Critica Sociale - anno XXXIX - n. 20 - 16 ottobre 1947
CRITICA SOCIALE 391 Sto per dire che da noi il programma riesce più chiaro, meno artificioso, e più chiara emerge la fisio– nomia concreta e reale del sociaÌismo senza aggetti– vi, e delle deviazioni ch'ebbero a dilaniarlo nel pri– mo quarto del secolo e ,che tuttora lo tormentano, scindendolo in avverse fazioni . Qui s'ha il vantaggio di conoscerci tutti assai be– ne. S'è visto, nel remoto passato, dar l'assalto alle nostre Seziopi da schiere di proletari che, come titolo di ammissione, altro non •possedevano che il malcon– tento di aver combattuto invano •la prima guerra mondiale, il fanatismo per la rivoluzione russa ed dl proposito di farsi padroni della Sezione, incitati ed aizzati da organ,izzatori e politicanti farisei di scar– sissimo scrupolo e di ipari cultura •e preparazione politica, ma di somma ambizione, i quali assicuravano che -la rivoluzione era ormai giunta al dazio di città e che, per introdurla e deliziarcene, faceva mestieri scopar via u colllJ)agni anziani e barbogi che s'osti– navano a tenere in discredito ,ed a trattar di follia ,l'oratoria funambo!esca dei nuovi Isaia. che dove– vano approdare alla ... marcia su Roma. Qui, manco a dirlo, s'è vista al_lign~re e prospe– rare la malnata pianta del mass1mahsmo verboso ed inconcludente, esso pure invasato di spavalda fi– ducia nella rivoluzione imminente, sotto ,la guida di taluno che, poco tempo ,do,po, offriva i suoi servigi al duce, il quale non se,ppe che farne. Qui noi, beffati riformisti, vedevamo come nello specchio l'approssimarsi deJ precipizio. Le nostre parole, le •pr_oteste, i moniti non. u:ova".'ançi _eco. Ac– cadde l'inev1tabJle. Fummo tutti 1n-gh10t11h. Il fa– scismo s-e-minò il sale sui partiti e sulle organizza– zioni e travolse fedi e coscienze. Cospicua parte dei compagni del recente malaugurato reclutamento s•~ eclissò; a'.tra passò addiirittura nel fertiie campo d1 Agramante, mentre, è caro ripeterlo, il so_ciali~m~ locaJ.e ·continuò ad essere rappresentato dagl!.anhch1 compagni, quasi tutti social-democratici, sui quali piovver o nei vent'anni di dittatura minacce, am– mon.iz: i-oni, diffide, perquisizioni, arbitrii ed anghe– rie di ogni genere, ,e carcere. Nessun risveglio nei lunghi anni. Solo nel periodo clandestino pre,c-edente la liberazione s'ebbe sentore che qualcuno era vivo ed operante. Salvo rare ed onorate eccezioni trattavas,i- di individui scarsamen– te 'conosciuti, fuori dalla· vigilanza de1la auto_rilà, _che 1 ,perciò stesso, dis•ponevano · di una certa l1beria d1 movimento. A liberazione avvenuta, si fondava la nuo,va Sezio– ne. I compagni •della -Federazione ne diedero inca– rico ai socialisti della vecchJa- guardia, per la sem– plice ragione che altri •non conoscevano in grado di o.f.frire li titoli e le garanzie i-ndis,pensabili. La ressa del,l'iscrizione fu densa, tumultuosa. Ot– 'tocento adulti vennero accolti. In ,proporzioni ,più vaste ripetevas,i il fenomeno del 1919-2~. _Della dot: trina della storia degli uomini del Socia!Ismo e dei loro insegnamenti, si. notava, i:ion _senza rammarico, carenza assoluta fra ~ sopraggmnh. Ed a ,poche de• cine erano ridotti i supers~iti dell'antica .sezione, dei cui componenti parecchi erano passati a,l Co– munismo ,dove il fenomeno si verifica:'a in .P;OPç>r: zioni anche più larghe: circa due mila- glI iscritti e meno di una decina gli anziani, ex comunisti e transfughi dal Socialismo. · Se si chiedeva a questi ultimi quali erano staH i motivi della defezione, rispondevano che avevano maggior fretta di arrivare ... alla r,ivoluzione. ~on– fondevano il desiderio con la forza, non accorgen- · dosi ,che i,I maggior vigore delle bra~cia e delle gam– be non s'acquista col mutar della giacca o col met– tersi le scarpe nuove. Mi viene in m~nte, _in propo: sito l'osservazione del compianto Z1boi"d1: « Se v1 fos;e uno su mille. di quelli che. ~•empiono_ !a ?occa con la· parola nuova. che ,pa; pm forte, I;Jlll rivolu– zionaria, il qua,le sappia la differenza storica tra co– munismo e socialismo, si potrebbe trarne conf~rto per iJ livello della cultura politica del iproletariato italiano>, o Bianco · E senza un minimo di •cultura•, senza intensa vo– lontà di istruirsi, di sapere, il proletariato, che non è stato in grado di impedire cinque guerre e ·non sa ancor oggi imporre la sua pace, a torto si illude, ritenendosi atto a salire •al governo della nazione, e, quel che -più conta, a mantenervisi. Nella Sezione socia,lista, ecco, ancor previsto, il novello arrembaggio: i sopravvenuti, gli otto o nove decimi, insofferenti di esortazioni, di consigli, sug– geriti dai compagni forniti di esperienza. Si ascol– tano i più accesi, le parole p-iù concitate, i propo– siti più minacciosi. Infuria la smania dell'autorita– rismo. Si giunge a voler sciogliere il Comitato, la stessa Sezione. Si sente i.l b-isogno di disfarsi dei vecchi tacciati di tiepidi, di alleati della borghesia. Si. vuol conquistar.e ,il Comune e lo si regala ai de– mocristiani. E' il quadro, amplificato, di -cinque lu– stri or sono. La scissione a poco a poco diventa una necessità. E ancor una volta l'occasione di vincere una grande battaglia, quale si ,presentava due anni fa, tramonta a causa dell'arr:ivismo, dell'insipienza dei pochi e dell'ignoranza e credulità dei più. Non ho la ,pretesa di raccontar cose nuove, chè anzi sono persuaso che tutti i compagni le sappiano a menadito, per averne visto la fotografia Jngrandita o ridotta nelle proprie Sezioni. Solo dico che la ra– dice, la causa del nostro male, delle nostre delusioni risiede non già nei contrasti attuali _di teorie e dot– trine, -e nemmeno nella p:ù spiccata o più blanda malafede dei nuovi ca-pi e dirigenti. ma. ,precisa– mente, •nella impreparazione, nella ignoranza, gene– ratrice di sup_~rba, caparbia intolleranza di gran parte dei nostri -compagni di ieri, ch'è ,la prima ne– mica della ]jbertà ed è la peggiore delle povertà. Con essa nulla si. ,può costruire di durevole. Sempre di attualità i1 ,detto di Lamartine: « Quanto meno ha cognizion:i l'uomo, tanto ha maggiore volontà. Egl,i si appella a,lla violenza in tutto ciò che non gli è pos– sibile ottenere dalla -ragione. La tirannia è Jl razio– cinio della brutalità ». Nella sua burlesca epopea di Pantagruel, Rabelai~ racconta ,come il suo eroe, il cinico Panurgo, si vendichi del mercante di montoni che l'aveva in– giuriato. Gliene compera uno tra i più belli e lo getta in mare. Tutti gli altri montoni. imit~no e s~– guono il pnimo. Il mercante stesso ed I suoi aiutanti, cercando invano di trattenerli, periscono nelle onde. Non è questa forse la -pittura fedele di quanto ac– cade tuttora fra noi? Quakhe furbo e una moltitu– dine di seguaci. che si •presta al gioco e -corre a,l suo danno. _ Procur-iamo, ciascuno coi propri mezzi, -di foggia– re questa lanterna per la vita ch'è il conoscere e ri– •cordiamo il paradosso della cultura così ben inciso da Turati -« chi non l'ha e ,più ne bisognerebbe non ne avverte il bisogno ,e chi l'ha più si cuoce di aver– ne. Fare un popolo, rifare, comipciando dall'infanzia, gli uomini di un popolo; fare che essi possano farsi. L'uomo, r.ifatto da,l cervello, sentirà l'a:tezza della vtta e ne1 ris,petto di sè ;1 rispetto di lutti i suoi pari. Giustizia, ,lJbertà, democrazia sono meno che nulla finchè il proletariato non sia maturo a tra– dur!; in realtà ». GIUSEPPE AGNELLI 11111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111• La sovrabbo11dCIJl11Za di materiale ci cos,tringe a ri– mandare ancora la .pubbnicazione di vani articoli già composti. Tira eis,si sono l'ar/icO'lo dii Giulio Pierange– U, .che abbiamo aIU1uncialo nel fascicolo preceden– te, ed una replica dz U. Alfassfo G,imaldi al/a _rispo– sta data da G. Usellini nel n.. 18 della CrHica al suo articolo sul Federalismo eu!'opeo, apparso ne.I .n.. 17. Pubbli'cheremo entrambi gli articofz' n61 pros– ~imo numero.
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