Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 21 - 1 novembre 1946

CRITIGA,SOCIALE 349· po di staccarci sempre più dai comùnisti), giacèhè evitlen– temente, in una situazione come quella che traversiamo, il partito socialista non sta ·al governo per compiere )_'ingrata e sterile fatica del mediatore, si è andata manifestando la tendenza, tra democristiani e comunisti, a ricattarsi a- vi– _cenda, sommamente p•règiudizievole ali' efficienza del go- vemo. . Difetta quindi quella relativa uni-tà 1 politica che· deve so– vrastare ad un governo di coalizione. Per di più. specie nella Democrazia Cristiana, impacciano ·una sincera co:Ia– bòrazione le. preoccupazioni elettoralistiche per il doman1, specie di fronte alle tc:ontraqittorie reazioni o, per- lo ineno, alle· contrastanti inquietudini di un partito fondato su una così equivoca e ~oco omogenea bàs'e sociale-. - E difetta ancor più una visione ·organica dei problemi e delle loro soluzioni atta a sorreggere un comune piano di azione di governo, çhe de! concordato programma rappre– senti· la quotidiana e· continuativa volontà e capacità di rea– lizzazione. Anche sotto questo aspetto le maggiori respon· sabilità le: porta la Democrazia Cristiana. E' smania di una– nimità di consensi ·(e in particolare del favore delle de– stre), impossibile in problemi che· comportano sacrifici, e necessariamente -il sacrificio degli abbienti. E' riluttanza a toccare ò compro·m·ettere interessi ·costituiti: e quando non è esplicito conservatoris!1J.o, è quanto meno· evasione· da ogni azione riso\utà e drastica. E' un'ottimistica persuasio– ne che, con· l'andare del tempo, i problemi si sdramm;i.tiz– zano e si deflazionano, sino· al punto in cui riesce facile in– ·capsularli in qualche compromesso che in qualche modo - li accomodi, innovando e turbando il meno possibile. E' una velléità di sedare e mortificare i coiitra_sti,-magari col non prenderli mai di petto (salvo aprire. troppo tardi g).i oc– chi, come per i fatti del Viminale), pér. cercar di padroneg– giarli sia con un provvido paternalismo, sia· ton solÙzioni - conciliative da cui' non sono esenti nostalgie corporative. E', infine tentativo di mettere lo, s-mòccolatoio a tutte le riven– dicazioni popolari, specie se patrocinate dai partiti d'i sini– stra, sbarrandò la via ad ogni più energica inziativa che questi osa~s~ro. . . · . ,- : . . Problematica s1tuaz10ne, qumd\, aggravata poi dal fatto che i\. governo è' oberato dàll'irripdnentè lavoro. legislativo e che contrasti o deficienze non trovano naturale sede di di– scussione e di critica in urt'assemblea parlàmenta:re_ E' una situazione impostata sin da principio su un'insufficiente cliiarezza di fini e d1 metodi e che, richiede una continua diiarificàziorte politica, il cui peso ricade quasi esclusiva– mente sul nostro partito (che rion sempre lo ha fatto o, al– meno, lo ha fàttb bene). L'asp,etto tecnico del tripa,rtiti.smo Ma-oltre il preminente aspetto politico c'è l'aspetto tec– nico. Una così laboriosa e poco omogenea compagine gover– nativa richiede di ess ere seguita, vigilata, coordinata non sol:o in rapporto al.la situazione presente, ma agli sviluppi futuri, dall'opera con tinuativa ed. assidùa del Presidente. Se, ·com'era sino a· pochi ·giorni fa, questi associa alla già assorbente fatica della presidenza l'interim degli Interni e degli Esteri, la presidenza della nostra delegazione a Pari– gi; la direzione del proprio partito, non può non verificarsi una carenza dell_'organo che dovrebbe imprimere al gover– no funzioni unitarie . .E lasciamo da parte la quesnone se Dé ('.;asperi, a cui riconosciamo il merito della serietà e del– l'impegno, abbia la tempra e là mentalità più adatte per svolgere consimile compito, non ,soìo con lealtà, ma con aderenza a quel' fine di realizzazione· di un avviamento dee mocratico, a cui dovrebbe essere impegnato il_suo_governo. Accanto ai problemi· dì ordinaria amministrazione, che oghi mini_stro esplica nell'ambito del suo dicastero, vj sono· problemi di portata più· generale, che -non si- possono la-· sciare alla perizia tecnica od alla sagacia politica• dei sin· goli ministri, se non si vuol veder).i aggrovigli,ati da solu– zioni parziali e contradittorie o da sdoppiamenti 1eleteri o da conflitti di poteri: Su qu(;!sti problemi è .il governo nel suo complesso. che deve prendere solidali deliberazioni e tracciare in~modo organicò e coerente la soluzione più ef– ficiente e prol)ta. Specie quando sul governo si rove~ciano richieste di flgnì genere e di ogni categoria, che tutte si ri– solvono J?Òi in erogazione di altri fondi, un "piano coordi– nato, preciso, itiderogabile si impone. Ma (e questo è do– vere soprattutto nostro) i problèmi bisogna affrontarli, pre– venrrli e risolverli organicamente: e non contar troppo nè sulla Divina Provvidenza, nè sugli espedienti del caso per caso, nè sul fatto che i problemi si sgo_nfiano (e invece -in– cancreniscono) da sè. per virtù naturale di assestamento. . Bisogna infine lamentare il divario, aggravato dalla man– can:.a di controU.o parlamentare, tra governo e partiti che Biblioeca G no Bianco sono al governo. Gli uomini che sono al governo in rap– presentanza dei partiti si sentono (conie qualche sera fa ci confessava il nostro Morandi) isolati dal partito. Sia pure in nome e qell'interesse di questo, f_announa polftica perso– nale. a loro esclusivo criterio, spesso ignorata dal partito stesso. E' giusto ed è neèessario che le direzioni o altri ap– positi organi, çon carattere sei;nipermanente, determinin9, eon deliberazione. collettiva; la linea che deve seguire ogni rappresentante di partito al governo, quanto meno sui fon" <lamentali problemi. II prest;gio, l'autorità e l'efficienza di ogni ministro saranno indubbiamente rafforzati dal senti– re il J?roprio partito dietro di sè._D'altra parte è proprio di un governo tripartitico l'impegnare la responsabilità di cia– scun paTtito che vi partecipa, e non soltanto degli uomini che questo ha fatto insediare in un dicastero. I)_ che la– scia pensare che i difficili equr.ibri di governo non dovreb– bero restare argomento dei soli ministri, ma investire con piena responsabilità le direzioni dei partiti, singolarmente o collegialmente. La chiarificazione politka ne verrebbe forse agevolata. -Questa è la .non· lieta, è la problematica realtà del go– verno · tripartitico, che dobbiamo affrontare con la piena consapevolezza ·dei suoi limiti, delle sue deficiénze ed anche _ dei suoi rischi. per quella che può e deve essere la nostra opera per la democrazia ed il socialismo. Da questo faticoso e pesante sistema bisogna puntare ad uscire. E poichè- non è una soluzione, ma un frettoloso e sentimentalistico impulso, l'abbandonare il governo, il pro– blema diventa• quello, assolutamente politico, inerente ad ogni democrazia : la conquista della maggioranza. GIULIANO PISCHEL La lotta -contro ladisoccupazion . La politica dei l(JIIJori pubblici. · · I gra.vi fatti di Roma, del 9 ottobre u. s., in cui una pa-. cifica dimostrazione di -operai messi sul lastrico si trasfor– mò in una vera battaglia tra i dimostranti e la forza pub– blica posta a guardia del Viminale, con morti e feriti, do– vrebbero avere aperto gli. occhi a ·coloro che si ostinano a credere ✓che i lavori pubblici sieno una panacea contro le crisi di disoccupazione. Nulla ha insegnato il regime fa– scista, cui nessuno potrà· rimproverare di non aver fatto una po!itica di lavori pubblici. Nella sua megalomania il duce credeva non soltanto di far cessare l'emigrazione coi lavori pubblici, ma benanco di richiamai-e in patria gli Ita– liani residenti stabilmente all'estero. II risultato fu ch'e, nonostante !:abbondante impiego di mano· d'opera all'inter– no per la, preparazione b'ellica, l'emigrazione continnò come prima. - _ · Anche il Presidente del Consiglio on. Alcide De Gaspe– ri, esponendo il programma del· Governo nella tornata del– la· Costituente del 15 luglio 1946, ha -detto. essere intenzione del suo Governo di « equilibrare i bisogni del bilanciò con un vasto programma di lavori pubblici». Bisogna ricono– scere che l'on. De Gas peri non -si è sbilanciato tr.o'ppo nel toccare· questo argomento, per ,quanto abbia lasciato coin· prendere che anche lui crede di poter alleggerire il bilan.: cio degli oneri di emergenza, cioè estinguere o attenuare– la disoccupazione, mediante i lavori pubblici. Ora· su questo bisognerebbe una buona volta intenderci. Noi non siamo contrari ad un vasto programma di lavori pubblici, purchè. naturalmente, i lavori pubblici siano volti a potenziare la produzione dei b-e_nidi consumo. Per noi, anzi, questo è uno stretto dovere per un governo che sfa l'espressione delle cl.assi pover-e. Ciò che· non .possiamo am– mett>'"e è che si faccia credere· che i lavori pubblici siano il toccasana delle disoccupazioni' acute, ecce-zionali, quale que!la che oggi affligge l'Italia. _ _ Nelle· condizioni presenti del nostro Paese lo Stato iion avrebbe neppure bisogno di fare d_eipiani per l'ìntensifica– zione dei lavori pubblici, perchè , pur troppo, .le rustruzioni . causate dalla guerra costringono g.ià le pubbliche ammini– stì'azioni a mettere mano ai lavori più urgenti. E se, ciò malgrado. i lavori di ricostruzion·e vanno a rilento, è per– chè non possono andare più speditamente. Ciò basterebbe a dare la dimostrazione che un vasto programma di lavori· pubblici non si improvvisa e, soprattutto, non si ·applica in un fia.t. Nei periodi di prosperità economica, quando cioè la di– soccupazione operaia è dovuta alla saturazione dei mer– cati, è possibile ed opportuno che lo Stato e le pubbliche amministrazioni intensifichino l'esecuzione di 9père che ac– crescono .i beni strumentali, mentre non è a_ltrettanto facile

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