Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 21 - 1 novembre 1946

CRITICA SOCIALE 351 PERUNPIANO INTERNAZIONALE DIOCCUPAZIONE Tesi() dellè dichiarazioni del compagno on. Tremelloni, alla Conferenza Internazionale del Lav·oro- - M-ontreal, set- tembr~ 1946. · · Dopo 21 anni di assenza sono particolarmente lieto ed onorato _di partecipare alla 29• sessione çlell'Organizzazio– ne Internazionale del Lavoro, dalla quale fui costretto ad allontanarmi nel 1925, in ragione del:a lunga parentesi fa· scista. Vi porto anche il cordiale saluto del Ministro del Lavoro,· D'Aragona, che ricorda con affettuosa simpatia questo consesso, al qual'e avrebbe volentieri partecipato se non fosse stato trattenuto a Roma da pressanti impegni di Governo. Mai, come in questo momento. il popolo italiano guardò con tanto ansioso interessamento l'Organizzazione Interna~ zionale del Lavoro, e mai come ora comprese la fonda– mentale .importanza del suo compito, la forza del suo pream– bolo costituzionale, dove la pace universale è condizionata alle premesse· della giustizia sociale. La nuova democrazia italiana ha di fronte a sè incommensurabili problemi che non possono e non debbono essere riso!ti con i criteri che· dominarono durante la dittatura, ma che rimarrebbero ir– risoluti se alla buona volontà degli Italiani, non si associas– se la buona volontà di tutti gli altri Paesi del mondo. Non per sollecitare da voi questa buona volontà, che non ha certo bisogno di essere stimoJata, io parlo; ma per sotto• linearvi le condizioni necessarie e sufficienti onde la strada verso l'inserimento progressivo nella demoérazia mondiale sia aperta, e ben aperta, anche per l'Italia. Le tristi condizioni à.ell' Italia. r;,al periodo ultravent~nnale del fascismo, e da un de– cennio di politica autarchica e di guerra !.'Italia è uscita dis- sanguata. . Ai danni morali del regime totalitario, di cui il popolo italiano fu vittima, si aggiunsero danni materiali ingentis· simi, che feçero precipitare il suo già bassissimo tenore di" vita. Un terzo del patrimonio nazionale si è volatilizzato; il reddito nazionale si è ridotto all'incirca alla, metà, per in• dividuo, di q1c1ellode.I. 1913, facendo retrocederè il. Paese, economicamente, di almeno mezzo secolo. ' - _ Oggi il reddito medio degli Italiani non supera i 130 dollari annui, cioè un terzo di dollaro al giorno, calcolando il dollaro al cambio ufficiale di 225 lire. Se si prende a base del calcolo il cambio libero, ogni italiano può contare sù un reddito medio giornaliero pari a 15 cents. di dollaro! La ricchezza nazionale è scesa a un migliaio di dollari per abitante. La deficienza di patrimonio edilizio è tale che il Paese non può dignitosamente ospitare che meno di due térzi dei propri abitanti. Non si è riusciti a sottrarre all'a– nalfabetismo che i quattro. quinti della popolazione più do– tati di ricca intelligenza naturale e di doti ohe moltipli– cherebbero l'efficienza produttiva degli italiani, se adegua– tamente educate. La democrazia italiana ha dovuto racco– gliere I.a triste eredità senza beneficio d'inventario. Nel 1945-46 la disponibilità di derrate alimentari per abi– tante è stata in Italia di 1700 calorie giornaliere. ma in. questa media entrano II milioni di produttori agricoli che hanno fruito di almeri'o 2500 calorie, mentre ai lavoratori industriali non restarono che 1300 calorie giornaliere. Ciò, evidentemente, è ben lontano da.'.l'assicurare ai lavoratori le energie· fisiche Q!!Cessarie ad .un'·opera produttiva intensa ·qua– l'è quella che la ricostruzione richiede. E bisogna notare che nel 1945-46 questo fabbisogno minimo di alimenti non avrebbe potuto essere assicurato senza il generoso inter– vento dell'UNRRA. La nostra industria lavora ancora in media con un ritmo che è poco più della metà del ritmo antebellico, e i rendi– menti individuali si sono abbassati man mano che. le esi– genze alimentari erano più scarsamente soddisfatte. Paese quasi privo di materie prime e di combustibili, con una rete di trasporti che la guerra di~trusse a metà, con un naviglio marittimo contratto a un decimo di quello an– tebellico, con· un'ossatura industriale adattatasi, in lunghi periodi, ad· una artificiosa autosufficienza, con un'agricol– tura assetata di opere edilizie e di strumenti moderni, l'I– talia ha una struttura economica che la predispone forte– mente - come si direbbe in linguaggio medico - ai re– gimi totalitari. La sproporzione fortissima tra risorse e braccia umane, tra capitali e uomini, la palese impossibilità della I creazione di risparmio nazionale che basti a colina re •questo abisso, è problema che l'Italia sente gravissimo fin dalla sua .unità naziona1e. ma che oggi si è acutizzato spa- nCO ~modicamente. Occorre agire perchè non sorgano motivi éhe consentano di giustificare le fol!i soluzioni di· ieri, per– chè altrimenti saremmo noi a mettere indietro ·'le lancette dell'orologio, illudendoci di ave.r cambiato l'ora. Io faccio appello non soltanto ai Governi, ma anche alle masse la· voratrici di tutti i Paesi, perchè ponderino il pericolo in– sito in questa situazione. La persistente contrazione del reddito medio degli Italia– ni è dovuta alla faticosa riconversione, ai danni dell'infla– zione monetaria, alla impossibi.'e ricostruzione per defi– cienza di capitali, alla esigenza di applicare il lavoro uma– no a produzioni sempre meno produttive. Ciò causa' a 'sua volta condizioni psicologiche dr insoddisfazione che - ac– canto al depauperamento fisico degli uomini - ingenerano successive diminuzioni del rendimento individuale. Ci av– viciniamo. in Italia, ad avere un quarto dei lavoratori in– dustriali di soccupati, m entre aumentano, coi rimpatri dei reduc,i e dei prigionie.ri, gli individui senza lavoro. Dare oc– cupazione a questi mili oni di uomini inoperosi significa po· ter contare su almeno 4 mila miliardi di dollari di capitali . da investire nel prossimo quadrienni·o. Solo in tal modo po– trà 'essere ripristinato, non il tenor di vita cui nelle attuali condizioni del mondo ogni uomo avrebbe diritto, ma alme– no il livello di esistenza medio del 1938_ L'Italia - come. molti altri Paesi europei - . non potrà elevare il suo miserrimo tenor di vita se non saranno assi– curate le condizioni essenziali di questo suo ingresso con· creto nella vita economica mondiale Quel che s; è fatto e quel che resta da fare. \ Molto è stato già fatto - e io sono. interprete qui della riconoscenza degli Italiani per gli aiuti provvidi forni– ti dai paesi dell'O.N.U. -, ma moltissimo rimane da fare, con quello spirito solidaristico ·di cui la democrazia inter– nazionale darà prova. e di cui l'Organizzazione Internazio• nale del Lavoro è uno dei più -mcaci strumenti. Occorre che un piano internazionale di occupazione sia predisposto, te– nendo conto de;Je forze di lavoro e delle risorse disponi– bili; e che questo piano sia attuato eliminand·o tutti i mo· tivi nazionalistici che vi si Qppongono. Questa è la condizio– ne essenziale perchè il mondo non si avvii ad una nuova guerra mondiale, ma per taluni Paesi è anche la condizio– ne per sottrarli al suicidio .o alla disperazione o ad una av– vilente rassegnazione. Non è . pensabile che alcuni Paesi possano essere chiamati responsabi!i degli errori di cqi furono vittime inconsapevoli, e il mopdo possa essere di– viso in due zone, l'una che deve espiare le colpe di pochi individui e l'altra che deve far espiare la prima. N·on è pern;abile che possano deliberatamente stabilirsi delle zone di ristagno obbligato, dove la malaria attecchirebbe ben presto per stendere le sue ali maligne anche sui luoghi cir- costanti. · · E' stato molte volte sottolineato ·qui, in particolare lo scorso anno, il problema della piena occupazione. Perchè noi torniamo. pressochè in· ogni Conferenza del Lavoro, da quando il mio compianto amico Baldesi nel 1919 portò in quest~ sede il problema deJ:.e materie prime ad oggi, su questo tema? Perchè è il punto centrale, e rimane -la mèta centrale della nostra opera: fino a che non avremo raggiun– to, o quasi raggiunto, tale obiettivo, noi costruì remo sem– pre i piani superiori dell'edificio senza aver costruito i pri– mi. Bisogna avere il coraggio di affrontare decisamente il problema alle radici; bisognà capovolgere ).a nostra menta– lità, forse eccessivamente curativa, riella mentalità ·preventi– va delle malattie sociali, altrimenti noi ci troveremo co– stantemente a ragionare su riforme sociali che minacciano di riuscire effimere. L'anno scorso, a Parigi, un ottimo rapporto fu redatto intorno al mantenimento dell'occupazione durante il perio-. · do della riconversione e della ricostruzione Che esito ha avuto la risoluzione della Conferenza su q~esto argomen– to? Penso che il tema possa essere oggetto di un esame più approfondito per ricercare quale azione concreta può rapidamente svolgere in proposito l'O.I.L. Il piano internazionale di occupazione - di cui oggi fac– cio ·formale proposta all'Organizzazione Internazionale del Lavoro .,- dovrebbe· presentarci un quadro completo delle possibi'.ità di lavoro nel mondo, delle p-ossibilità di capitali e di risorse disponibili nei vari Paesi, delle opere possibili e necessarie, dei modi di· mobilitare il mondo a questa nuo– va magnifica guerra, -la guerra contro la miseria e contro le striden_ti ineguaglianze della prosperità .. Se l'altra. guer-

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