Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 22 - 15 novembre 1946
372 CRITICA SOCiALE nel Sermone della montagna: ccBeati i poveri in ispi- rito, perchè di essi è il regno dei cieli»? , Padre Giuseppe Ricciotti, nella Vita di Gesù Cristo, dalla quale attingiamo le éitazioni so,i:ira indicate, spie.: ga in una nota: « I poveri sono gli ebraici anigjm, cioè· i ccmiserabili», i «meschini», sia per mancanza di so– stanze, sia per generica condizione sociale. Luca tralascia la precisazione di Matteo (poveri in ispirito ), per· la qua-· le la beatitudine è riserbata a quei poveri che accettino. questa loro condizione e ne sililno paghi nel loro spiri– to, mentre i forzati e i riluttanti non sono poveri in •ispt– rito » (1}. E' innegabile· che, mentre. si apriva il cuore alla spe– ranza in un premio ,nell'aldilà, si creava con quelle pa– role un « complesso di inferiorit.à », che, anzi, doveva· costituire quaggiù un merito per aspirare al premio. D'altro canto nei sudditi di Mammona l'invito alla· ri– nuncia ai loro beni, per diventare anch'essi dei J?OVeri,da ben pochi doveva essere accolto e solo ccDio opererà questo miracolo di fare che un ricco preferisca il tesoro lontano all'oro vicino» (2). · Quale ·eco ebber,o nei secoli quelle parole? Come fu– rono interp,retate ed intese? Quale influsso esercitarono e qual~ impronta lasciarono sulla condotta morale degli uomi:1l?• · ....,. Ben ,scarse di effetti pratici dobbiam cr-edere che esse· furono, nonostante le fngiunzioni, gli ~sempi e le reazioni. Nel tragico tramonto del IV secolo, in cui l'Impero di Roma ·veniva lentamente disfacendosi sotto l'urto barba– rico, e la società, nel vasto 'rimescolio di uomini ·e di istituzioni, sentiva il bisogno di tesaurizzare tutte ie sue capacità per la preparazione del domani, gruppi di individui parvero sentire come i popoli, istintivamente, il bisogno ,dopo periodi di sfrenata e folle dilapiftazione delle proprie energie fisiche e psichiche, di riacquistare nella contemplazione e nel riposo l'integrità delle riserve del proprio organismo depauperato (3). E un'ondata 'di ascetismo ver'i.uta dall'Oriente spinse nu– merosi ed eletti seguaci del Cristianesimo, come Giro– . !amo, ad abbandonare agiatezza, studi,· condizione socia– le, per rifugiai-si nella solitudine del deserto a pregare e ad espiare. Ma l'esempio non servì_ a nulla. Sette secoli dopo, la fresca vena di esemplare povertà scaturita dal sass.o 'di Assisi per opera del « Poverello >l e dei suoi fraticelli, creò una tradizione che ancor dura; ma ·quanto efficace sui sudditi di Mammona? _ 1 La Chiesa aveva condannato a pene severe chi dàl prestar capitali traeva lucro ad usura. -Ma quando il capitale, staccandosi dalla casa e dalla terra, acquistò la mobilità degli scambi e dei traffici, la Chiesa dovette •rinunciare a quelle sanzioni che ostacolavano l'espander– si del càpitalismo. E quando, nel secolo XVH la religione parve avesse perduto la sua_ efficacia sulla morale per non consistere essa più in un atto interiore meditato e· acconsentito,:_ ma nel culto esterno, in pratiche macchinali, nell'obbe– dienza passiva alle prescrizioni'- dei _preti, si vide, ·per opera di pensatori come i Socino, il Bayle, lo Spinoza, affermata, di fronte al dogma, la ragione che libera– mente esamina, critica e giudica nel _divino l'umano (4). E poco di poi, nel XVIH e, più ·.ancora, nel XIX secolo, sot~o. l'impulso delle forze scatenate dalla scien– za, a servizio di un ristretto numero di ,-,in\lividui che ne dispongono ad arbitrio per produrre in copia cre– scente beni di scambio utili ·alla comunità, si vide ac– centuarsi l'erroneo principio accettato dalla morale e dalla religione corrente per cui la misura dei valori umani era data da· un solo metro: la 'ricchezza; taJchè. più .era potente, -considerato e onorato chi più. possedeva di ricchezze acquisite, foss'anche, nell'istintiva cupidi– gia, con la frpde accertata e con lo sfruttamento spie– tato, pur mantenendo la coscienza sotto l'usbergo della ·professata pratica religiosa,..cmentre il diseredato, il pro– letario continuava a sentirsi, jn ·confronto. dell'arricchi– to, sempre più misero e miserabile e rassegnato e ·con– vinto cl;le quella era la sorte predestinatagli e che nien– te e- nessuno avrebbe potuto fare che non fosse. _ ' E così radicati erano quei convincimenti che, ancor oggi, il · prestigio del ricco persiste ammirato e invidia– to in larghi strati della popolazione alla· pari del « tanto · per me andrà sempre così», ripetuto, come un dispe- · (1) GIUSEPPE R1cc10TT1, Vita di Gesù Cristo, p. 380, n. 1. (2) R,1cCIOTTI, op. cit. p. 575. (3) ERNESTOBuoNAIUTI, Il bando cristiano ed alcuni suoi in- terpreti, p. 130. . ('1) PAUL HAZARD, La crisi della coscienza _europea. BibliotecaGino Bianco rato ritornello, da chi non ha che le proprie braccia da affittare a giornata. Cosicchè norr è errone9 affermare che il principio della Legge ebraica contro cui .osò er– gersi il Cristo è tuttora vivo ed operante: Dunque, forze più potenti delle massime evangeliche, delle prescrizioni e delle condanne della Chiesa, hanno agito -nei due millenni per consentire ai ricchi di di– ventare sempre più ricchi e ai poveri relativamente sempre più poveri, finchè l'incanto fu rotto dal ccProle– tari di tutti i paesi, unitevi»! Ed ecco perchè la definizione che della religione han– no dato così il Marx come il Lenin, che essa è l'oppio dei popoli, anzichè voler essere ingiuriosa e falsa è· un sem– plice accertamento di fatto, .perchè, c.ercando in essa un lenimento alle pene di ogni giorno con la speranza di un compenso nell'aldilà, i proletari continuavano a ·gia– cere immoti nell'inerzia e nell'ignavia rassegnata. Percj:iè fossero operanti le massime evangeliche, bi– sognava che parallelamente si verificasse una trasfor– mazione del congegno economico, che tramutasse lo spi– rito di concorrenza per l'arricchimento individuale, qua– le impronta di sè la morale corren~, in uno spiri~o di solidale operosità per il ·benessere dell'intera comu– nità. Oggi, anche le Chiese riconoscono la necessità del– la mutazione del congegno capitalistico, ma fin dove? Il socialismo, certo, conviene nella necessità di pre– dicare e praticare .il distacco dalle ricchezze, dai piaceri e dagli onori, ma ciò sarà possibile soltanto quando ap– parirà chiaro che il principio del produrre per l'arric– chimento· individuale è dannoso alla società ed ai sin– goli; che la misura- del valore e della dignità degli uo– mini non è il possedere terre,. fòndaci e. ori, ma è il sapere; che la massima soddisfazione che l'uomo possa ottenere nella vita è quella di sviluppare al più alto gra– do le proprie facoltà native, applicando · le energie di cui dispone · nel 'lavoro personale ·e nel godimento dei suoi risultati; che là gioia vera no'n è data dai frutti dell'égoismo ma dalla spontanea ·dedizione di sè per il bene altrui; e che la felicità non consiste nell'appaga– mento delle passioni, e neppure· nella rinuncià a tutti i piaceri di questo mondo in attesa di un paradiso che le varie religioni si compiacciono di prospettare in una forma o nell'altra,_ma consiste nella conoscenza del vero, nell'adesione alle leggi dell'ordine universale e netla coscienza di attuarlo nel · proprio essere particolare (5). Sull'influsso di alcuni dei precetti morali che il Van– gelo cl ha trasméssi, che stanno alla radice della co– scienza dell'uomo, e che ,noi accettiamo come verità palmari e consolatrici, sia attraverso una fede religiosa oltremondana sinceraménte professata - e perciò ri– spettata - sia attraverso i .dettati della ragione non meno ·efficaci della religione per ·una condotta virtuosa e per l'obbedienza alle leggi 1dell'onore, specie in questo periodo di trapasso turbinoso e calamitoso, in: cui tutti i freni imoosti dall'educazione all'istinto sembrano ret– ti, e ila cui, ner mantenere la convivenza umana, nuovi rapporti e vin.coli morali dovranno essere stabiliti fra gli uomini come fra i pòpoli, ci sarebbe da discorrere a lungo e in concreto. _ Ad una cortdiziòne però, se si vuol concludere: che non si disgiung!l, la moralità dalla realtà. Alessandro Schiavi -POSTILLA Ancora una chiosa è necessaria per l'interpretazione del versetto « Beati i poveri in ispirito », e la troviamo nella Enciclica Divini Redemp•toris di Papa Pio XI, quando dice a tal proposito: Oltre che i ricchi, « anche i poveri, a lor volta~ pur ado– perandosi secondo le leggi della carità e della giustizia •a provv~dersi del necess8.rio e anche a...mig1iorare la loro coil– diziolle, devono sempre TEilanere es,si pure "poveri di spi– rito"·, stimand·o più i beni spir.ituali 1 che i bèni e godimenti terreni. Si ricordino poì che non si riuscirà mai a fare scom– parire dal. mondo le miserie, i dolori, i'e tribolazioni; alle quali sono soggetti anche quelli che nell'apparenza sembrano più forfonati. E, quindi per tutti è necessaria la pazienza quella pazienza- cristian~ che •solleva il cuore 'alle divin~ promesse di una 'felicità eterna» (6). . Pazienza che è sorella di ras'Segnazione. « Non rivolte, ma -.. collaborazione, nell'accettazione del principio ·delle inevita– bili ma ragionevoli. differenze sociali, delle· categorie sociali e nella-rassegnazione e:! proprio posto una volta conseguitJ quella giustizia sociale a cui il -lavoro' ha diritto come -fonte (5) SPI!'.<OZA_ in PAUL HAZArRD cit. p. 150. (6) Le Encicliche sociali,· p. 444 (Ed. Studium - Roma).
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=