Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 19 - 15 ottobre 1946
CRITIC~ SOCIALE ·315 sociali : basti pensare a,quella parte non· trascur~biie <:li uma· nità che vive tuttora nei bassifondi e alla periferia delle grandi metropoli (Londra, Parigi, Napoli, Sciangai, ecc) per_ convincersene. Ma la guerra ha ingrandito e acutizzato que– sta situazione, tanto da costringerci a porre il quesito, se sia possibile risolvere il problema delle abitazioni seguendo le rego'.e e i canoni classici dell'ordine capitalistico, o se si debbano invece tracciare e adottare r.egole·e principi nuovi. In Italia, dal 1930, lo sviluppo della proprietà edilizia, e quindi anche· la costruz-ione· delle case di abitazione, ha su– bito un arresto completo e ino.l.tre la proprietà edilizia ha subito una grave diminuzione per effetto delle distruzioni e dei danneggiamenti. · Non sono in possesso di dati statistici, ma è fuori di dub– bio che, per contro, la diminuzione .degli abitanti-, per effét– to della guerra, non è stata proporzionale,alla diminuzione dèlle abitazioni , (1) cosicchè si è verificato ·ed è in atto un grave squilibrio fra il bisogno di abitazioni e le. abitazioni disponibili. Questo contrasto è anche aggravato dal maggio– re addensamento di popolazione che si è verificato, durante la guerra, nei grandi centri urbani, 'dove già prima lo squi- librio aveva le sue punte più acute. . L'approntamento di nuove abitazioni esige una imposta– zione su due ·piani diversi. Anzitutto sono da ricostruire e da riparare le case distrutte o: danneggiate dalla guerra. Questa ricostruzione esce dal quadro normale delle regole della r;costruzì·one e/iilizia, perchè la ricostruzione di queste . case deve essere considerata un diritto per i singoli _pro– prietari, e quindi un dovère dello Stato, e più precisamente dePa proprietà nazionale non colpita dal flagello della grter– ra. Una legge di solidarietà nazionale dovrà senz'altro ve-• nire promulgata in sede di Costituente, o in sede legislativa ordinaria, per cui la ripàrazione dei danni di guerra arreèati aJla proprietà edilizia venga considerata un sacro obbligo per tutta la nazione. . Ma con questa -ricostruzione anche s.e essa potrà essere integrale, non· si risolve il problema delle case di abitazione e non si arriva all'equilibrio fra il bispgno e la disponibilità; · non, si imposta comunque la soluzione· del problema della prosecuzione' normale del!a costruzione edilizia. Quest'ultima deve essere àvviàta su nuove basi. · Varie po,ssibilità di soluzio~e. Attualmente si vanno delineando due correnti ben distin- . te: la corrente, che chiamerò conservatrice, si orienta verso una soluzione che gradualmente ci riporta allo statu quo a,nte: Cioè g-raduale sblocco del vincolismo in modo che i canoni di affitto diventino adeguati a fronteggiare non solo le spese d-i manutenziorte e di amministrazione della pro– prietà edilizia., ma assicurino un congruo profitto al capi– tale investito. Questa. è una delle regole classiche d,ell'or- .dine capitalistico. Solo quando il capitale, oltre alla sicurez- za dell'investimento, garantisce un profitto, il capitale priva– to si rivolge al volontario investimento; diversamente -si a· stiene o si rivolge ad altre forme di investimento. E nessu– no può dar to'rto ai detentori di capitali, nell.'attuale sistema economico-sociale capitalistico, di seguire queste .necessarie . ' regÒ!e del gioco. Chi se ne scosta va a fondo.- Facciamo un po' di conti per vedere se questa via può por– tare ad una soluzione adeguata. Un appartamento compo– sto di- cinque vani, con una cubatura complessiva di circa ' 6oo mc.. in una casa che comprenda parecchi .appartamenti, costa oggi in media un milione e 250 mila lire, in ragione d-i L. 250 mila per vano. ];'erchè il capitale investito in questa abitazione risultasse rimunerativo, occorrerebbe -ehe la pi– gione venisse pagata in misura di circa 'L. 75.000 all'anno, e cioè in ragione del Al% del capitale (4'% di L. 1.250.000 pa– ri a L, 50.000), pi' L. 25.000. per spese di manutenzione, spe– se di amministrazione, imposte e tasse (acqua, fognatu– ra, ecc.). Anche prescindendo da1la quota delle tasse (nel– l'ipotesi di estreme demenze fiscali), restano sempre L. 6o- 65.ooo all'anno da pagarsi a titolo di affitto per un apparta– mento di cinque vani. Se prendiamo per base l'entrata di un· ~alariato o cli uno stipendiato, che· è la base più concreta, perchè considera la parte più numerosa degli inquilini, e teniamo conto della media attuale dei salari e degli stipendi. che va da L. 8.000 a L. 30.000 al mese e, quindi, da L. 96.000 a 36o.ooo I-ireal– l'anno, ved;amo che le L. -6o.ooo a'l'anno possono pagarle solo un numero esiguo di funzionari e di impiegati. E allora? Aumentare i salari e gli stipendi in modo che (1) E' assurdo pensa.re che, per effetto di alcune centinaia cli migliaia di morti in guerra, la popolazione possa esser diminuita. Ciò non avv,enne neppure dopo la guerra 1915-18, ebe pur seguita dalla spagnola, la quale mietè, in poche set– tl,nàne, -più 'l[ittlme che la guerra in 41 mesi (1'f-ola di C.. S.). BibliotecaGino Bianco vi possano trovare adeguato posto quelle 6o.OOO! lire neçès– sarie per abitare un appartamento? Ma allora si avvererebbe lo spettro di una spavèntosa inflazione è, comunque, di uh ulteriore rincaro di tutti i prezzi, compreso quello dell'in– dustria edilizia, e· pioniberemmo nella spirale abissale della rincorsa dei prezzi e dei s11lar'i.Gli inquilini sarebbero ben liefi di-poter pagare affitti-annui di L. 6o.ooo; metterebbero solo come condizione di poter percepire salari e stipendi che si aggirino almeno sulle I.ire 200.000, secondo la propor– zione esistente avanti la guerra, quando !_'affitto assorbiva circa il Z.9% · del salario o dello stipendio. Parliamo di case ·d'abitazione e non di costruzioni edili– zie in genere, perchè resta sempre possibile finanziare la co– struzione di studi, d_inegozi, di magazzini. di edifici indu– striali e, in genere, di edifici adibiti ad attività rimunerative; e non a semplice abitazione. Vi è anche chi si costruisce una villetta, prescindendo dal reddito, per soddisfare qualche esigenza o comodità. Infatti assistiamo spesso ad acauisti di villette e di singoli appartamenti a prezzi in base ai quali il godimento comporta un sacrificio in misura molto· superiore a un qualsiasi affitto: villette che si vendono al prezzo di -L. 2 milioni costituiscono per l'acquirente una uscita ò ver– dita annua di L.- 100-130 mila. Ma la casa è, in questo caso. non un bene di investimen– to, ma un bene di godimento, dove il· computo dell'interesse e del profitto non esercita più il suo gioco. Ci sarà quineli una _qualche attività edilizia ller allestire locali ad uso commerciale e industriale o per abitazioni sin– .gole da godere direttamente, ma non ci sarà umi messa a dispos_izione di capitali\ per la costruzione di quartieri, da affittare ad uso abitazione, finchè gli inquilini non potran– no pagare ·le L. 6o.ooo all'anno e finchè i salari e gli sti– pendi medi non raggiungeranno le L. 200.000 all'anno almeno. E allora? Voglio prescindere dalla radicale soluzione sò· 6alista per probletna, - secondo la quale le case e le abita– zioni, in quanto non servano direttamente. al proprietario, dovrebbero essere gestite dalla collettività (non dallo Sta– to) degli abitanti, su pia:ni di .gestione e· di progressiva co– struzione a mezzo di Istituti autonomi .edilizi, comunali, pro– vinciali o regionali, coordinati m un Istituto Na7.ionak -_-per:-– chè un simile traguardo non è, per ora, concepibile, in quanto implica un rJldicale trapasso storico dal terzo st;ito ·capitalistico al quarto stato del lavoro; ma non v'è dubbio che la costruzione edilizia delle case di abitazione deve esse- . ·re avviata su basi in cui l'interesse della collettività·preval– ga sull'interesse. del s;ngolo privato. Bisogna, cioè, trovare una soluzione per il settore più im– portante, quello degli inqui' ini salariati e stipendiati, cioè degli operai e degli impiegati, con l'unico bene del loro la– voro rimunerato a compenso /isso. E qui occorre veramente affrontare il problema con coraggio e còmpreiìsione. . Ho sentito dire che non c'è materiale e che non ci sono soldi. Non è vero. Ii materiale (laterizi, legname, colori, cal– ce, pietra. a1Jum;pio. cemento, vetri) c'è.a sufficienza se ·non in abbondanza. E anche di moneta ce ne sarà a ·sufficienza, se 'si·riuscirà ad impedire che una grossa parte ristagni nel– le mani di gente mossa da grette forme .di sfiducia o da preoccupazioni di nascondere la propria ricchezza. Quanto alla mano ·d'opera, ce n'è in abbondanza: spero che almeno su quest'ultimo punto saremo tutti d'accordo. E allora cosa è che manca·!' ' L'intervento delle cooperative. Sebbene la casa di abitazione. come si è ~isto, da qualche anno renda pochissimo o non renda affatto (quando non è addirittura passiva), tuttavia i proprietari di casa, di ·que- sta forzata rinuncia alla 'rendita del loro capitale sono larga– mente compensati dal beneficio di avere conservato la con· sistenza reale del {!:FOprio patrimonio·, che non ha subito la iattura della svalutazione, così come l'ha subita la moneta custodita nelle casse private, o depositata negli istituti d,icre- dito o investita in titoli d1 State. o in obbligazioni·:. redditG fisso. Anche se oggi le case non ·rendono, .esse hanno ·un grande valor!'!, come sicurezza patrimoniale, come capacità ,. - di credito .e, in caso di realizzo, il- proprietario viene ripa- · gato, col prezzo di vendita, dei mancati redditi di con- giuntura. · Non ostante questo, non è possibile pensare che i privati rinuncino volontariamente, per un certo period<,; al profitto del capitale, effettuando nuovi investimenti in costruzioni edilizie, anche se questa ripresa di còstruzioni contri.buisce efficacemente alla ripresa generale deH'ecçmomia nazionale, della quale i detentori di capitali vogliono godere i benefici, ma non sono .disposti a fare le si)ese Si aggiunga che molti non voglion render- palesi i conseguiti profitti di regime e di guerra o temono futuri provvedimenti sociali o fiscali a c:i-. rico· della prop'rietà edilizia.
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