Critica Sociale - anno XL - n. 3 - 1 febbraio 1948
CRITICA SOCIALE 59 Spencer (4), non può tuttavia arrogarsi il diritto d'essere l'unica interpretazione legittima del « Ma– nifesto ». Difatti non solo i successivi sviluppi dot– trinari, da parte del Marx e dell'Engels, non confor– tano la tesi insurrezionalista e totalitaria che pare accennata nel « Manifest.o », ma, senza nemmeno ac– .cennare al Lassalle, il primo svolgimento sistemati– co della dottrina 'socialista, dovuto al Dietzgen (che il Marx chiamava :« il nostro filosofo»), pur conser– vando la « dialettica materialistica » cara all'En– gels (5), mette in rilievo che il fine socialista non è il puro benessere materiale, ma « das mensahliche Heil », la salvezza umana. « Noi riconosciamo l'eti– cità come eternamente sacra, in quanto in essa son da comprendersi i riguardi per i quali l'uomo; di fronte a se stesso è nei suoi rapporti reciproci col prossimo, deve esser considerato sacro come fi– ne » (6). Ecco il significato umano che può riassume– re dottrina e prassi socialista e non giustifica quindi quella barbarica caccia all'uomo (facilmente quali– ficato « reazio~ario ») che oggi si vuol far passare come socialismo in atto. La stessa interpretazione materialista del Lafar– gue, pur mantenendosi nella linea marxista, affer– ma, in polemica col Jaurès, che, anche se l'uomo è un riflesso del mondo oggettivo (7), ttittavia il fine cui ·tende la rivoluzione socialista è quello di libe– rare l'uomo dal caso, dall'incosciente destino, e ren– derlo libero fattore della sua storia (8). Siamo sem– pre - come poteva prevedersi in una mentalità la– tina - entro la concezione pragmatico-storica del marxismo, per cui il socialismo è opera dell'uomo per la liberazione non d'una classe, ma dell'umani– tà, resa padrona del suo avvenire. Troppo lungo sarebbe riassumere qui lo sviluppo umanistico che ha avuto la nostra dottrina in tutti i Paesi colti e che il curioso può apprendere tanto dalla rassegna fattane .dal Vorlander (9), quanto da– gli studi del nostro Rodolfo Mondolfo, il quale non solo ha dimostrato il vero significato filosofico del « materialismo storico», ma, con un esaurie_nte pa– rallelo, ha mostrato se e come la dottrina del Maz– zini possa concordare con quella di K. Marx (10). Noi vogliamo qui limitarci ad indicare i riflessi che il « Manifesto » ha avuto nella cultura contem– poranea. Questo documento ha trasferito la questione socia– le dal cielo alla terra, dimostrando che essa non era semplice questione morale o di carità, ma che è posta dalla stessa incapacità del sistema capitalisti– co ed uscire dalla crisi in cui s'avvolge per la sua natura e per cui dovrà cedere il posto ad un altro ordinamento economico, •già in formazione - per uomini e per tendenze - nel seno stesso dell'ordi– namento attuale. Per questa spiegazione realistica, il proletariato, additato come la classe necessaria cosi per l'esistenza come per il... seppellimento del capitalismo, acqi1istava la consapevolezza della sua funzione e, quindi, l'incitamento a cooperare al cor– so della storia. II « Manifesto » quindi non era un capitolo di mus– sulmano fatalismo, ma era un appello all'attività dei proletari, perchè, resi coscienti dell'antagonismo sto– rico si costituissero in partito politico per « rag– "iun'gere la democrazia » con specifiche riforme (che avrebbero così modificato l'ambiente, a sua vol– ta modificante l'uomo), per abolire « le condi~ioni stesse dell'antagonismo di classe» e preparare 11so– cialismo come « associazione, nella quale il libero sviluppo di ciascuno sia la .~ondizi<;>ne del· libero sviluppo di tut~i ». N?n, per~10, pafs1va atte~a, non utopistici sogm, ma md1caz1?ne d_un compito ~to– rico, in cui, come nella stona 1m1versale tracciata 14) Individuo contro lo Stato, cap. II. (5) Lud. Feuerbach, ed. Mongini, 1902, p. 28. 16) Das Wesen der menschlichen Kopfarbeit, Stuttgart, 1903, pag. 150. · (7) Problema della conoscenza, Milano, 1913, passim. (8) VonLANDP.R: J{ant und Marx, Tiibingen, 1926, p. 111. (9) Ibidem. (10) Sulle orme di Marx, Bologna, 1923, voi. 11, pp. 73 e sPgg. BibliotecaGino Bianco da E. Kant, la necessità (miissen) si concilia ccrncre– tamente col dovere (sollen) degli uomini. Ecco giustificata la costituzione d'un partito fidu– cioso nel suo fine, la necessità della propaganda, la conseguente denuncia di tutti i mali che l'ordina– mento borghese cova nel suo seno, sia per la vita nazionale sia per quella internazionale; la rivolta morale contro una Società che sfrutta il lavoro di tutti a beneficio di pochi, che ha privato « l'indivi– duo operante» di personalità, di indipendenza e di libertà, che ha già abolito la proprietà (come uso delle cose) per i nove decimi dei cittadini, che ha ristretto la dignità di « persona » solo al capitalista, che ha violato la sacra unità familiare con lo sfrut– tamento dei fanciulli e delle donne, che ha traviato l'educazione in asservimento, che ha spento ogni sentimento di patria nei diseredati, che ha infine ridotto morale, giustizia e religione a strumenti di - dominio a beneficio di una sola classe. Tutta questa serie di conseguenze, collegate con impressionante logica nel «Manifesto», fu un rude richiamo alle coscienze, e se da un lato servì a smuo– vere la massa lavoratrice, dall'altro lato destò larghe simpatie per il socialismo, come, nella seconda metà del secolo scorso, dimostrarono la letteratura (con i romanzi zoliani, con la caustica ironia del France, con le accorate poesie di Ada Negri, con la ribel– lione morale di Arturo Graf, con il commosso entu– siasmo del De Amicis, con il solidarismo universale del Bertacchi), la filosofia (con la morale sociale del– l' Ardigò; con il famoso «commento» di Antonio Labriola, con l'umanesimo di Paul Natorp (11), con gli « studi » critici del J aurès, con le in terpretazio– ni, poi deviate in altra sfera, del Berdiajew ed infi– ne con la «messa.a punto» umanistica di Rodolfo Mondolfo). ' I lettori frettolosi e predisposti potevan tuttavia ricavare dal « Manifesto » altra conseguenza, la più appariscente, la quale poteva credersi legittimata dal fatto che il « Manifesto », per certe sue affer– mazioni, si ricollegava col movimento socialista francese, basato su quelle correnti materialiste ed utilitariste della prima metà dell'800, contro cui ave– vano scritto il Mazzini, per il quale il « problema u– manitario » non pÒteva ridursi a puro problema di produzione, risolubile senza tener conto del concor– so umano e, quindi, di una accurata preparazione morale, ispirata ad un ideale e non soltanto ~d un semplice soddisfaeimento materiale (12); ed Il Ro– smini pel quale era grave difetto delle nuove dottri– ne il' veder la storia come movimento ciecamente collettivo in cui la libertà umana, senza di cui nulla di duratu'ro si può ottenere nella vita sociale, resta sacrificata. II Rosmini anzi, di fronte alla dogmatica sicurezza degli utopisti, prevedeva che chi li avesse ascoltati avrebbe instaurato un regime in cui il go– verno sarebbe stato tutto e l'individuo nulla e che coloro i quali l'avessero pensata diversamente ~< sa~ rebbero stati considerati conseguentemente trad1ton della patria· ed inimici del genere umano» (13). Questo difetto del <<fatalismo pessimi~ta » eh~ spinge alla rivoluzione violenta ed alla d1_t,tatura e imputato al «Manifesto» anche dal Fourmere (14), (11) II Natorp, tnorto pochi anni or sono, è stato uno dri più chiari filosofi tedeschi dell'ultimo periodo. Nelle sue Vor– lesungen (Erlangen, 1925) spiega come l'organizzazione e– conomica non esaurisca il suo compito in se stessa, ma deb– ba manifestarsi sotto una sua propria forma di diritto, pon– ga la necessità d'una nuova educazione per il raggiungimento del fine che è una migliore umanità. Deve esser ricordato pure il compianto compagno Vorlànder, che, con i suoi vari cd interessanti studi sul fondamento moral~ e filosofico del mar– xismo · ha molto contribuito a dissipare preYenzioni cd a su– ~citar; interesse attorno alla nostra dottrina nell'austero e diffidente campo accademico. · Per l'Italia è doveroso ricordare l'azione benefica com– piuta dalla « Critica Sociale» nel campo della cultura, fin dai suoi primi anni. . (12) Contro il fourierismo, 1836; I sistemi e la democrazia, 1850. (13) Op. cii., p. 35. (1-1) Les thèories .o.ocialiste. Paris., 1904.
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