Critica Sociale - anno XL - n. 3 - 1 febbraio 1948
56 CRITICA SOCIALE rialismo <li Feuerbach. Ma quando si tratta di comprendere che cosa significasse il _cosìdetto materialismo di. Feuerbach, bisogna vedere un po' meglio se era o no un matenahsmo. Fe– uerbach stesso ha definito la sua dottrina come un « uma– nismo realistico» che nella sua ampia comprensione voleva opporsi nel modo' più deciso ad ogni unilateralità: dell'idea– lismo da una parte, del materialismo dall'altra. Feuerbach lo dichiara esplicitamente; non vuol accettare (come esigereb– be il materialismo) una dipendenza univoca dell'uomo dalla natura. Per il materialismo l'uomo dovrebb'essere un puro prodotto della natura, incapace di reagire in misura note– vole sulla sua produttrice, p_er modificarla e sottometterla; Feuerbach invece afferma u11areciprocità di azione e dipen– za fra l'uomo e la natura. Non può comprendersi la natura senza l'uomo, nè l'uomo senza la natura; essi agiscon l'una sull'altro, hanno una dipendenza reciproca indissolubile, e perciò la filosofia, se vuol riconoscere e comprender la real– tà, deve tenerli in conto entrambi ugualmente. L'uomo, col suo spirito, la sua azione, le sue manifestazioni, deve rico– noscersi come un principio d'attività che sta di fronte alla natura, reagisce su di essa, crea il mondo della società e della storia; ossia è un creatore, e non soltanto un prodotto della natura. Marx conferma e accentua ancor più tale orientamento di Feuerbach e lo dichiara molto esplicitamente in alcune delle sue Glosse. La ·prima è particolarmente significativa al pro– posito. Dice Marx: « Il difetto principale di tutto il mate– rialismo passato, compreso quello di· Feuerbach, sta in ciò _che l'oggetto del pensiero, la realtà, il sensibile è stato con– cepito solo sotto forma di oggetto (esteriore) o di intiiizione (passiva), e non già come attività sensitiva umana, come praxis, non soggettivamente». Ossia Marx considera il ma– terialismo viziato dal difetto cli considerar la conoscenza umana come derivante solo dalle impressioni della realtà esterna sopra i nostri sensi, cioè tutta e sempre come rece– zione passiva: secondo esso l'uomo subisce l'azione della na– tura e resta passivo nel ricevere le impressioni. Ora Marx dice: no, l'uomo non resta passivo; l'uomo è un principio cli attività, esercita un'azione pratica, e precisamente con tale azione pratica sulla realtà esteriore è connessa ogni sua co– noscenza della medesima. Se l'uomo non fosse w1 essere at– tivo, che vuol esercitare la sua attività sulla realtà esterna, non ne avrebbe conoscenza. « Quindi è avvenuto (prosegue la prima glossa) che il lato dell'attività fu sviluppato dall'idealismo in opposizione al materialismo, ma solo in astratto, perchè, naturalmente, lo idealismo non sa nulla dell'attività reale sensibile come ta– le». L'idealismo, per l'appunto, s'era opposto al materiali– smo nel senso cli considerar l'uomo come un principio di attività, ma cli attività ideale, che resta nel mondo dell'Idea, cioè in una sfera superiore e non in contatto e dipendenza rispetto a questo mondo sensibile, che è il mondo dei biso– gni, della vita quotidiana, il mondo in cui l'uomo svolge la sua azione effettiva e concreta. Per ciò Feuerbach doveva reagire contro tale idealismo, in nome del suo umanismo naturalista. « Feuerbach (soggiw1ge Marx) vuol distinguere ~ealmente gli oggetti sensibili dagli intelligibili»; cioè vuol correggere il difetto dell'idealismo, volgendosi verso la realtà sensibile. « Se non che (aggiunge ancora Marx) egli non concepisce la stessa attività umana come atti"'.ità che pone il suo ogget– to»; ossia, secondo il suo pensiero (e qui il giudizio di Marx su Feuerbach non è del tutto giusto), tale attività sarebbe considerata da Feuerbach solo come un risultato, un prodotto dell'azione della natura. Marx invece vuol affermare che questa attività va incontro al suo oggetto, vuol porlo, modi– ficarlo, esercitare un'azione su esso, e in ciò e per ciò entra in contatto con esso e giunge a conoscerlo, cioè in quanto appunto vuol sottometterlo all'azione propria. « Perciò (conchiude la ·prima glossa) Feuerbach non inten– de il significato che i rivoluzionari danno all'attività pratico– critica ». Ciò significa che· l'attività dell'uomo è una attività pratica, ma nell'esercitarla· l'uomo giunge a conoscer· la real– tà, a consiperarla, es_aminarla, sottoporla alla sua critica ed azione modificatrice e dominatrice, di modo eh~ tutta la sua conoscenza si svolge come « attività pratico-critica», in cui l'aspetto conoscitivo e teorico è sempre unito con l'attivo e pratico, e per ciò_può _essere, meglio che da ogni altro, com– preso dal rivoluzionario. Così si afferma in questa prima glossa un attivismo quanto mai lontano dal materialismo, anzi decisamente opposto ad · esso come rivendicaziòne dell'attività dell'uomo contro il ma– teri;lismo che lo riduceva a un essere passivo. Si oppone a simile interpretazione materialista, ma, al tempo stesso, anche alla idealista, che •dimenticava la vita sensibile, ·la vita dei BibliotecaGino Bianco bisogni e dell'attività pratica continua dell'uomo. Marx vuol considerare l'uomo come un essere concreto, vivo ed effet– tivo, che ha conoscenza della realtà in quanto· ha i suoi biso– gni, la sua attività, lo scambio continuo di azione e reazione con la natura. Per ciò Marx critica, come s'è visto, l'ideali– smo, ma accentua pure la sua critica contro il materialismo. Nella terza glossa a Feuerbach dice infatti Marx: « La dottrina materialistica, che gli uomini sono il prodotto del– l'ambiente e dell'educazione, e variano col variare dell'am– biente e dell'educazione, dimentica che l'ambiente vien mu- , tato appunto dagli uomini, e che l'educatore stesso deve e,– sere educato ... ·n coincidere del variare dell'ambiente e del– l'attività umana può essere concepito e compreso razional– mente solo come praxis rivoluzionaria e autotrasformazione (Selbstveriinder·ung) ». Attività e ambiente. Che significa ciò? Significa che l'uomo 11011 può ridursi ;,. un prodotto passivo dell'azione dell'ambiente. L'ambiente non è costituito solo dalla natura indipendente dall'uomo, bensì, come ambiente sociale e storico, è stato creato dagli stessi uomini. Ma questi non solo lo han creato, ma inoltre lo. van trasformando continuamente; e tale trasformazione si produ– ce come « autotrasformazione » dell'uomo. Ossia: l'uomo, in ogni determinato momenti!>storico, crea l'insieme delle con– dizioni che costituiscono l'ambiente sociale rispettivo. Ma poi l'uomo stesso, in contatto con questo ambiente, sente nuovi bisogni, nuove aspirazioni, nuove esigenze, e in ciò ha lo stimolo per una trasformazione di se stesso, cioè della sua vita, che vuol spiegarsi anche nella trasformazione del mondo circostante, in cui la sua vita si svolge. Così si pro– duce la autotrasformazione dell'uomo e insieme, per con– seguenza, la sua azione per la trasformazione ciel mondo circostante, cioè la trasformazione continua dell'ambiente so– ciale nel corso della storia. Così tutta la vita e la storia umana si presentano come uno svolgimento di attività: non solo sul terreno dell'azione pra– tica, ma in quello stesso della conoscenza, giac~hè per Marx, come abbiam visto,. la ·conoscenza della realtà è sempre una azione che si esercita sopra la realtà. Conosciamo la realtà e perveniamo a comprenderla in quanto dobbiamo operar su cli essa. Marx ripete ciò che aveva già dichiarato Vico, che conosciamo solamente ciò che facciamo. Marx lo dichiara esplicitamente in quel luogo ciel· Capitale (lib. I, cap. XV: dr. p. 304 dell'ecl. del.Ja Biblioteca dell'economista) dove ri– corda l'affermazione di Vico e si associa ad essa: « Come dice Vico, la storia dell'uomo si distingue dalla storia dell,;i. natura in ciò, che noi abbiam fatto quella e non questa ». E perciò la conosciamo veramente, perchè siamo stati i creatori della sua realtà; e allo stesso modo impariamo a co– noscere qualsiasi realtà in quanto torniamo a crearla. La conoscenza è una nuova creazione della realtà stessa, cli mo– do che questa rea}tà ci appartiene éome un prodotto della nostra propria attività, e perciò possiamo conoscerla. Così tutto il processo storico si presenta_ come svil9ppo di una attività continua in una continua trasformazior,ie, cioè co– me un'azione innovatrice. E' quanto dichiara Marx, nell_aglos– sa XI dicendo: . << i filosofi non han fatto che interpretar vaFia,,;ente il mondo; ma si tratta invece di trasfor111arlo ». Bisogna trasformarlo per <omprenderlo intimamente e in– terpretarlo veramente. Chi non si preoccupa cli trasformare la realtà circostante non può arrivare mai a comprenderla in se stessa e nella sua relazione ç:on l'uomo. In tutto ciò è evidente che si presenta un attivismo volon– tarista che costituisce la teoria più opposta ar materialismo che p~ssa concepirsi. E allora perchè quel nome di « mate– rialismo storico? » C'erano motivi per suggerire tal nome, responsabile cli tanti equivoci successivi. C'era un motivo sto– rico nello stesso processo cli formazione della dottrina, che si è svolto (come abbiam ricordato) nella dissoluzione della . scuola )1egeliana. S-i erano, in tal processo cli dissoluzione, divise ed opposte la destra conservatrice e la sinistra rivolu– zionaria· ma la stessa sinistra s'era poi divisa nelle.due cor– renti co~trarie dell'idealismo e del natural~smo. Gli idealisti cli sinistra conservavano il principio hegeliano della dialettica della storia, ma, precisamente come Hegel, continuavano ~ considerar tale dialettica come interiore all'Idea, alla realta dell'Idea, superiore ed opposta à. quella della mater!a.. . Per essi gli uomini, e. specialmente le masse soc1ah, con 1 loro bisogni, i loro sentimenti e le loro esigenze, non. era.no l'elemento essenziale della storia : eran solo la materia de l– !'« astuzia della Ragione» - la Ragione impersonale, univer– sale che domina la realtà e la storia, e muove gli uomini e le r:iasse come il costruttore muove i materiali della sua co– struzione; li usa come l'artista usa i materiali della sua
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