Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 19 - 15 ottobre 1946

-C:RÌTICA SOCIALE 317 ~;re tra una democrazia politica,' che si realizza g-ià in re-· cime borghese, ed una democrazia ccoromica che si realiz• zèrebbe col socialismo, ma che sarebbe. in sostanza· soltanto uno sviluppo, un completamento della democrazia politi– ca». E' marxisticamente falso - continua - parlare di democrazi-1- in-_regime, borghese e concepire il socialismo sulla linea di. sviluppo della democrazia borghese. perchè non c'è vera democrazia politica se non nella misura in cui si realizza la. cosidetta democrazia econom'ièa, ·cioè nella misura in cui si abbatte lo sfruttamento capitalistico. Il so· cialismo non è lo sviluppo, ma la negazione della' democra– zia borghese. L~ distiqzione a noi .pare per un lato ovvia, per l'altro ,ma questione di parole. · E' paéifico per tutti noi che non ci pÒssa essere vera de– mocrazia politica completamente reàlizzata in regime di sfruttamento economico, che le , pance vuote siano meno libere - checchè ne dica la legge borghese - delle pance piene: diversamente, perchè saremmo ·socialisti? Basso, qui,• ' ha sfondato un uscio. aperto. Ed è una questione di parole discorrere di socialismo co– me hegaziune e non come svilupp0 della democrazia ·bor– rhese: o non può es sere la negazione l'ultimo punto d'at– rivo dello svilup.po? E' Marx che ce lo dicé: « La bor– rhesia pro duce sopra ttutto il p,oprio becchino». e altrove: e La produzione capitalistica genera essa stessa la propria negazione, con la fatalità che presiede ai fenomeni della natura. E' la negazione della negazione». Dov'è chiaro che la negazione non viene dal· di fuori, ma si genera daU'in- terno, come sviluppo.. ' Del resto, ànche noi parliamo di negazione della demo- 11raz-ia borghese, ma in un s_ensoben diverso e con una di– stinzione importante. In p,roposito rimandiamo il Basso al ltell'opuscolo di Giuseppe $aragat e Socialismo· e Libertà», apparso anonimo nel periodo dell'attività illegale e pubbli– eato poi dall'Avan-ti! Qui· d limitiamo ad esporne somma– riamente il pensiero sul punto in questione. Lo Stato capitalist_a organizzato in forme dèmocratiche rappresenta, su quello organizzato in forme dittatoriali, -un immenso progresso. Basti pensare che in régime di de– mocrazia politica~ borghese l'ineguaglianza· economica dei cittad ini come lavoratori prende un rilievo · straordinario sul.lo sfondo dell'eguaglianza politica dei lavoratori coni.e cittad ini; perciò ·1a democrazia è terreno di sviluppo della coscienza di classe e, pertanto, della lotta di classe. .O'al– tro canto l'esperienza fascista c'insegna che nella demo– c:razia politica la borghesia non ritrova affatto il proprio· ·specifico strumento di dominio di classe, tant'è vero che l'ha ripudiata .proprio perchè costituiva !'.ostacolo princi~ pale all'esercizio di questo dominio. « Questa constatazione - dice· Saragat - illumina di luce singolaré la nozione di iemocrazia e dimostra che la democrazia politica in regi– me borghese non è la .forma specifica degli interessi ~oli– tici della borghesia, ma qualche cosa di cui la borghesia, ad un.certo stadio del. proprio sviluppo, deve sbarazzarsi se vuol djfendere i propri interessi». Perciò. oggi, la demo– crazia politica non è la forma tutelatrke degli interessi · borghesi, ma è addirittura antitetica a quegli interessi. La democrazia politica, creata dalla rivoluzione borghese, è eggi qualcosa di indipendente dalla realtà borghese, e ad essa contrastante: chi non volesse~ vedere questa consta· tazione « trascurerebbe il corpo per l'ombra». Non dob– biamo dist,rtiggere la democrazia politica perchè creata dalla borghesia, ma difendere fa democrazia liberandola dal– '1e deformazioni ,borghesi che la immiseriscono. Anche noi abbiamo qualcosa da negare: non la democrazia borghese, ma ciò che di borghese limita la democrazia. La quale, in· trinsecamente, non ha natura borghese, ma·« è un fatto sem– plicemente umano, che -può colorirsi dei sentimenti della classe che se ne fa banditrice, ma che nella sua nattJra pro– fonda trascende· ogni· limite di classe e permane come insop– primibile ~sigenza di giustizia». Ecco perchè la borghesia, decadendo, è costretta a rinnegarla, mentre il ,proletariato, · assurgendo a classe dominante, deve impadronirsene e far· ne un'arma di lotta per le proprie rivendicazioni. Se invece Basso indirizza le sue critiche contro certi istituti concreti della democrazia politica, che sono perf'et– tibili o adgirittura sostituibili, possiamo essere d'accordo con lui. Ma qui il problema si porta nella struttura interna del nostro partito e vien fuori la spinosa questione dei nu· clei e della « vuota democrazia formale» del!e sezioni ter– ritoriali. E' vero che nell'interno dei nuclei i compagni deliberano su problemi di cui hanno .coscienza, e noi riconosciamo l'utilità di creare i nuclei accanto alle sezioni. Ma sono ben note le ragioni che questa rivista ha portato contro la sostitu– aiene del nucleo aziendale alla sezione : il restringimento ibliotecaGino Bianco dell'orizzonte all'ambito puramente- aziendale che toglie la veduta · d'assieme sulle questioni sociali, i"l prevalere dellà mentalità sindacale su' quella politica e . purtroppo, rim– possibilità · per la minoranza di fa.rsi seqtire da tutti i compagni e, quindi, di diventare maggioran~a. e la più fa– cile manovrabilità dei nuclei dal.l.'alto. E' anche vero che attualmente la sezione non vive, ma vegéta o dorme. Ma_il problema è di vedere se ciò dipende da una incapacità strutturale delle sezioni stesse o non pi~ttosto dallo scarso spirito d'iniziativa e di critica· dei compagni (spiegabile con la I.unga parentesi ·fascista) e, in ·primo luogo, da co).pe degli esecutivi, delle federazioni, della stessa direzione che non si cura di investire le sezio· ni dei più importanti. problemi del partito, o al più lo fa affrettatamente, un momento prima dei Congressi Nazio– nali. Se fosse così, è eviderite che c'ol sistema nucleare non si _porrebbe rimedio al mali!. Mi pare che valga invece la. pena, prima di dichiarar defunta la sezione, di tentare di farla rivivere, richiamando i dirigenti del partito al ;,reci– so dovere di non mortificarne le iniziative e di sollecitarne spesso il parere. Solo quando anche questo tentativo si fos– se dimostrato inefficace, _potremmo pensare a sostil1!ire l'organizzazione tradizionale del partito con qua:cos'altro. Non prima. Socialismo e ,comunismo. ' L'ultima questione, quella che a noi premeva di più, ha avuto la risposta più eva·siva,·e poichè Quart.a Stato si met· te a. mia disposizione per. altre delucidazioni che volessi --chìedere, nè approfitto. di. buon grado. Chiedevamo l'altra volta a Basso quali sono le ragioni che ostacolano ora la fusione e comé si superano; gli chiedevamo soprattutto quali sono, dal suo punto di vista, l_e.differenze tra socia– lismo e comunismo. Per prima risposta egli ci ha-invitati a vedere le dichiarazioni da lui fatte al Comitato Centrale del partito, .e noi le abbiamo rilette cQn attenzione. Diceva allora .Basso: il partito socialista non ha una sua specifica . funzione storica da svolgere, ma solo, al più, temporanea e cont-ingente. D'altro canto l'unità .organica tra -i due partiti proletari non è ancora possibile, perchè i· militanti dei due partiti non la vogliono. E perchè non la vogliollo ?- Molti cotripagni pensano che il P. ·C. sia poco democratico. Basso è di parere contrario. crede che il P. C. compia un'opera di educazione democratica, perchè, molto più di noi, fa par– tecipare la base· alle discussioni politiche e fa maturare · nei suoi militanti un convincimento ulla iin_èa poli-fica del partito; ma poichè le impressioni. co'ntano piµ della realtà, .il fatto che il P. C. sia un partito democratico non impe– disce che nei nostri compagni ci sia la convinzione con· traria; e questo è un ostacolo alla fusione.· Altri compagni pensano che il P. C. dipenda da Mosca. I comunisti dicono di no, ma i nostri compagni corltinuano a non crederci e in ciò sta il secondo ostacolo. Dunque Basso, allora. •pensava che le ragioni che osta– colavano la fusione consistessero in due convinzioni sba– gl_iate, in due errori di valutazione che ègli non condivide– va. Per Basso, evidentèmente, di reali differenze tra so– cialisti e comunisti non ce n'erano. Oggi ci dice ben poco di più. I due partiti s0n diversi J?erç:hè « 25 anni di separate esperienze hanno contribuito alla formazione di diverse mentalità, di diverse. strutture organizzative, di diversì metodi -di lotta». (Che è come dire che... son diversi perchè _sono diversi). Diversità che possono essere superate solo da una nuova esperienza con– dotta in comune, attraverso il buon funzionamepto del. pat– to dell'unità d'azione. Tali differenze - aggiunge - .non sono tutte da buttar via; non tutto ciò che forma il conte– nuto diverso delle due esperienze ·è cosa morta.· Si tratta di armonizzare gli elementi preziosi delle due esperienze in una nuova sintesi. Dunque Basso ci dice che c'è ·del buono e del cattivo nell'uno e nell'altro partito. e che la soluzione migliore consiste nel •prendere· il buono delle ,gue parti e fonderlo assieme, ·eliminando il cattivo. Ne sappiamo come prima, compagno Basso. Che nel P. C. ci sia del buono e del cattivo son d'accordo tutti, per– sin_o il liberale Antonicelli. Tutto sta a stabilire qual'è il buono e qual'è il cattivo, che cosa c'è da mantenere ·e che cosa invece da scartare. E' necessario che Quarto Stato si impegni a fare rigorosamente questa ·cernita se vuol uscire dal vago su questo punto essenziale. Non basta dire: la- . voriamo assieme ? il tempo farà la cernita e attuerà la si~ tesi. Occorre sapere fin d'ora quali sono e dove sono gli elementi utilizzabili e fino a ,che punto sono armonizzabili, anche ·perchè -il buon funzionamento del patto d'unità di azione presuppone che si preordini prima il patto stess·o, che se ne fissino i limiti e gli scopi, il che non è possibile

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=