Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 21 - 1 novembre 1946
350 CRITICA'SOCiALE che ciò si faccia nei pÙiodJ di profonda depressione econo– mica come, il presente. Non si dimentichi che,il lavoro pub– blico. va a detrimento del lavoro privato. I lavori pubblici costano di più gei lavori privati, ed è ovvio che, se lo Stato ·chiede ai contribuenti molto denaro per finanziare i lavori pubblici, ne rimarrà loro di meno da- spendere in ripara· zioni, in costruzioni di case. in acquisto di' merci. Per- cui la disoccupazione, se da una parte discende per effetto dei lavori pubb'.ici, dall'altra cresce per la· minore richiesta di merci da parte dei privati. Il lavoro pubblico, in brevi parole, è un lusso _che ci possiamo concedere quando sia– mo in buone conçlizioni finanziarie e non quando siamo in bolletta. Questo in tesi generale. In particolare l'Italia non può, nelle condizioni presenti, lavorare quanto vorrebbe e po– trebbe, perchè non ha a .sua disposizione che una limitata quantità di materie prime a cominciare dal carbone Ora se pensiamo che le poche 'materie prime che possiam~ pro~ curarci devono essere ripartite tra i lavori privati ed. i la-– vari pubblici, dobbiamo convenire che non possiamo dare a questi ultimi quell'impulso che sarebbe necessario per influire sensibilmente sul fenomeno della disoccupazione. . Ciò detto per la pace della nos'tra coscienza, ci affrettia– mo a dichiarare che riconosciamo la necessità di derogare; nei casi di emergenza, dalle regole del minimo mezzo e della bu,ona ammil)istrazione. Quando la casa brucia, biso• gna inondarla. Per ciò 'non ·ci siamo scandalizzati quando abbiamo al)preso che i _lavori a cui erano adibiti-1:di operai romani erano lavori inutili, nè intendiamo censurare il Go– verno del tempo che li ha ordi'nati. Ci sarà però consentito di fare qualche osservazione su'.l'organizzazione di quei lavori, che sembrano stati ·ordinati apposta· per riabilitare i tanto vilipesi « Atéliers nationaux » francesi del '48. Confessiamo la nostra ignoranza: non abbiamo mai sa– puto che cosa fossero gli appalti in regia; .conoscevamo il sistema degli appalti pubblici e quello del lavoro ad eco· nomia, ma non que'lo degli. appalti in regìa. Ora sappiamo che quest'ultimo sistema sarebbe una specie di làvoro ad economia, con l'aggiunta degli appaltatori. Responsabile del– le imprese è il Genio Civile. il quale però non esegue di– rettamente i lavori, ma li affida a privati appaltatori alle seguenti condizioni: gli appaltatori corrispondono settima– nalmente Ja paga agli operai, ricevendone in seguito il rim· borsa dal ministero interessato, . con un aumento che, ad esempio per quelli delle comunicazioni, è del 73 per cento circa così ripartito: 42-43 per cento per gli attrezzi messi a disposizione dei lavori, 20 per cento per spese generali, 10 per cento sulla paga degli operai. Sia.mo nel paese deJle cooperative di produzione e lavoro (deJle «piovre» deUo Stato, come le chiamavano i grassi 1 borghesi quando erano soli a governare); siamo, per dfr meglio, nel paese di quel'.e tipiche cooperative di terrazzie– ri, create e ·dirette per tanti anni dal compianto· Nullo Bal– dini, di quelle cooperative che si possono dire senza _re– torica un vanto della classe operaia italiana, che hanno for– mato oggetto di studi di tanti economisti· e c,ooperatori. stra– nieri e che hanno reso dei segnalati servizi aI:.a nazione, specie ·nei momenti di pubbliche sventure, quale fu, ad esem- - pio, il terremoto calabro-siculo del 1908 (la Federazione Provinciale delle Cooperative di Ravenna; <liretta appunto dal Baldini, partecipò allora largamente alla ricostruzione delle città distrutte), ma il Gove(no' non le conosce, non ne sa nulla. Dovendo, per l'urgenza di provvedere (amiamo credere che sia così),passilr sopra aJle formalità di legge, le quaU esigono che i lavori pubblici siano dati in appalto agli imprenditori privati mediante asta pubblica, non °sa fare di meglio che ricorrere a degli intermediari e stipu– lare con essi un contratto il quale, oltre ad assicurare· loro un lucro sicu·ro, li incita a far lavorare più 11-dagioche si può e col maggior numero possibile d-i operai e con la . maggiore possi,bile spèsa. Dopo questo edifiqmte episodio che ci fa pensare' alle cor· se degli asini, ci sentiamo in dovere di rendere giustizia a , Louis Blanc perchè ha errato molto meno. Intanto è da sa· pere ·che cento anni fa il proletariato francese si batteva disperatamente per il diritto al lavoro, che allora era conce– pito come il diritto per }'·operaio di servire un padrone. Louis Blanc, a.I cospetto della: miseria dei disoccupati, aveva lanciato un grido d'angoscia: « L'on crie de nos jours: Lais– sez faire, laiss'ez passer ! Mais laisser fai re c'est-laisser mou– rir ! ». Divenuto membro del Governo provvisorio durante la rivoluzione di febbraio, non volle lasciar morire· e creò i famosi « Atéliers ». « L'idea - scrive Paul I,ouis ne'.la sua ·« 'Histoif'e de /(I) classe ouvrière en Frane.e» - non ..aveva nulla di originale Se era stat a ripresa, è perchè bisognava aiutare le decine di migliaia di dis0ccupa.ti ·a causa della crisi. Ma coloro che organizzavano questi .« a téliers » volevano, BiblioteçaGino Bianco col loro mezzo, _rovinare il social.ismo sfigurandolo, e forse servirsi degli operai così incorporati e retribuiti per combat– tere i partiti rivoluzionari». Comunque, gli « Até/iers » furono un non senso, perchè fa– cevano lavorare gli operai senza uno scopo; meg'.io sarebbe · stato pagare, loro le giornate ·e mandarli a pescare alla lenza · o a scoprire i nidi degli uccelli, così almeno l'amministrazione avrebbe risparmiato il logorio degli attrez,zi e lo sciupìo del· le materie prime; su ciò tutti sono d'accordo. Ma bisogna te– ner conto che l'opinione pubblica d'allora non avrebbe capito il sussidio - data l'arretratezza della scienza spciale - ed avrebbe forse giudicato pericoloso ed immorale corrispoa– dere la paga senza il corrispettivo del sudore della fronte. Dunque non c'era altra alternativa: o lasci~ morire, od or– ganizzare un lavoro improduttivo pur di superare una crisi. Ora noi, lo ripetiamo, siamo per il non lasciar morire an– che a costo di pagare dei salari per lavori inutili o di scarsa utilità. Ma via, c'è un limite a tutto. Quindici mesi di appalti in regìa sonc. davvero un'enormità. Qui non si può più parla– re di provvedimento di fortuna o di emergenza. Convien · giudicare con largo spirito di comprensione e usare indul– genza coi ministri, sia perchè hanno dovuto agire in circo– stanze difficilissime e sia perchè certi difetti funzionali della ' macchina statale non potranno essere eliminati se nc.n il gior– no in cui sarà stata raqicalmente riformata la- burocrazia; sul che ci riserviamo di tornare a tempo opportuno (1). Necessità di piani organici. - Ciò che oggi vogliamo dire è che è tempo di uscire dal crasso empirismo che ha ispirato fin qui i provvedimenti go· vernat ivi. Se non vogliamo sperperare inutilmente anche quel poco ,che ci rimane, dobbiamo infilare le vie maestre se– gnate dall'esperienza e fare dei piani organici invece di vi- , vere alla giornata coi premi della Repubblica ...:..... che hanno fatto ;).umentare il numero dei disoccupati ~ e simili empia– stri E' sulle cause che ingenerano la malattia che bisogna agi– re e nc,n sui sintomi. Finchè i disoccupati non possono essere riassorbiti dal naturale sviluppo della prodùzione all'interno e non possono emigrare all'estero, la società ha il dovere· di manteperli, E per mantenerli bisogna fare il socia•lismo della ripa~tizione: prendere dove ce n'è per metterne dove ne manca. Così si .fa in Inghilterra, per esempio, che nc.n è certo il paese in cui si butta il denaro dalla finestra. I lavo-· ratori italiani, per altro, non pretendono il trattamento che lo Stato .fa ai lavoratori inglesi; i nostri si rassegnano ad emi· grare in terre straniere, mentre gli inglesi non vogliono emi– grare nemmeno nèi domini e nelle colonie britanniche. Tutto sommato, noi siamo convinti che·, se il Governo ita– liano· fosse entrato fin dal prim,;i momento in questo concetto, avesse cioè. fatto un piano per assistere convenientemente i disoccupati, senza trascurare, naturalmente, di mettere in ope· ra tutti i mezzi che possono servire a far scendere il numero ·dei disoccupati -·emigrazione, lavori pubhlifi, riduzione d'o– rari, ecc. -. la Nazione avrebbe in complesso speso di meno di quanto ha dovuto spendere finora. Auguri;).moci dunque che le cose cambino per l'avvenire, onde siano evitati nuovi lutti e nuovi dolori a questa nostra disgraziata Patria. . RINALDO RIGOLA · \ . (1) Perfettamente d'.accordo col nostro Rigola nel riconoscer.f - che gli alti gradi della burocrazia hanno una responsabilltà gravisshna nelle deficienze negli ·errori, negli sperperi e nell~ . disonestà che si commettono, Ma s·e il Governo e i singoli 1111- nistri non vogliono essere r:itenuti complici di cri,mini scan– dalosi come quello della regia, hanno l'o~bjigo di far pagar, a chi spetta il fio delle colpe cOl!Ilmesse. ~e qualcuno, per di– sonestà, o per trascuratezza, o per ineftitudine ha compiuto e lasciato che si compiessero falli cosi gravi e cosi evidente– mente dannosi al pubblico interesse, non deve poter rimane- re al suo posto, Ricordiamo l'invio della (Nota della C. M.~ di aver sospeso Rivista .a coloro che non hanno ancora rinnovato l'abbonamento
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