concezione dialettica della realtà sto– rica, per. la quafe _è_ la v_olontà degli uomini che, reagen– do su le condizioni m cm la loro coscienza si è formata la tr!lsforma, appunto, rivoluzionariamente, tale vecchi~ ccmfhtt_o fra I~ due anime del socialismo, quella che pos– s,_am dire J?assivamen1e catastrofica, e quella,, invece, atti. v1st1ca e nvoluziooar~a. tale contrasto e tale conflitto - dico - se pure ap~ar\scono anche nelle pagine del Ma– n.festa. non ne costitms~ono quello che è il suo proprio s1gmf1cato. Sta;rei per dire che quella stessa, in a1>paren– ,,a ne:orosa, dimostrazione dell'ineluttabilità del prossimo supera?l:ento dell'~c~nomia borghese può rivelarsi quasi u_narttf1c10 esortativo e polemJco perchè il lettore, .in ispe– cie quell'avanguardia del proletariato a cui il Manifesto par– ticolarmente si rivolge, fissi l'attenzione sopra le sue ul– time, appassionate righe. Le rammentate? « Che le classi clominanti paventino lo scoppio di una rivol·uzione comuni– stica. 1! proletari non ci han da perdere che le loro cate– rie. -Hanno da guadagnarci tutto un mondo:.>, Certo è - od almeno così sembra a me, e non e me soltanto - che, o gli aut0ri stessi volevano, o la stor.ia ha voluto, che il valore oramai secolare del M<mifeseo dei Comiumisti consistesse, essenzialmente, nell'appello con cui si c~iuae: « Proletari ài twtto il momo, unitevi». E' que– sto -11 motto che _è servJto di .inseg;oa·per tutto il succes– sivo ·movianento socialista (perchè, v'è appena bisogno di rammentarlo, se il Manifesto del 1848 fu detto « dei co– munisti», anz:ichè dei socialisti, j, due diversi termini de– vono intendersi sto~icamente : « nel linguaggo usato tra. Jl 1840 ed il 1850 -insegna il competentissimo Franz Mehring - le due parole si distinguevano per ciò, che il socialismo era un movimento borghese, il comunismo un movimento proletario»). , Ora, è appunto quel conclusivo apI)ello, S\11 quale biso– gna insistere, che dà al Manifesto « l' importanza stori– ca... di un nuovo evangelo ». Sono parole, queste ultìme, che un giudice non sospetto, oggi, di eccessive simpatie per il socialismo, Benedetto Crac.e, adopera, parlando di Car– lo Marx e delle « origini religiose del materialismo sto– rico e del comunismo dialettico», nel ripubblicare .i fa– mosi saggi del sud maestro Antonio Labriola. Ma non di– rei; .come continua il Croce, che quello del Marx sia un· « evangelo distruttore di tutta l'idealità della vita umana ». Perchè proprio quell'appello, che suggella il Manifesto, se può dirsi in i,_Ontrasto con tin rigido e frigido determini– smo econ0mico, r. rappve.sentativo, direi, di quella .ideali– tà di giustizia, che non è irr contraddizione, come altri può credere, col materialismo storico, cioè con la più propria dottrina mavx-engelsiana, ch'è la invisibile trama sulla quale è tessuto il Manifesto stesso. La giustizia .nel =terialismo storico. Cosa cli.:e, in un certo punto (verso la fine del capo II., r,oche righe dopo ooo dei passi che abbiamo dianzi citati). il Mani&e.sto? « Si sente parlare d'idee che mettono in n– veluzione una intera società. Ebbene, con ciò si viene sem. phemente a dire che .ln seno alla società p,rees1stente si SO'JO già sviluppati gli elementi di una società nuova. e che c011 la dissoluzione degli antichi rapp0rti di vita va di pari passo Ìa dissoluzione delle antiche Jdee ». Ecco, se .io non mi .inganno, quella vera linfa vitale del materialismo sto– rico, che i-1 -nostvo Rodolfo Mandolfo ha così bene messa i,n luce, col porre l'a.ccento della f,! .mo.sa dottrina su la umwiilz.riide Praxis, su la prassi che si arrovescia o che (dato che il verbo non è usato in modo riflesso) arrove– scia 1e condizioni preesistenti. E m forza di che? Non del- 1e mere condizioni economiche, ma , appunto, dell'afflato rivo! uzionario che da esse è creato. Mi stupisce che di codesta i,nter!}retazione mo,ndolfia11a del materialismo storico, che, secondo il mio modesto !}a– rere, ne offre la più penetrante esegesi, non abbia ~enuto conto un valente cultore della filosofia del diritto, il prof. Enrico Opocher. In tm suo acuto studio su1 « problema. - della giustizia nel materialismo storico » ( che fu presen– tato come comunicazione al Cot.gresso di filosofia, tenu– tosi a Roma nel novembre 1940), stud,io dal quale dichia- ro, molto volentieri, di aver preso lo spunto, dirò cosi polemico, per questo articolo, il mio giovane collega .so~ stiene esservi una « contraddizione mortale» nel materia- Iismo storieo, in qu2,nto, da un lato, la sua « premessa teoFetica » è il relativismo .storicistico ed immanentistico, ,ion. pur del diritto ma della. giust1-zia, che non sarebbe se non il prodotto della società e, in particolare, delle con– dizioni economiche, anzi degli interessi della classe do– minante, e, d'altro lato, la « forza ideale della propria.

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