Critica Sociale - anno XXXVII - n. 3 - 15 ottobre 1945
' 42 CRITICA SOCIALE d'accordo che l'agricoMu,ra non possa, da soila, sfa– miu·e ·gli Italiani e contribuire gran che ad!· elevare il bassissimo red,difo me.dio,. In un Paes(l la cui ca– ratteristica tdomina-n!e, e ormai ,c11onica, è la miseria; ,d,ove il problema di rhlzare il dividend'o collettivo è •altrettanto mige-nbe,'f,orr·se4}iù 11.mgente di O'gqi altro, perchè questo dividendo colletillivo non bastia.ancora nemmeno ai bisogni primari dleHa grande maggio– ranza del1ai' popol-a·zfone;, in un Paese cosÙfatto, la parola « ricoskuire » non ha lo, stesso significato che altrove. Hicosti-uire vuol dire qui :Spcss·o,rifare ab ovo, prendendo nuove strade, se le strade finora baLCute ci allo-ntanava·no daHiaimèta. 3. L'ideale dli un'Italia p, uramen.te agricola - già giudie:a,to dallo Jacini, oltre se ssant'all'ni f'a, come iciemle soltanto pei· •un'Accademia .di Arcadd - è senza dubbio superato nell'opinione dli.tutti, anche a tacere dei suggestivi risultati di recenti studi del Co– lin Clark (The condilions of economie p1•ogress, Lon– dra, 1940), i quali dimostrerebbem che tra i red!diti ' uazio:nali pe1• .capitaJ appa•re phì bass•o quello ,d,clPae– se dov~ maggio;re la prroporzione del lavoro na:zio– nale investito tu 'a-ttivijà agricole. D'altra (Parte le condizioni per un'agriooHura moderna e tecnica– n,1ente evoluta nom sussistono in Italia - paese per' due terzi montuoso - ISC non per limitate zone e per determinate oolture. Ma, me,nJre' è relativamente fa– cile determinare quale coltura 'àgricola 1Sia « natù– ra,le » al Paese, ass<aiimeno facile è il precisare quale ramo produttivo idelle rndustrie -t.ras.formatrici gio·da di questa «naturalità·»: e ciò ,anche perchè interven– gon·o•continuamente CoOndizioni nuove e tali da mu– tare i presupposH di essa. Il c-oncetto di naturaUtà di un'indus,da permane neblltloso, sia da un punto di v'i&ta spa·ziale •che tempo14ale; ma que-sto nori vieta che lo, si possa determinare, almeno per brevi pe– riodi e per zone geografiche ben p-recisate. Vi s•ono , poi rami produttivi, che meno i·isentono di questiai locaJizzazione obbligata, taluni anzi si avviano vèr1So mm lar,ga ind'iffereuza.geog,rafica, quarudlo il costo dei trasporti venga, en.tro certi limi!i, 'l.'idotto al mi– nimo. 4. Le foJlìe ia.utarchiche, che ci hanno imbozzolato nella contentabilità di un-a grama autosufficien~a eco– nomica, timorosa -di offendere gli interessi di pochi ed itn reaJtà nociva ,a.gli interessi dei più, esaspera– r•ono gli errori ,de lle· nos tre tariffe doganali, addi– tando come rnèta idea.le una s·oir'la di integrazione· verticale delle indùstrie. Si giunse -cos,ì, in questa splemiiid l'solation, a perdere la no-zione- dei costi C'OllllP'ai,ati internazionali, a produrre a ,costi altissimi, ad allentare gH stimoli della concorrenza, senza so– stituirvi aJcun altro,._stimolo effieace, a creare. selve ' di fumaioli,~ma non un'in-dt1skitru sana e vitale.· La· ·taglia ,cl,ialti costi as-soluti, irridiucibili, rimbalzò sul conSJUlllatorc, e •particolarmente .sulle classi lavora– trici più um.Hi, le quali si videro contratti i salari medi reali e ridotta la prurte del dividendo nazionale d!e,~tinata al lavoro .. E l'invocato sacrificio per una pre<tesa << sicu rezz a nazionale» non si limitò al red~ dito taglieggi, i.to, ma si •estese aUa non lieve distru– zione di ricchezza dipendente. dall'ImmobiHzz-oi dà ri– sparmio' nei molti impianti effimeri ed' artificiosi. Questa politica economica, ,difesa sempre con i so– fismi. dell'indipendenzCIJ nazionale, con le ragioni mi-' litairi, e ,talvolta fatta ~op!I),orrtare-con i motivi della temporaneità, fu la sola politi,ca che un Paese come l'Italia non poteva nè dloveva adottare. La, se:arsità di risp 1 airmio che ha sempre caratte~ii– zato, negli ultimi -quattro \Secoli, la !Penisola, e che ha acutiz zato la !!Proporzione ka braccia e ricchezza - fadJd. ove.le' braccia aument 1 a.vano con ritmo a&Sai maggk>re "di quest'ultima _:_, doveva spingere· a cer– car~ di -accrescere al .massimo grado il reddito na– zionale iin quei' rami doye molto liavoro fosse. i,ncor- 1>orato ne,l prodotto e d,oivè la n,orstra ,abilità di s!I)e– cialisti consentiJSse costi mill'oiri · che altrove.' Solò· in tal modo crescenti cap,ita-li sarebbero afiluiti :àal- , ·,no Bta co l'estero verso fndustrie sane, e avrebbero rinvjgorito _la nostr,a attrezzatura trasformatrice; solo così il te– nore di• vita medio delle nostre oliassi lavoratrici si sarebbe gradualmente elevato, e in mod·o non effi• ·mero. Con· Sillgolàre coraggio, in tempi perigliosi di– mostrò il Demar.ia («Il problema industriale italia– no», in G,iomale /Jegli econ,omistiJ, sett.-ott., 1941) co– me 'il iraUenuto accrescerni del reddi-to na·zionale, du– rante il !l)eriodo fascisfa, fosse dovuto allo svHuppo dJ ,ceirte attività economiche ad alto costo assoluto - ·e come il nostro industrùaJismo apparisse già nei 1935-38 meno efficiente di quello le·gato ai prezzi in– ternazionali. La gli erra non fece. che accentuare - e non sappiamo ancor bene fino a che punto - questo indirizzo patologico dell'economia italiana: ·così che aUe .distruzion,i di -r-icchez1Ja-. ocigiuate dal fatto bel– lioo; dobbiamo ,aggiungere - forse più grave ancora' · - la distruzione o,p,erat,a dagli errati immobilizzi. Tut.fo ciò non è p~r o:ra. quantitativamente preci1Sabile, e mette conto di sperare che gli statistici non perdlàno la ·buona occasione ldi 1 un'iridagiiie sommamente uti– le, l,a· quaJe certo- avvalorerà l'esattezza ·deUe nostre succinte conclusioni. M!anessu;10 potrà negare - sia pure -1la luce dei pochi ,4ati disponibili ~- che il reddito nazionale del Paese è aumentato in misura assai minore dell'aumento, di popolazione, nell'ultimo trenitennio, e che l'accresceroi degli impianti in-dn– .stri,ali ,non ha risolto nè il p-roblema politico delI'ln– dipendenza nè quelJo economico di un maggioo- dii– videndlo reale collettivo. Il miràggi'O dell'industrializ– za:zfone - ,che ha awuto sh1g-1~andiripercussioni su tutti, i ,popo li, specia lmente nell'ultimo secolo ~ ha spe&so fatto pertd.ei: e di vista il tema· fondamentale, se cioè e quando e fin d:o,v,e l'iri-dustrializ·zazione rap– prese•nti per 1,m P,a,db llll reafo prog;i-ess,o economico. . { 5. -Eccoci Olra al compit:,· grave di uscir di tutela, eccoci all'aLleso momento di tracciar linee alla poli– tica ecO!Ilomica di domani. Bisog-nerà che la classe lavoratrice ,dica ]la suà P'arola-, afferri un'occasione che non si· piresenta varie· volte neHa vita di una generazione, non si faccia complice inconsapevole di interessi d'elle minoranze capitalistiche, use a scambiare il loro <tOll'Blacontocon quello del Paese. Deve, la -cltl;lsselavioratrice, sruper guardare lontano, • anche l à d ove ciò può apportare CIUalche sacrincio immedi 1 a.to, p·oichè nella irolitioa economica di un Paese le miopie si.,tp•agaim care. Deve soprnttutto esi– gere che non si faccia una pofitkii economica alla chetic:hella, nel chi-uso, ambito della burocrazita.. Deve , vigilalJ'e perchè le indystrie che fon più rumore, ma che non sono l'indusfria del Paese, non soffochino le altre, le quali· nella 'stragrande maggi•oranza lavo– rlano in silenzio e in siJenzio risolvono i loro proble, mi quotidiani. Deve imporre una poli,tka economica che non giovi alle imprese parassite, che non •aiuti i gruwi privilegiati a dar l'assalto al pubblico da– naro, e ,che favorisca sòÌo le imprese e le industrie cla,paci di vivere in un clima di concorrenza 1ntetr'lia– zionale. Deve -aiutare ad us.cke !dalle· strettoie d'un'in– sufficienite rete di traffici, a svegHaire gli Italiani per– chè .affretH1,10 il passo, a s!I)fogerli ad allacciarsi, 9J. mondo. · . , Sop.ratmtto Ìl corup-ito è di ved!ere i,l problema ne1I11 sua inteirezz,a, senza lasciarsi -condurre nei viottoli ciech,i 'perdend·o la strada rnaeSltra: che è problema • di accirescere al massimo grado possibile il dividendo nazionale, ma al tempo stesso di .accrescere H divJ– deildo-salatri espres~o in quantità di merci. In .so– stanza si tratta Idi provociaire il (Passaggio da una pro~ duzione poco produttiva a. una più produttiva, af– f.ro.n:tando contemporan~amenbe il tema distributivo. 6. Si presenta, qui, ,un.a seirie -di interrogativi. Quali industrie lasciar ca,dere, quali fai!' sopravvive-re? Quali rami pr;oduttivi c0ndannare, insensibili al grid.0 di d~Jore delle maestran~e inteves-sate?, Con· quaJe gva– tfuaUtà -disp011Tequesta « r.iti-rata_ strategica :o> ' sulle posizioni ben' d.~fendiliili?, P.oichè, fissata una posi•·
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