Critica Sociale - anno XXXVIII - n. 15-16 - 1-16 agosto 1946

CRITICA SOCIALE 253 della quale si rivelauo buo_ni socialisti coloro che sanno socialisticamente iutendere il loro momento, indipen– dentemente dall'interpretazione criticamente esatta che essi possano dare degli ,scritti e delle opere dei socia- listi vissuti in alfre contingenze storiche. . • Se giudichiamo in base a questi concetti ·storici, dob– biamo riconoscere che sostanzialrp.ente, dal loro ri– spettivo punto di vista, tanto Kautsky quanto Lenin avevano ragione, perchè giustamente Kautsky, che aveva sotto di sè il panorama del mondo occidental~, vedeva che in una nazione di tradizione democratica e con un proletariato ormai culturalmente ed ecònomi– camente · evoluto, la realizzazione di una democrazia integr_ale avrebbe portato _al potere la ma·g:gioranza _-e,_ quindi, la classe lavoratnce; .mentre Lenm, che ao– veva operare in una nazione sprovvista di ogni tra– dizione democratica, in cui la maggioranza del pro– letariato era priva di qualsiasi coscienza civile e po– litica, non poteva vedere un rapido trionfo del socia– cialismo se non nella conquista del governo da pai te di una minoranza attiva. Diversa è poi la questione intesa a determinare se il collettivismo economico at– tuato senza democrazia politica, quale è quello che instaurarono i bolscevichi, potesse a buon diritto chia– marsi socialismo. Intanto, mentre Lenin stabiliva la dittatura del partito bolscevico in Russia, cadeva in varii paesi dell'Europa occid~ntale la democrazia, ma per dar luog~ a dittature fasciste, cioè a dittature· di partiti che not chiamiamo borghesi. Questo insuccesso socialista nel– l'Europa occidentale, se· da una parte suonava QOn•• danna per i partiti proletari, mancati alla prova, dal– l'altra parte confermava, però; che aveva visto bene nella situazione sociale il vecchio Kautsky, il quale aveva appunto affermato che la democrazia, se rispet– tata e sviluppata, avrebbe portato automaticamente e necessariamente al potere nell'Occidente il prole– tariato, ché era già la maggioranza in ogni. nazione. Proprio perchè, come .Kautsky aveva previsto, que– sto sarebbe stato il risultato della prassi democra– tica i ceti boro-hesi, che nell'8oo erano stati gli stre– nui' difensori della democrazia, rinunciarono sponta– ueamente, doJ?Ola crisi della· prima guerra mondiale, alla democrazia stessa, ben sapendo che solo con una rinuncia alla libertà propria e altrui in favore di un uomo e di un .partito, essi avrebbe~o conserva~o i loro privileo-i economici. Alla borghesia tendenzialmente democ;'atica dell'8oo si è in tal modo sostituita la bor– o-hesia tendenzialmente dittatoriale del nuovo secolo. "' Le numerose dittature fascist~ dei paesi dell'Europa occidentale, le quali, pur operando iri certi casi note– voli trasformazioni sociali e perciò sottoponendo l 'e– conomia al controllo statale, hanno però mantenuto saldo il principio dell'.intangibilità della proprietà pri– vata e con ciò conservato il privilegio eco:iomico della classe bor~hese, sono state senZll; ~11bb10 sostenute dalla borg-hesia:, per paura del socialismo. Per questo si può dire con ragione che esse ~an:no espresso le tendenze dittatoriali della borghesia, anche se tal– volta hanno portato àd una diminuzione della libertà economica privata. . .. A seguito <della guerra queste dittature ,Poh~iche sono crollate dappertutto, eccetto che nella pemsol~ iberica. E' rimasto in piedi invece, per quanto assai scasso il sistema ecomomico capitali'stico - quello che ìid se:nso metaforico viene definito dittatura della classe borghese - di cui le classi interessate. vedo;nLi con tenore avvicinarsi il tramonto, che la d1alett1ca stessa della storia va attuando attraverso la crescente forza politica dei ceti che aspirano a un rinnovamento. La democrazia assi~ura la vittoria proletaria. È più che dimostrato che oggi, nella società occi– dentale se veng-ono salvaguardati ooncretamentci i principt democratici, il potere va necessariamente alle classi lavoratrici, le ·quali di esso potranno poi ser– virsi per distruggere il predominio economico della boro-hesia. · rf sufifrao-io universale e la più diffusa coscienza politica co;\;ituiscono la l5aranzia di quest~, immanca:~ bile successo, sicc:\tè oggi. non s_are~bero g1a le cf~ssi lavoratrici ma la borghesia cap1ta:l1sta .a:d avere wte– resse a una dittatura di partito : oggi assai più di venti anni fa, perchè più forte oggi .è il p_rol~tariato e più deboli sono i s~oi avversari: E' fuor~ ~1 luogo e~tò dubit~t densonBliac~colavoratrtct a pen- sare• -all'abbandono della democrazia, poichè proprio loro son? 1~ più forti sul J;>i~nodem<;>cra~i,co. . . Il Socialismo pertanto nt1ene oggi, ,1_:nu anc?ra· <l1 veuti anni fa, che non si possa e non si debba m Oc– cidente parlare di dittature del proletariato,• perchè, esaminando il problema in termini di attualità, la vera dittatura del proletariato altro non può essere che concreta e leale democrazia politica, attraverso la quale il .Socialismo, che conseguirà inevitabilmente il potere con la maggioranza dei suffragi, potrà attuare _quelle sostanziali riforme della società che· esso s1 propoi1e. . .Per difeud-ere questa democrazia il socialismo deve oggi dimostrare quella energica fermezza che in altri tempi esso non seppe d_imostrare, e deve perciò averè la coscieuza che difesa della democrazia e difesa del socialismo si identifi.cano. Il ritenere che il socialismo si possa difendere altrimenti che attraverso la demo– crazia- portereb be a quella sfiducia nel regime demo– cratico, dal.la quale altri trarrebbe facilmente vantag– gio per abbatterlo. . La dif_esa della democrazia implica naturalmente anche il ricorso all'azione violenta, nel caso che le .forze avverse tentassero di arrestare illegalmente i na– turali sviluppi de1la democrazia ste~sa, ricorrendo ~Ila violenza o, alla frode. Ma ·questo disarmo d~lle nun<?– ranze violente e sleali, che deve avere per nsultato 11 conseguimento di una più sicura democrazia, è un corn:;etto antitetico a quello di dittatura di un partito socialista (dittatura del proletariato), che rinvia sin e die l'avvento del regime democratico. \Per questo il socialismo occidentale rinnega oggi qualunque ideale· di dittatura, sebbene per un altro verso non si nasconda realisticamente la pur depre– cata possibilità di soluzioni momentaneamente extra legali da esso no:n volute nè provocate. Marxismo e filosofia della praxis La filosofia della, praxis come dottrina politica. IGNOTUS. I. - La. filosofia d'ella proxis, possta da Antonio• iLabriola· a fondamento della dottrina marxista (1), ha bioogno ·di Uilla chiarificazione, e cioè di essere definita 111ella sua .relazione con la filosofia. Comprende essa l'lltta la filooo.fia, oppure ne è un aspetto particolare? Non è fµcile rispon– dere a questo intertro-gativo, pe-rchè i par:eri degli stessi fondatori .e seguaci della d,ott,ina sono, assai discordi. Se assumiamo come fondameintò l'affei-ma-zione di Engels che « gli uomini agiscono •prima di argomentare, In principio era l'azione>>, la filosofia d-ella pro,xis ci appare come una fiJ.o-sofia dell'azfone (2) , che ha qualche somiglianza col pragmatismo•, il quale ne.ga la teoll'icità d'ella conoscenza, volta questa non a scopo utilitario (3). In tal modo la fi1o– sofia della praxis cadrebbe in uno di quegli errori filosofici che r.onsistono 11ell'attribuire UJna funzione preponderante od esclusiva ad una parte dell'attività cono·scitiva; essa sa– r<:,1bbe una specie 'di panvolontarismo. A questo errore_·non ;;j sfugge anche oonsiderando la filosofi.a della praxis come intuizione generale dell'universo e della vita, cioè auri– buendo ad essa la funzione che spetta alla filo-oofia. Per quanto, anche in un periodo più recente, non manchino . tentativi di considerare la filosofia come visione comple·s.• siva della vita (4), tuttavia questa resta sempre la scienza dello spill'ito (5). Una intuizione generale. dell'univeroo e della vita non può quindi essere -considerata 1a filoso-fia della P'nlllXV.S senza portare confusione nella terminologia, il che evidentemente non -sarebbe ·un vantaggio. E allora? Non resta che considerarla u,na dottrina, politica o soci,o– lo-gica, cioè a dire una concezione realistica della sto!l'ia. Quest'ultima definizione fu data, come è noto, da _Marx alla sua « concezione. materialistica della stori-a », definì- (1) Cfr. FED. ENGELs, Critica sociale 1892, pp. 329, 3H 364. (2) Cfr. G. SOREL, Saggi di critica del marzismo, p. 68, 1 Palermo. Sandron, 1903. (3) R. MoNnouo, I! materialismo storico in F. Engels, p. 197, GenoVa, Formiggini, 1912. ( 4) H. BERGSON, L'évolution créatri~e, p. 92, 5a ed., Paris, Alcan. (5) B. CROCE. Filosofia. dello spirito, 4 voll., Bari, Laterza.

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