Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 21 - 1 novembre 1946

CRITICASOèIAI!'.E GUAI DEL GOVERNO·TRIPARTITICO Della gravità della situazione, dell'aggrovigliarsi dei pro· blemi insoluti, della depressione jn cui ci dibattiamo, gli Italiani sono portati ad attribuire tutta la responsabilità al governo. Anzi, per la sua composizi·one prima ancora che per il. suo operato, allo specifico governo a struttura tripartitic,a, conseguito alle elezioni del 2 giugno. Non c'è invero bisogno di dimostrare quanto di semplicistico e di arbTtrario vi sia in questo stato d'animo, anche quando non c'entrano deliberata ostilità, manovra di·sfattistica o calcolato sabotaggio. Nè occorre delucidare come questo stato d'animo non tenga conto nè della situazione in cui deve opérare il governo. nè della limitata possibilità dei suoi interventi, nè della inadeguatezza o insufficiente ri– spondenza dei mezzi e degli strumenti; in qual modo esso riveli, residuato di un quarto di secolo di fascismo, una meritalità tra passiva e malevola, tra postulantistica e anar– coide tra protestataria e conformista, che attende e recla– ma_ dall'alto impulsi e rimedi, iniziative ed «istruzioni»; incentivi e sussidi; sino a qual punto esso ignori gli òsta– coli .frapppsti all'azione di governo da in'teressi conserva- . tori o a:ùàirittura reazionari. E' innegabile tuttavia che il sistema tripartitico di gO"' verno dimostra un'assai scarsa 'efficienza: cosa che rischia di compromettere una democrazia ancora in divenire ed in lento consolidamento; e cosa tanto più pericolosa, in quanto a questo governo partecipano tutti e quei soli par– titi su cui la democrazia italiana può fare affidamento, di modo che un fallimento della loro esperienza di go~erno rappresentereb,be, con incalcolabili · conseguenze, un impli- cito fallimento della stessa democrazia. - Non certo prerogativa del nostro Paese, il problema del governo tripartitico va considerato sotto il duplice aspetto politico e tecnico, anche se poi questi due aspetti si•presen· tino tra loro interferenti.~ · Quella di imporre governi di coalizione è· una non ins·o· _ lita (benchè non necessaria) consègue.nza della proporzio– nale. Al pregio, che Io rende difficilmente sostituibile, di rispecchiare con la maggiore esattezza la ripartizione del!e forze politiche, questo sistem_a cont'rappone il difetto di rendere difficile· la formazione di una· spiccata e solida maggioranza a fav,pre di un partito, . al quale consenta quindi di assumere da solo tutta la responsabilità_ di go– verno. E'. tipica di ·questo dopoguerra· una posizione- di re– lativo equilibrio fra i tre grandi partiti di massa, nessuno dei quali pertanto è sufficientemente forte e autorevole per esercitare i.l. governo da solo. Sia per la stabilità, sia per l'erficienza, · sia per il' credito di cui_il governo abbisogna, lo stesso partito che si troya in prevalenza numerica ha bisogno d'istituire una compartecipazione al governo degli altri .due partiti, . Ciò sig:nifica, naturalmenre, necessità di compromessi. Occorre determinare' qµella che può essere una base comu· ne e concordata d'azione, ossia un· comune programma. di governo. Ma questò importa che, per quanto riguarda· l'o- · péra di governo, ciasèun partito deve rinunciare ad espli– carvi tutto il suo programma, tutto H suo potenziale di ri~ vP.ndicazioni o di realizzazioni. Va poi considerato che un programma .di·governo è cosa statica, e inevitabilmerite generica. La effettiva azione di governo è invece dinamica, concretazione, realizzazione, E' un quotidiano e continuativo operar,e: un operare 'su situa– zioni mutevoli, con mutevoli difficoltà, per obbiettivi che anch'essi mutano o si spostano. E inevitabilmente mutano le valutazioni e J,e reazioni degli stessi partiti al governo e dei loro esponenti ministeriali, non certo nel sen so di una maggiore coesione. Ciò, sia perchè ci si vedono tram, uta.re le stesse condizioni in base alle quali s•i era accettata la partecipazione al governo, sia perchè ciascun partitù preìne inevitabilmente sugli altri per strappare una preminenza o 'per dare comunque un proprio impulso a questa 1zione in divenire. Questa la ragione per cui i' governi di coalizio· ne sono di per sè difficili, lab-::,riosi ed instabili. E tanto più, naturalmente, quanto maggiote è il divario tra i partiti· che li ccimpòngono • Già su ·questo punto· bisognerebbe soffermarsi. Anche ·volendo ammettere una pari lealtà ~el mirare al :onsolida– mento dello Stato ed all'efficienza di governo, non sembra nè che il concordato programma di governo sia promauato d,i.1Jna fattiva, ,organic:i, e, 1Jnivoca volont~ comune, ch;i alla • d:i;ter _minazi.on,e deg;i_obli,iettivi as's,o:c,i quella d 1 i, ~1et6,c:\1 per rea.li~ zarli, nè che quella ,,che, tropp_ç a~sc;m~i,gl_m a1 ,tn,t' eoab 1tazione coatta al governo (con tutto uno strasc,co · eh BiblioteçaGin·oBianco bisticci, di dispetti, di urti, di prevaricazioni, di usurpa.i:io– ni, di ricatti) sappia ancora tradursi in solidale collabora– zione _in-una coerente dinamica di governo: La nosÙa partecipazione al governo• Queste difficoltà, comuni ad ogni gov,erno di coalizione, sono poi venute aggravandosi per il fatto storico che i partiti socialista e comunista sono diventati partiti di go-· verno da partiti che erano. tradizi'Onalmente, d'opposizione. C'è chi lamenta che, ligi alla mentalità del passato,.noi non abbiamo a ·sufficienza acquisita quel).a che, pel più eletto vocabolario ·politico, si chiama « vocazione di governo». E ben può darsi che, nelle nostre file, magari in posti emi, nenti, ci sia chi dimentica quanto acutamente osservava ne'! discorso di Canzo il Presidente del Partito: e cioè che al· tra casa è partecipare al governo ed altra essere a) P.Otère. Ma, .d'altro canto, gli altri, e la Democrazia Cristiana in primo luogo, non devono dimenticare che la nostra com~ partecipazione .al gov_erno non ha in sè nulla di fatale, .di necessario, di prestabilito, ma si pone con precise ed .inde– rogabili condizioni. Siamo al governo solo perçhè siamo persu_asi di traversare una fase di laborioso trapasso, che non è ancora avvento di una società socialista, ma è già impossibilità di ·convivere sulle frananti e scompigliate ba· si del!'ordine borghese, specie come venne inteso nel no– stro Paese (assoggettamento di lavoratori e. consumatori, incentivi e sussidi governativi all'industria, protezionismo_ doganale, sacrificio del Mezzogiorno, ecc.). E noi, noi so– cialisti soprattutto, dobbiamo non solo impedirne .una re-· staurazione, che avrebbe nome•e sostanza di reazione, ma attuare quant.o può essere avviamento, premessa e Princi– pio dell'ordine nuovo, che al beneficio particolaristico cj.i, singoli ~ostituisce l'utilità collettiva. Siamo al governo per– cfiè riteniamo che ·gli interessi ·della dasse. lavoratrice, d;i. cui .muoviamo, siano solidali con l'interesse della colletti– vità. Più specificamente, perseguiamo ùna,ricostruzione. eco– nomica che non soggiaccia ad- antichi e recenti privilègi, a dissanguatori pa-ras~itisnii, a vessatori monopolismi, ed una politica dei consumi non esposta a sperperi, a jugtila– menti speculatorii ed alla tradizionale. compressione del li– vello di vita delle classi più disagiate. Siamo al governo, infine, perchè sappiamo che solo in seguito a profonde tra~ sformazioni di struttura dello Stato e della società. (che non si possono attendere dalla sanzione meramente giuridi– ca della Costituente) la democr_?.zia italiana potrà sperare di prender vita. Se queste esigenze ùmlle quali· transa– zioni o rinuncie non sono possilJili, perchè esse implicano la · nostra stessa ragion d'essere) riescono praticamente' irrea– lizzabili per il governo, la nostfa stessa partecipazione a« esso diventa -innaturale. Ora fa Democrazia Cristiana, perno della combinazio– ne di governo, ha· avvertito che còri l'esclusione di sociali– sti. e comunisti ogni realizzazione democratica in Italia sa– rebbe impoSsibilè.. Le fosse anche balenato il proposito di rompere con essi, specie coi comunisti, e di governare da sola (ma ciò. é:omp·ortava troppo smaccatamente il procac– èiarsi il favore delle destre), ha dovuto recedere ·ed im– barcarli al governo .. Ma Io ha fatto controv.oglia, çein trop· - pe ris·erve mentali, sénza vo.!_ontà·di una realizzatrice ed attivistica collaborazione, preoccupandosi di marcare in ogni occasione (a' cominciare daila d"istribuzione · dei portafogli~ la propria preminenza• e la propria autorità direttiva. Po– co o nçssun conto si è resa della necessità di risolvere i 1 pi,ù assillanti· problemi itr f.unzione di ~alvare la possibjlità di un regime popolare.· Ancor meno_delle ragioni e condi– , zioni che motivano la .nostra permanenza al governo. La ·partecipazione dei due partiti di sinistra al governo è anzi intesa dalla Democrazia Cr'istiana ·in connessione con una · strategia politica che fa, più o meno consapevolmente. il gioco delle destre: non sòlo si spera di eliminaTne il te– mibi!e mordent_e con l'offrire loro una posizione governati– va, ma si conta molto sul logoramento politico e morale (e soprattutto sul distacco· dallà <<.base»)che deriva dal con· dividere responsabilità di •governo. La stessa insofferenza democristiana alle critiche che inevitàbilmente vengono ele– .vate alla,insufficiente azione di gove'rno, scopre sin troppo questo intento, Particolarmente aspro (ma per finalità che vanno oltre là politica di governo) è il contrasto democri- . stiano-comunistà. Fallita l'i)Jusione d1e il nostro partitit ··aves~e ad assumersi un permanente c0mpito di rlilediazionè tra i due (e con ciò da' parté. democristiana evidentemente si sperava di attenuare. la n_ostra pressione, ed in pari tem-

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