Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 24 - 15 dicembre 1946
CRITICASOCIALE 409 èrrori del passato, e ricon'quistare le regi~ni del Sud alla Democrazia e al Socialismo, incominciando dalla Sicilia, do– ve il qualunquismo trionfa incontrastato. In Sici'.ia vi è un problema di contald:ni, di artigiani e di ceti medi più che di operai. Bisogna convincere i contadi– ni, che soltanto pregiudizi morali e inveterate abitudini di sècolare .servaggio legano agli agrari della D. C., a seguire nel Socialismo la somma dei loro veri interessi e delle loro nàturali aspirazioni. L'orientamento di queste masse agri-. èole verso movimenti reazionari di destra è solo i! segno di un disorientamento, dovuto alla subdola propaganda ca– pillare dei qualunquisti; di fronte a cui il Socialismo, o brilla per il suo assenteismo organizzativo, ovvero.: offre lo spettaco'.o rivoltante di federazioni e sezioni infeudate a cricche camorristiche e ridotte perciò a misere· arene, dove l'egoismo e là •faziosità imperano. Bisogna fare opera di risànamento politico, mandando ma 9 ari laggiù funzionari che siano gli interpreti delle fi– nalità supreme del Partito e non gli eredi di una mentalità paternalistica e feudale. A questa opera di risanamento e di rinnovata fiducia bi- · sogf\il accompagnare una organica, e non empirica, una con-. creta, e· non generica, conoscenza dei problemi tec.nici da risolvere_ II problema del latifondo co~ì come si cerca di affrontarlo sotto la spinta di preoccupazioni elettoralistiche si riduce in una polv,erizzazione di ricchezza che soddisfa solo contingéntemente la fame di terra dei contadini (pic- coli proprietari, mezzadri, braccianti). _ · Socializzare, sì, ma con neces-sario gradualismo;. se non v!lgliamo esasperare la reazione baronale, già in atto nelle organizzazioni del M. I. S., e se non vogliamo fare dei pazienti e laboriosi e tenaci contadini di Sicilia dei sancu– lotti ubriachi di sopruso e di arbitrio; se vogliamo invece vincere a poco a poco Ja naturale diffidenza dei coloni, alie– ni dalle radicali trasformazioni e, per ii timore di perdere quel poco che hanno, tratti a farsi iso1a a sè, con spirito tenacemente conservatore. ' Il latifondo siciliano è un grosso problema che non si risolve con una legislazione di emergenza. Neanche il fa– ,cismo che pure promc;tteva di affrontarlo. con la visione global~ de!le strade, dell'acqua, dellé prov vide nze igièniche è sanitarie, sarebbe riuscito. Non basta d ;i.te all'agricolto– re, che ha nel sangue la tradizione e ris ente di un invle– terato ahito di miseria e di precarietà, il trattore, l'abitazio– ne comoda, sia pure con la vasca da ·bagrto ed il lavab\o.' ~gl1 ricorrerà sempre agli antichi mezzi di lavoro, per quella istintiva dif!idènza verso g'.i strumenti complicati del progresso a cui non è stato abitpato e preparato, e nella vlrnca da bagno metterà magari il suo grano e i· su_oilegumi. Il· primo problema da risolvere è un problema di .educa– zièlhe alla tecnica agricola ed al decoro medio della vita. Create magari laggii;t ·delle fattorie tipo, mostrate alla _luce dei fatti i vantaggi che si possono trarre da una agncol– ttita lhtensiva e che si serve delle nuove macchine per una . JjÌu intensificata produzione, e la vostra Opera IJOgge·ràsul– l'adesione di questa generazione, sia pure con certe riserve rtientali, e darà i suoi immancabili frutti con la nuova ge- nerazione. ' · · Moltiplicate· le scuo'.e di tipo agrario, strappate all'anal– fabetismo le masse con la istituzione di scuole sera li e di Uhivers· tà popolari, aperte alla !uce del sapere indiscrimma– t-b e non asservite a determinate ideologie; promuovete i vfaggi istruttivi a carattere tecnico-scientifico: in una pa~ iola apr_ite le porte de'. mondo a un popol9 _che ha vasti t\b'rrtoni per respirare in tutte le correnti del progresso e d èlla civiltà l.ie considerazioni' fatte valgono anche per i medi ceti, c he n ell'Italia meridionale sono elemento determinante e forza non trascurabile. Ma qui il lavoro di penetrazione è più duro, come di chi opera su un terreno minato, avendo la propaganda avvelenata della reazione •fattò in questo set– tbrè la sua ·più abbondante messe. Certo la media e piccola borghesia, oggi, risente ·ancora di una pr-eoccupante atonia spirituale, acquisita nell'infausto ventennio, e sconta le conseguenze _di 11napseudocu 1 tura tut– ta superficie, che la porta a' giudizi sommari, all'accetta– tiohe facile ed orecchiabile di certi slogan reazionari, senza che i poteri liberi e sereni della. critica e della inte!ligenza delle cose sovvengano. Spettacolo rattristante dello scad1- rb~nto dei valori spirituali di una cla;;se che ha abdicato a una sua funzione purche_ssia e si f<!, strumento di. demago– glli ~ .di avventurieri politici. _ Ma v'è un'altra ragione che ha alienato il medio ceto dal Socialismo ed essa, non torna ad edificazione del nostro Pàrtito. Certi atteggiamenti massicci ed angolosi della fra– ~ione imperante nel Partito hanno mandato ,a vuoto lo sfor- 2ò fatto da Saragat e dagli « Amici di Critit:à. ·,.Socia e» per persuadere i ceti medi che essi sono parte del proleta- Bib 11 eca o B anco riato e hanno ad ogni modo con questo interessi solidali che il Socialismo saprà riconoscere e tutelare. Il cappio del patto di unità d'azione quale è interpretato-da Nenni e l'ul– tima sparata sua: - Tuttci il pot~re ai massimalfusionisti -:-, hanno finito per suscitare la più viva reazi·one di quella parte dei ceti medi che è più attaccata ai principi di dc;mol– crazia e rifugge dagli estremismi e dalle avventure perico- ~~ . . Perchè dunque non potrebbe il P. -S., tenendo conto del processo di proletarizzazione_ dei ceti medi cui aq:ennava– mo, chiamare a raccolta il vasto esercito dei lavoratori del braccio e del pensiero, senza irrigidirsi in una politica' ope– raista, che minaccia di isolare la classe operaia e farla bat– tere? Si rischia così di essere qualificati piccolo-borghesi e tra– ditori della causa del proletariato? Ma non un simile at– teggiamento, evidentemente suggerito dalla esigenza di una vera giustizia sociale, che dal ceto più tormentato, quello operaio, si estenè1a '.l tutte .le categorie di lavoratori e ìn questa totalità adempie veramente la sua funzione, è da tac– ciare di piccolo-borghese, sibbene l'a!tro dei va'ri Mirabeau passati al popol-o per servirsene al conseguimento di inc!ln– fessate facili posizioni di comando, pronti .ad abbandonar– lo forse domani alla reazione vittoriosa di nemici scaltriti · ed irritati pr,oprio a causa di questo temerario e inconsul– to atteggiamento di sfida, col so-!o risu 1 tato di far affogar'e l'annunçiato rivolgimento sociale -nell'antica beffa della con- trorivoluzione preventiva. · Perchè dichiarare guerra. ai ceti medi, questi strapazza– tissimi ceti medi, che tutti irridono e i-esping_ono,ma senza dei quali_- IO milioni di uomini -- pare che non si possa fare una politica-di effettiva maggioranza? . La Democrazia (e il S-ociali'smo è la più alta espressione di Democrazia) è la dimora di tutte le categorie del lavdr♦ che postulino la giustizia sociale al vertice di tutte lè li– bertà_ Se porremo questa alta verità a fondamento della nostra fede, dellà nostra passwne, della nostra sincera volontà di operare pel bene esclusivo dell'idea socialista e della P~ tria. noi opereremo in Sicilia con maggiori possibilità- di successo BRUNO ARCURtO Inmem.oria diPompeo Bettini « Possiamo noi imitarti sempre ' e non .dime_nticarìi mai»; con queste parole Filippo Tu.rati chiudeva il ne– crologio di Pompeo Bettini (« Critica Sociale», 1896 1 h. 24). In questi giorni ricorre il cinquantenario della su.a morte, ma pochi ormai ricordano il giovane socialista strappato all(i vita da un male che difficilmente perdona. Ed uno tra questi pochi vuol ricordarlo ai tanti dimentichi per suscitare in quelli che lo conobbero il ricordo di qu·egli– anni in cui cominciava a diffondersi rapidàmente- in Italia l'idea socialista, c_hetrovò appunto nel Bettini un fervenU di passione, che tale si mostra, più che nelle su.e liriche, in alcune su.e prose e · negli scritti .pubblicati in « Critica sociale». Uomo colto, poeta gentjle e delicato, non ha ancora avuto quel riconoscimento che gli spetterebbe. Tra i nostri critici. sol9 il Croce ha tentato di •dargli -il posta che merita nella storia della nostra recente letteratura: sin dal 1911 egli ha esaminato gli scritti del Bettini e vi ha notato un profondo alito qi poesia, e· sebbene il su.o giudizio abbia suscitato vivaci· dissensi, ta-nto che · qualcuno ha parlato perfino di « un caso Bettini », come di uno degli errori di critica estetica fatti dal Croce, que– sti, precisando la purezza della vena bettiniana; ha pub– blicato ·.nel 1942 una raccolta di poesie del Bettini, fa– cendola precedere da .un su.o nuovo saggio critico, in cui, sostanzialmente, conferma il giudizio che sul poeta aveva datQ oltre trenta anni prima. Io non conobbi il Bettini; lo conosco solo attraverso i suoi scritti,. che ce lo mostrano quale egli realmente fu: uomo di sentimenti delicati, trasfonde tutta la propria. delièatezza nei suoi versi, in cui aleggia quasi Sempre una visione pessimistica della vita, sebbene egli riesca talvolta a dimenticare la su.a triste esistenza e sappia cantare al?'amòre ed· alla .vita. Il pessimismo che si trova ne!la su.a poesià era la caratteristica essenziale del-la sua umanità, ed alcuni di quelli che lo conobbero e vivono ancora lo ricordano sempre taciturno e col pensiero tìolt. al « pas~are del prèsentè ». . · Amico fedele e dèvotò di Filippo Tu.rati, ent~ò "4!1 Partito Sòéialista tra i primissimi ed all'attività propa-
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=