Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 20 - 15 ottobre 1946
328 CRITICA SOCIALE questo còmpito con impetuosa passione. Ebbe con– tro sè il rivoluzionarismo verboso e teatrale di En– rico Ferri e il sindacalismo, convulsionario e de– magogico in Arturo Labriola, astrattamente dottri– nario in Enrico Leone. Nelle discussioni che riem– pirono e turbarono per più anni la vita del Par– tito, egli trascese qualche volta ad asprezze pole– miche, nobilitate tuttavia dalla sincerità della sua con– vinzione e dalla costante devozione alla causa del proletariato. Non esaurì.nella polemica la sua attività. L'opera sua di legislatore fu alacre e. feconda. Tutta la legi– slazione sociale (infortuni sul lavoro, lavoro delle donne e dei fanciulli, disciplina del lavoro notturno e dei lavori malsani e pericolosi, tutela dell'emigra– zio,ne, ecc.) e' i provvedimenti per la elevazione e la diffusione della cultura popolare furon dovuti a ini– ziativa sua o trassero dall'opera sua benefico impul– so. Certo, suscitò in alcuni l'impressione che le mete socialiste pòtessero · restringèrsi a particolari rifor- . me, a miglioramenti dei patti di lavoro, a una più vigile tutela dello Stato sulle classi lavoratrici, e su– scitò il timore che il proletariato potesse legarsi trop– po allo Stato - all'ordinamento borghese dello Sta– to - e perdere libertà di movimento e forza per la finale liberazione. Anche si imputò che il Partito .So– ciali'sta si movesse sotto l'impulso esclusivo di quei gruppi di lavoratori del triangolo Milano-Torino– Genova, che potevan gridare più forte e farsi me– glio sentire, mentre t.utto il restante proletariato re- . stava nella sua immutata miseria, e si rompeva an– che· nell'ambito della Nazione l'unità solidale della lotta proletaria. . C'era una parziale ·verità in queste critiche. Ma Turati poteva sentirsi al di sopra di esse, perchè nel– la sua mente era sempre presente e chiara la visione delle mete finali, alle quali pensava che ci si acco– sta camminando, anche se a passi brevi, e perchè riteneva che la elevazione di gruppi parziali della– classe operaia non avrebbe condotto alla formazio– ne di nuove « élites » che si accodassero ai ceti do– minanti, ma avrebbe preparato e ag-evolato la via a tutti i « paria » .del proletariato. L'importante era erodere il profitto e l'arbitrio incontrollato del ca- pitalismo. · L'opera di riforma fu però interrotta, prima da una delle ricorrenti crisi dell'ordinamento capitali– stico, poi dall'impresa libica e dagli .avvenimenti · successivi che sboccarono nella prima guerra mon– diale. Pur con accenti diversi dai « rivoluzionari». il Turati negè risolutamente l'adesione del P. S. aÙa guerra, attenendosi a .qµella linea di condottà the Costantino Lazzari aveva raccolta nella formula « nè aderire nè sabotare », anche_perchè riteneva che· ogni sabotaggio sarebbe stato aiuto al militarismo e imperialismo dei Paesi con cui l'Italia ·era in guer– ra: condotta assurda per un Pai:tito Int~rnaziÒna– lista. Finite le ostilità, egli avrebbe voluto ·un accordo . fra i socialisti dei vari paesi per imporre una pace equa, rispettosa dei diritti di tutti i popoli, che of– frisse a tutti i paesi possibilità di riprendere con ani-· mo tranquillo il loro ca'minino verso gradi più ele- -. vati di civiltà. Ma gli eventi si svolsero diversamen– te. La pace fu una pace di violenza, che apparve su• bito preparazione al pericolo· di nuove guerre; la rivoluzione russa accrebbe il disorientamento. degli spiriti, negli uni suscitando folli terrori, negli altri esaltate passioni e speranze.; L'Italia fu piombat~ Bibliotecq.Gino Bianco in una crisi di convulsioni-; l'impaziente irrequietez– za di un proletariato non maturo ·alla gravità degli avvenimenti finì per fare il giuoco del nazionalismo, a cui il nascente fascismo portò il contributo di una sbracata demagogia e .il conseguente apporto dei gruppi più opachi delle classi medie e del proleta– riato. Con quanta passi~ne e amarezza lottò Turati per salvare dallo sfacelo il P. S. e il patrimonio di ope– re che esso aveva 'Create! Non risparmiò fatiche, non· temette di affrontare ·sospetti e ingiurie di avvent~ rieri che, venuti nel Partito nel momento in cui il diffondersi del malcontento popolare ne ingrossava le file e pareva promettergli trionfi, cercavano di far– sene sgabello per soddisfare loro personali àppetiti o ambizioni; uno dei quali, dispersosi poi per -chi sa quali viottoli dell'intrigo politico, arrivò a proporre l'espulsione di Turati dal Partito. Venuta la marcia su Roma e la chiamata del fa~ scismo al potere, molti di queUi che più avevano grl– dato tra il 1919 e il 1922 si ritrassero in un pruden– te silenzio; Turati proprio allora trovò gli accenti più forti per cercar di scuotere la coscienza del Pae– se. Ma la resistenza che egli voleva.suscitare, in par– te mancò, in parte fu inéfficace. La dittatura raffor– zò i suoi mezzi di compressione e non tollerò più vo– ci dissenzienti, e quella ·di còlui -che con passione eroica aveva assunto la funzione di alfiere fu tron– cata con l'assassinio del IO giugno 1924. · Filippo Turati esaltava pochi giorni dopo, éon ispirata parola, la nobiltà del martirio, chiamando tutti gli animi liberi a far cessare la. vergogna in cui si inabissava l'Italia. Parve per un momento che la,, sollevazione morale dovesse riuscir vittoriosa, m<\la complicità della monarchia col fascismo troncò ogrii speranza. $penta dalla trionfante violenza ogni li– bertà di .parola, Turati .si raccolse a sorreggere nei dubbiosi la fede in un immancabile domani e propo– se -che questa fede fosse consacrata in. un atto di sacrificio. Voleva, coi più giovani fra i deputati ri– tirati sull'Aventino, rientrare armato nell'aula di Montecitorio a sfidare le a.rmi omicide dei fascisti, fiducioso che l'olocausto avrebbe dato frutto alla rl-· scossa spirituale. Il consiglio non fu accolto. La po– (enza dél fasçismo divenne sempre più assoluta e arrogante. Turati, per qi.tanto legato· alla sua Milano, dovt . aveva per tanti anni combattuto, dove eran le tom– be della sua Mamma e di Anna Kuliscioff. cedette alla pressione degli -amici e· varcò il confine, non tanto per salvar la vita, quanto per testimoniare a!,– !'estero l'intollerabile condizione dell'Italia e chiama– re. le forze sane d'Europa ad .allontanare da sè Ja minaccia di una dilagante barbarie. E come lottò con ardore giovanill!, scri:vendo ar– ticoli e lettere, tenendo discorsi; .animando gli sfidu– ciati, orientando e coordinando gli sforzi dei com– pagni più volonterosi ed attivi, promovendo fra g11 esuli la concentrazione antifascista, poi aiutando la ricostituzione dell'unità socialista; sentendo rivi-· vere nel suo spirito gli ardori dei primi anni di lot– ta; fino à che l'improvviso aggravarsi di una malat– tia che egli aveva trascurato per non mancare ad una riunione, lo traeva a -morte il 29 marzo 1932. Cosf si chiudeva, dopo oltre cinquan'anni di_Ìotta, una vita esemplare, in cui non un momento solo la preoccupazione di benefici individuali aveva sopraf– fatto il senso del dovere, nè il desiderio del quieta vivere aveva smorzato la sincerità dt;lla parola,
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