Critica Sociale - anno XL - n. 2 - 16 gennaio 1948
36 CRITICA SOCIALE agricoltori cercheranno di allargare il concetto fino a com– prendervi i lavori in muratura, i quali da soli assorbono ben altro che il semplice ro per cento della produzione di parte padronale); in secondo luogo, perchè i mezzadri si offriranno a tariffa inferiore pur di non perdere questa nuova possi– bilità di guadagno e pur di non avere i braccianti sul podere (è stato cosi in passato, è così oggi, sarà così per l'avvenire: chi non ricorda le lotte sostenute dai braccianti romagnoli per mantenersi possibilità di lavoro entro i poderi?) ; infine l'organo al quale è affidato il controllo non ha competenza in materia nè possibilità di sorveglianza, qualità che sono invece specifiche della Federterra, la quale però, benchè di– rettamente interessata, per la tutela dei suoi organizzati più bisognosi, è stata esclusa. li bestiame razziato o comunque perduto. Il compliéato e. delicato settore zootecnico, con tutte le difficoltà inerenti al conto stalla, che sempre risulta impo– stato in modo da ricavare gli utili attraverso difficili calcoli estimativi, avrebbe dovuto consigliare all'estensore del «lodo» la formulazione di norme semplici e di inequivocabile signi– ficato. Invece qui, più che altrove, si appalesano i difetti tecnici; con l'aggravante che si tratta di difetti volutamente, artificiosamente inseriti, senza necessità alcuna. Il « lodo» tratta del .risarcimento delle perdite e del pa– gamentb delle reintegrazioni. L'articolo 4, che tratta la m.t– teria, non appare esauriente poichè, pur senza dirlo esplici– tamente, tratta (almeno a quel che sembra) solo dei casi in cui il bestiame è immesso a metà çlalle parti. Se così stanno le cose, resta aperta la vertenza nel più importante settore·. della produzione aziendale per le innumerevoli mezzadrie in ' cui sono i mezzadri più poveri, quelli senza bestiame. La norma fondamentale è contenuta nel primo comma ·dell'articolo 4: « Il bestiame razziato o comunque perdiito a causa della guerra sarà considerato venduto al prezzo del– /' epoca in cui si è verificata la raz zia o l a perdita e sarà accreditato al mezzadro per la sua par.te». · Chiarissimo intanto è che l'accreditamento al mezzadro del prezzo per la sua parte fa capii:e trattarsi del caso di mez– zadria con bestiame immesso a metà. La operazione conta– bile, che si concreta in tale accreditamento al mezzadro del prezzo, significa, in parole povere, che il concedente deve · pagare lui al mezzadro la parte di bestiame che era del mez– zadro stesso e che è stata razziata. Deve corrispondere lui il prezzo della parte mezzadrile, come se lui avesse venduto il bestiame è ne avesse intascato l'intero prezzo. La proba– bile intenzione di favorire i mezzadri è -rimastà tradita dalla lettera o,.meglio, dal criterio estimativo che è stato introdotto. Nei momenti di razzia il bestiame aveva prezzi irrisori. çiò è pacifico. Ma la norma parla di epoca· e non di momento. Cosicchè l'applicazione pratica apre la controversia sulla ampiezza dell'epoca: i proprietari la vorrnnno ridurre a un momento determinato, i mezzadri la vorranno invece pro· hmgata ad un certo periodo prima e dopo la razzia. In merito alla reintegrazione del bestiame il «.lodo» è ancora pit1 indeterminato: il secondo comma dell'art. 4 parla di reintegra del best-iam.enecessario ai lavori, il terzo com– ma parla di bestiame da lavoro in sostituzione di quello perduto, il quarto comma _parla genericamente di bestiame ammesso al conferimento, 'alludendo alle quantità indicate in precedenza. Qual'è insomma la qTiantità da reint4t– grare? • L'importanza delta determinazione quantitativa è grandissima, giacchè i mezzadri, pagando il 30 per cento del prezzo, acquistano la proprietà del 50 ,per cento del bestiame reintegrato. Anche il criterio stabilito dal « lodo » per la stima del. bestiame da reintegrare è inutilmente complicato. Il valore cui il mezzadro è chiamato a contribuire' non è già il prezzo effettivamente pagato. Sarebbe troppo semplice. Il bestiame entra in contabilità per « il valore al momento dell'entrata in vigore del «lodo». L'estensore intendeva senza dubbio alludere alla fine giugno. 1946, cjuando il « lodo » fu pubbli– cato. Artificiosità gravida di conseguenze deleterie per i buo– ni rapporti fra i contraenti, perchè è facile misurare la por- . tata delle trattative, discussioni, perizie, liti relative al valore che ·avrebbe avuto, al morriento dell'entrata in vigore del « lodo », il bestiame che è stato acquistato successivame!1te e onclusioni. Il « lodo De Gasperi » non ha trattato la parte principale della vertenza. Si è limitato alla parte. più urgente. Ma il modo con cui ha trattato la materia gli ha fatto fallire anche questo scopo. La ragione principale sta riel non necessario ricorso a norme troppo artificiose. Lungi dal contribuire ad BibliotecaGino Bianco una distensione degl~ animi, li ha inaspriti, sia perchè s, e lasciato superare dagli avvenimenti, che non ha saputo o voluto interpretare nella loro giusta misura, sia perchè ogni disposizione di esso è congegnata in modo da far sorgere tante vertenze minori su ciascuna vertenza principale. L'interesse del documento sta nei suoi aspetti negativi ed è strano dover rilevare il contributo indiretto dato alla ma– teria che volutamente non è stata trattata. L'estensore ha tenuto conto di un fatto fondamentale che cioè il lodo o giudizio era di ordine politico: era il Pre'. sidente del Consiglio che esprimeva il suo parere sulla base del complesso di condizioni che determinano una situazione. Ciò gli avrebbe permesso di evitare il ricorso a giustifica– zioni di dubbio valore giuridico e a norme tecniche non ido– nee. Tagliar corto occorreva con provvedimenti chiari e de– cisi, ma soprattutto di facile e rapida applicazione. Ar.no PAGANI Per un~ politica estera italiana Hoiseguito con molto interesse e con la meritata attenzione lo studio pubblicato su « Critica » da Guido Ceronetti circa la possibilità di una nostra politica ·estera autonoma. Molte affermazioni- del– l'autor~ mi trovano consenziente e, poichè egli av– verte giustamente che il suo scritto deve aprire la discussione, ben volentieri accetto l'invito. Guido Ceronetti conclude rilevando· che egli non ha specificatamente affrontato il probl~ma della neutralità. Mi permetto di osservare che la politica estera che egli propugna e di cui traccia a l'arghe linee le direttive è sostanzialmente una politica di neutralità, alla quale, per la interdipendenza più volte da me messa in evidenza, dovrebbe corrispon– dere una politica militare esclusivamente difensiva. Giova avvertire a questo punto che nè l'una nè l'al– tra possono, come troppi suppongono, significare atteggiamento passivo. E' chiaro invece che nessuna Nazione, e tanto meno la nostra, di 46 milioni di abitanti in continuo progr-essivo aumento, puè rima– neL·e neutrale se non esplica una attivissima azione nel campo internazionale, ancor più, oserei dire, di quella che possa o debba svolgere un Paese che si accodi all'uno o all'altro dei maggi,ori conten– denti del vasto mond·o e ne divenga perciò un sa– J;elli~e pi,ù o meno importante. Così pm1e la difensiva militare non implica affatto un atteggiamento· pas– sivo che lasci •costantemente all'avversario la ini– ziativa· delle operazioni; al contrario: il più delle volte ci · si difende, attaccando, ·naturalmente se. e quando le condizioni strategiche e tattiche lo ren– dano necessario. Ergo, lo studio di Ceronetti dimostra che, anche se si vuole fare astrazione teoric'amente da un at– teggiamento a priori neutrale del nostro Paese, si indicano nel campo pratico le linee fondamentali di una politica estera che in oggi, per essere indi– pendente, non può essere che neutrale, n:è\,turalmente nei limiti del possibile, segnati soprattutto dalln nostra posizione geografica e dalla nostra situazione demografica. ' • Cio premesso, sia in finea generale'' sia in . linea particolare, mi sembra che due siano gli elementi di fatto dei quali si deve tenere e non nii sembra finora si sia sufficientemente tenuto conto, per giu– dicare quale possa essere la nostra migliore politica estera e le sue probabilità e possibilftà di successo. Il primo di questo elementi è quello demografico. Negli studi che ho pubblicati su « Critica », e parti- - colarmente in quello riguardante il Fe.deralismo Eu– ropeo, ho messo in evidenza il valore preponderante . del fattore demografico. Orbene nessuno può igno– rare e neppure dimenticare che nel nostro conti– nente, globalmente considerato dagli Urali all'Atlan– tico, esiste da diversi anni e si è andata intensifi– cando in questi ulfimi una forte pressione dem·o– grafica nelle dfrezioni da est a ovest e da sud e sud-est a nord. Mi sembra che questa realtà valga meglio di qualsiasi altra considerazione di natura ideologica o politica a spiegare per quale ragione
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