Critica Sociale - anno XL - n. 3 - 1 febbraio 1948
CRITICA SOCIALE 61 ma, in definitiva, può riferirsi al marxismo solo co– me quel pani:;lavismo che il Marx qualificava « rea– zione assoluta contro la marcia della civiltà euro– pea e... la storia universale » (28). Si ricordi invece ciò che scrive J. Jaurès (29), interpretando anche lui il. « Manifesto » su tale que– stione di metodo, e si vedrà quanto egli sia più vi– cino al gran cuore di K. Marx, quando critica l'an– tistoricismo della violenza e rigetta i metodi· qua– rantotteschi. L'Engels del resto, nel 1895, avvertiva che era passato « il tempo delle rivoluzioni condot– te da piccole minoranze coscienti alla testa di masse incoscienti» e riteneva che si dovessero invece pre– parare queste masse con la propaganda, con l'azione parlamentare, onde potessero sopraffare il regime borghese « per forza propria ». Anzi per lui « l'e– voluzione normale sarebbe inceppata ..., ritardata ... con gravi sacrifici » se si tentassero « le vie illegali e -le vie di ,fatto »,. che sono desiderate appunto dal– la borghesia, cui, ad un certo momento, è « fatale la legalità » (30), come attesta anche la dura espe– rienza che abbiamo fatto in Ualia · nel 1922. II Lenin, quand.o nel 1917 interpretava il « Mani– festo » alla blanquista, era scusabile, perchè eglj era attore e non teorico, doveva giustificare ciò che era accaduto ed era potuto accadere nella Russia ·d'al– lora. Ma è evidente che in primo luogo, secondo gli stessi prjncipi realistico-storici del marxismo, non era detto che le cose dovessero svolgersi identica– mente negli altri Paesi; (ciò che fu confermato e ripetuto subito dopo la liberazione, quando anche il partito comunista adottò la più riformistica pras– si democristiana); ed in secondo luogo era dove– roso augurarsi chè gli altri popoli facessero tesoro dell'esperienza russa e partissero da questa espe– rienza per risparmiare a se stessi quei sovrumani sacrifici che quell'eroica Nazione ha dovuto fare sulla sua carne viva, in conseguenza delle sue con- dizioni storiche. · Voler quindi ripetere, ·contro lo stesso ammoni– mento del « Manifesto », in paesi d'altro sviluppo e d'altra mentalità, le stesse fasi della rivoluzione russa ed applicare gli stessi met0di politici è anti– storico ed antimarxistico, come è artificiosa l'inter– pretazione leninista, secondo cui il « Manifesto » sarebbe la sintesi della storia valevole per tutti i secoli e per tutti i Paesi e si dovrebbero « genera– lizzare le esperienze », solo perchè il capitalismo mostra sempre e dovunque il suo istinto egoistico e corruttore. Per il Lenin non v'è altra via per l'attua– zione del comunismo (di cui il socialismo sarebbe una prima fase inferiore) (31~, e chi pensa altrimen– ti è un venduto alla borghesia. Si dovrebbero cancellare tanti secoli di civiltà occidentale, gli sforzi fatti per _difendere, entro i conflitti di classe, i diritti dell'uomo, l'habeas cor– pus, la• libertà d'opinione; .si dov~ebbe scartare il metodo democratico suggerito dall Engels nel 1891, per instaurare una barba:ica dittatura ~he, a con– fessione dello stesso Lemn . (32), non s1 sa quanto possa durare, per spegnere ogni spirito borghese ed eliminare ogni· oppositore. Viene spo!lt~nea l'al?ar~ riflessione che dunque, dopo 30 anm, m Russia s1 è sempre a questo stadio intermedio, in cui il pr?– letariato è... « classe dominante», ma sempre .... m minoranza e senza quell'« unico salario _op_era10» che il Lenin indica come la vera caratterist1_ca del « nuovo ordine » (33). II Lenin dice che ove è necessaria la violenza non si può parlar di democra_zi3;, ma poi -si. cont;ad– dice e scrive che la democrazia e la « orgamzzaz10ne del violentamentò sistematico di una classe per opera (28) MARx: Oeuvres, ed. frane., Paris, 1930, voi. VI, p. 203. (29) Studi socialisti, Palermo, 1903. (30) Prefazione a Lotta di classe in Franci~, e~. cit. pp. 15-17. (31) Per R. Mondolfo la distinzione fra socialismo e comu– nismo è ben diversa: il primo è democratico e fondato sulla giustizia e sul rispetto della persona umana, anche se tem– poraneamente dovesse servirsi della dittatura; ~l. ~econdo : fondato sul sacrificio della persona alla collethv1ta e segu_ i I metodo della violenza. (32) Op. cit., pp. 94, 108. (33) ~P- clt., pp. 46, 100. ibliotecaGino Bianco di un'altra » (34) e perciò deve morire con lo Stato, per passare ad una S@cietà in cui, scomparendo o– gni subordinazione dell'uomo all'uomo, non v'è più bisogno della violenza (35). Così può parlare solo chi, privo della cultura mediterranea, non abbia la più lontana idea di ciò che sia la democrazia senza aggettivi e che, se non si è ancora avverata, resta tuttavia come idea-fine e idea-forza d'ogn_i mo– to civile. L'unica via da seguirsi è, per il bolscevismo, la negazione d'ogni libertà agli sfruttatori che debbo– no essere dispersi con ogni mezzo, « per liberare la umanità dalla schiavitù del salario » (36). Solo quan– do non vi sarà più bisogno di apparato statale, per– chè -tutti rispetteranno spontaneamente le regole della convivenza (??), solo allora vi sarà libertà cioè... democrazia, che ·è poi detta inutile, perchè cessa lo Stato. Per il Lenin il processo sarà lungo e fino all'u– topistico conformismo dovrà continuare la dittatu– ra (37), la qu,ale non permette partiti d'opposizione, col pretesto che ... in tanto conformismo non vi pos– sono essere divergeaze d'opinione e che ogni criti– ca non può essere dettata che da spirito contr0ri– voluzionario, contro cui ogni· mezzo - « la violen– za, l'astuzia, la menzogna, la reticenza» - è lecito. Negando la libertà si dovrebbe dunque educare alla libertà; opprimendo la persona umana si dovrebbe preparare la Società dei liberi e con l'immoralità si dovrebbero educare gli uomini alla moralità! Questo opaco materialismo, che non è nè marxi– smo, nè socialismo, ripugna alla coscienza occiden– tale. . Il Jaurès ci presenta una interpretazione ben· di– versa, tutto compreso di quel sano umanesimo che vede la storia come progressivo trionfo, e non sacri– ficio, della persona umana. Il proletariato oggi, con– sapevole della' sua forza, non ha bisogno di conati insurrezionisti e può ben sfruttare al suo scopo la democrazia, che è governo d'un popolo su se stesso e, traviata nel capitalismo, sarà valorizzata, non sop– pressa dal socialismo. « Una classe, nata dalla de– mocrazia, che, in luogo di acconciarsi alla sua legge. prolungasse la propria dittatura oltre i primi giorni della rivoluzione. diventerebbe ben presto una ban– da accampata nel territorio e abusante della ricchez– za del Paese ». E' impossibile che Marx ed Engels volessero avviare il proletariato verso un buio pe– riodo di caos o di barbarie anzi che ad una demo– .crazia socialista, che· è poi la vera democrazia (38). Non si tratta di seguire ciecamente alcuni pen– sieri marxisti, avulsi dal resto; ma si tratta di inter– pretare la dottrina con intelligenza e senso storico, per non uccidere quel vivo spirito di umanità che fu animatore di Marx uomo e di Marx scrittore. Noi oggi concordiamo pienamente con la critica che al capitalismo fa il « Manifesto » e ripete il Le– nin nel suo libro, ma non crediamo che il proleta– riato, già « gravato dell'ingiustizia totale », . debba, per liberarsi, percorrere l'infei;no d'u!la d~tt_atura senza limiti. Verrà anche il momento m cm 11 ca– pitalismo tenterà l'estrema resistenzl)., sarà forse al– lora necessaria quella rottura violenta che ammet– tono tanto il Jaurès quanto il Laski, ma è opera d'umanità cercar di evitare questo strappo o di ren– derlo più breve e meno cruento possibile, seguendo le vie della democrazia, la quale « soltanto ha dalla sua parte il diritto e ,pertanto dalla sua parte sarà anche la forza » (39). Per le vie democratiche il proletariato può giun– gere al potere senza violenza ed, essendo ma~gi<!– ranza,. potrà difendersi, senza bisogno di metodi ri- pugnanti alla coscienza umana. . . Questa è la « vittoria della democrazia » pre~~mz– zata dal « Manifesto », che, fondata sulla abohz1on_e dell'antagoni~mo di classe, è illuminata da qu_el f1- (34) Op. cit., p. 99. (35) Ibidem, p. 92. (36) Ibidem, p. 99. (37) Ibidem, pag. 108. (38) Studi socialisti,. p. 82. (39) LASSALLB: Forza e diritto, Roma, 1900, p. 7.
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