Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 15-16 - 1-16 agosto 1946
CRITICA SOCIALE 237 (... a parte le non più riparabili), specie per i casi pm oscuri, magari più umili, dove concorsero interessi e rancori politici e non politici. Onde anche queste realistiche vicende di cronaca con– tribuiscono alle attuali nostre istintive reazioni e cri– tiche nei confronti dell'amnistia del giugno scorso. Cosl è: certe reali ragioili della clemenza diventano, per la dialettica delle contraddizioni, ragioni della sua incomprensione! ... ma s·i doveva farlo se1condo i princip·X di denwcrazia. Da ultimo bisogna convenire che il decreto presiden– ziale De Gasperi-Togliatti ha un ultimo difetto di ori– gine, quello cli essere un ... decreto. Non si è sufficientemente apprezzato che il provve– dimento aveva una grailde portata legislativa, politica e storica: alla vigilia dell'Assemblea nazionale sovra– na, eletta in libero suffragio universale. Una così vasta, profouda, irrimediabile amnistia, doveva essere riser– vata all'Assemblea : quanto meno in sede di consulta- . zione e di larga discussione, che avrebbe preparato gli spiriti, illuminato e legittimato il governo. .n rito di celebrare l'avvento della Prima Repubblica Italiana con u.n solenne atto di pacificazione e cli cle– menza non aveva nulla da perdere con un mese di ri– tardo: si p.oteva al più provvedere con un primo de– creto di parziale indulto e di riduzione e commutazione di pene: ma la vera, augusta amnistia, insieme con la riforma o l'abolizione delle leggi speciali repressive, doveva essere deliberata. o suggerita dalla Costituente : è da augurare che ancora sarà, nei limiti del possibile, rimediato. Queste considerazioni generali, sommariamente ac– cennate nei limiti di un articolo di rivista, vogliono spiegare la inilegabile reazione dell 'oph1ione pubblica, anche la più sereua, al decreto 22 giugno e le ragioni non autonome e non prossime dei suoi errori. Ma il de– creto è per di più cleplorevole per i suoi errori tecnici, che ne hauno allargato ed approfondito i dall)1i e le sperequazioni, ed ailche questi errori è giusto che siano denunziati. (contini,a) ENRICO GONZA LF.S Due spiriti dissimili e concordi: Prampolini e Zibordi Fu eletto che " ,quasi tutfe le amicizie umane sono fondate su la ragiotf leonina; ove l'uno prende più cli quel che dona, l'altro fa l'atto d'offerta e d'abnega– zione, si sottomette e si umilia, imita e consente, è tiranneggiato e protetto ». L'amicizia di Camilla Prampolini e di Giovanni Zi– bordi fu invece la comunione ideale di clue libertà e di due fedeltà eguali e indomabili, di due spiriti dis– simili e pur concordi, di due stature diverse ma ilon avverse. Non sudditanza dell'uno verso l'altro, non sottomissione cli un minore a un maggiorE', ma armo– uia affettuosa, che durò un trentennio, senza un 'incri– natura. Giovanni Ziborcli giunse a iReggio il 1° gennaio 1904, per dirigervi l'edizione feriale della Giustizia. Pram– polini già da un quindicennio vi aveva iniziato quel 1ùirabile apostolato, che aveva dato frutti così cospicui. Superata la bufera della reaz;ione crispina, 11 partito socialista all'inizio del nuovo secolo si accingeva a grandi realizz.azioni : vasta era la rete delle organiz– zaz,ioni cli resistenza e delle cooperative, molti i Co– muni coi1quistati; l'amministrazione provinciale era in magg-ioranza composta di socialisti; dei cinque col– legi della provincia, tre erano rappresentati <la socia– listi, 11110 da un radkale; soltanto la roccaforte -cotta- faviana di Correggio resisteva. - Quando Zibordi iniziò la sua vita reggiana, non an– cora il cielo politico faceva presagire .il temporale della « Grande Armata •, che doveva scoppiare di H a pochi mesi, travolgend0 con furia ciclonica tutte le conquiste elettorali dei socialisti. Egli non era clel tatto nuovo ai lettori della Giustizia, quella domenicale di iPram- . . 0 ,-,.v polini; vi aveva collaborato in corrtsponclenza dal Man– tovano. Nell'assumere la direzione della Giustizia qtrn– tidiana egli scriveva: « Vengo alla Giustizia quotidiana con la coscienza del graye compito che mi assumo, ma confortato dal pensiero che quelli che mi chiamarono a tale ufficio, considerauclo che fu assai maggiore la colpa loro nel– l'invitarmi che la mi,i nell'accettare (perchè a mio discarico sta l 'attenuaute della tentazione seducente) sentiranno il dovere cli aiutarmi e di sorreggermi. Cpn la Giustizia siamo vecchi amici come può esserlo uno • scolaro con un' maestro e forse qualche lettore degli anni addietro si ricorderà delle mie corrispondenze dal Ma.utovano ... ; ma non si spaventi, chè gli prometto che son diventato più' breve. Saluto quiudi le vecchie conoscenze e le nuove nel nome del socialismo quale io l'intendo, e quale - a quanto sembra -- s'intende anche da voi; quello vecchio che è anche quello nuovo, quello di sempre •. Da allora ebbe inizio tra lui e Prampolini quella co– muuione d'idee, che non si franse mai. Più giovane di undici anni, egli nutrì per Prampo– lini •un affetto fatto di ammirazione e cli riverenza; e Prampolini ebbe per lui una stima, che andò via via facendosi sempre più intima e calorosa. Direttori en– trambi di due giornali fratelli - anzi dello stesso gior– nale, nelle due diverse edizioni -, un conflitto d'in– fl.uenze o un urto di ipersensibilità non sarebbe stato impossibile, data l'umana fralezza. Vi fu, invéce, in " loro perfetta e costante identità di pensiefo e di azione, e i due temperamenti, pur così diversi, si completarono nella quotidiana fatica. Fu tra loro quella stessa mirabile armonia c)le già eravi, ilella famiglia di Critica Sociale e del sociali– smo 111ilanese, tra (Filippo Turati e Claudio Treves; e mentre sulla Giustizia domenicale Prampolini - ancor dopo il 1° gennaio 1904 e fino al dicembre 1925, fino a quando, cioè, il giorna-le non dovette cessare le pub– blicazioni, soffocato dal fascismo - continuò a diffou~ dere e a divulgare, con una chiarezza e uba semplicità che gli furono peculiari, i principi della dottrina mar– xi~ta, rivolgendosi particolarmente agli operai e ai contadini,. di cui anelava risvegliando, al soffio della nuova fede, la coscienza e la dignità di uomini, sulla Giu.stizia quotidiana Zibordi - singolarissima tempra di quel giornalismo " personale », caustico e impetuoso, ch'ebbe ii1signi campioni - iug-aggiava battaglie su battaglie in difesa delle istituzioni e delle conquiste operaie, contro le consorterie locali, ,che, grette, s'ab– barbicavano disperatamente ai loro interessi e ai loro privilegi di classe. Ne nacquero 11ole111iche, che resta– rono memorabili; battaglie, che furono viùte sempre, ma che lasciarono run sedimento cli rancori e di odii nell'animo cli chi n'era uscito scoi1fitto; onde quando il fascismo invase anche il Reggiano, Zibordi fu il primo ad esserne bandito. Ma se la· bastarda violenza nemica risparmiò fisicame11te Prampòlini, la sua crea– tura prediletta - La Giustizia - venne data alle fiam– me 1'8 aprile 1921 dai 1 gloriosi manipoli ». Entrambi - Prampolini. e Zibordi - esuli in patria, dovettero cercar ospitalità e lavoro nella metropoli lombarda: Zibordi prima, Prampolini dopo. Ivi 'Pram– polini si adattò, per vivere, con la sereuità degli stoici, alle modeste funzioni di contabile in un 'azienda amica, solo e ignoto; ivi Zibordi prese le vie dell'inseguamen– to privato, dedicandosi anche ad uha. notevole attività letteraria, dando alle stampe diversi volumi, che la critica ufficiale cinse d'una muraglia. cinese di sile1r'iio; ma prima che la morte spegnesse il suo grande fratello, eg-li volle raccogliere i punti più salienti della sua vit~ cli apostolo in uno studio, che il Laterza ebbe il co– raggio, per quei tempi notevole, di pubblieare. Ad entrambi la. sorte serbò negli ultimi anni soffe- renze fisiche atroci. · . Ui1 rapidissimo male, contro il quale la scienza finora è impotente, spense Prampolini il 30 luglio rq30, prima ancor dell'alba, nella sua casa, a Milano, in via Al– berto Mario, .'i4- Sul suo corpo inanimato ma ancor tepido, Nino Mazzoni rE'cò i garofani rossi di tutto il socialismo, che s'inchinava nel cordoglio per tanta· perdita. . Tredici anili dopo, lo stesso giorno, mentre sembrava spuntare l'alba della libertà in un cielo ancora fiam– meggiante di stragi, a Bergamo, ov'era sfollato, spi– rava Giovanni Zibordi, che i medici avevano clovnto mutilare d'i parte cli una gamba. ·
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