Critica Sociale - anno XXXVII - n. 2 - 30 settembre 1945

CRITICA SOCIALE mista· pericoloso. Ad un valoroso e nobile uomo politico che egli stimava, oltre che per l'ingegno, per la fiera condotta tenuta contro il fascismo; ma , al quafo non sapeva tuttavia pe1,donare la debo– lezza o la jllusfone di un primo tempo, anche se poi coraggiosamente riscat:tàte, aveva ,detto: ·« Voi avete fatto come Rigoletto, che, per servire al suo duoa, una notte, inconscio, tenne là scala per ili rapimento della ·propria figlia >>. Nella sua amara invettiva, nel suo non placato accanimento era la accorata certezza che la impa– zienza, la incapacità, ]a cecità clella borghesia ita– liana di fronte al disordine del 1919 ( che già pro– filava l'avvento inevitabile della r;ipresa e della saggezza) ,avevano ,aperta la via ad una rovina che avrebbe travolta per prima l;i trincea socialista, ma, dopo questa, ad ima ad una, tutte-le altre, ed, infine, l'Italia intera. Il suo accanimento impla– cabile, ma ·privo di ogni personale rancore, era stato chiaroveggente! A quest'uomo, che aveva uno spirito acuto,· brillante, sarcastico ed irruento, la natura aveva dato un volto stranamente immobile ed impassi– ~ile, «frigido», dicevano coloro che non. lo cono– scevano. Ma se riuscivate a superare la maliziosà guardia di quella finta frigidità, qu1'nto calore di spirito, quanta aristocrazia di gusto e di coltura! il giornale come un miliardario della sensibilità), un gio1nale con poveri mezzi, costretto a combat- . tere con giornali ricchi e potenti! · Ma quale sfolgorio di intelletto tra q uella po– ve11à, sia che fossero le Note in taccuino d.el Tem– po, o le sue lucide intuiz.ioni di politica estera, , o le vigorose sferzate polemiche nell'Avanti!, nella Giustizia, n.ella Critica Sociale. Gli avversari lo conoscevano e ce lo invidiavano, Il fascismo, che fu anzitutto la b-assezza morale ( e cosa volevate pretendere da una .id eolog i~ che de– bu:ttò .con l'olio di 1·icino?) doveva. b.en·odiarlo! E lo ·addentò con furore, con rancore. Montò contro di lui una leggenda falsa ed abbietta. << Marchese di Caporetto » fu il t~tolo della leg– genda calunniosa, che passò di bocca in bocca, e se la tramandarono e la rjp.eterono con ostjnazione · perversa quelle macchine d_a scrivere in serie che furono il giornalismo fascista. . Mai accusa fu più infame, Treves aveva - in Jn grandy.discorso alla Camera - alluso a]Jla stan– chezza del. Paese e dei soldatj, alla stanchezza di tutti i combattenti, ed alla disperata invocazione « che veniva <lalle trincee d'Italia e di tutta Eu– ropa», « L'inverno prossimo non più in trincea!>>. Era la stessa appassionata invocazione -che, in altra forma, usciva dal labbro del ·Pontefice: EgH fu nel suo lavoro quello che la sua ricca, intima, ermetica natura gli dettava. Cµi gli fu vicino - come chi scrive - per molti anni nella combattuta vita del giornale conobbe ed amò non soltanto il suo superbo intelletto, ma la sua sem– plicità fraterna, senza pennacchi di autorità cere– b.rale o gerarchica, tutt.a sensibilità ed indulgenza! ' « l'inutile strage! >>. · !Le due grandi forze del mondo: la Chiesa e il Socialjsmo, dovevano - oltre la mischia - espri– mere il senso umano delle moltitudini. · E~i non fu il direttore autoritari.o; fu il mae– stro, il fratello tra compagni di lav.oro, sensib-ile. come nessun'ahro alla vita quotidiana del gior– nale, che era la sua creatura più intima; incapace di una parola di superbia, di un gesto d'autorità eh.e potesse addolorare il più umile dei. suoi redat– tori. Aveva tutta la profonda sensibilità del gior– nalista moderno, con le ,abitudini affettive dell'ul- . timo giorn.alismo romantico, .. Ignorava la « tastiera d~l campanello elettrico », l'anticamera e gli usceri. Era con i redattori un loro pari, tra i loro tavoli di lavoro, jn un rap– porto di affettuosa cordialità e di intimità, dalla quale· il giornale usciva non come un prodotto in– dustriale, ma come la creazione di una calda fra– ternità degli spi'riti. E quando il brusio dei com– positori si placava e le luci della redazione a poco a poco si spegnevano e èomincjava il rullio della rotativa, egli si indugiava - con quel SUO· fare dinoccolato, eh.e paTeva sonnolento - in un qua– lunque angolo, fosse un tavolo della cronaca o un .bancone della stamperia, e allora uscivano dalla sua magica penna - nella solitudine delle pie- , cole ore notturne - quelle cartelle fitJ:.e, irrego– lari, che recavano. la magnificenza del suo increuno sensibile e sfavillante al contatto di tutti .;.li a~p~tti della vita. "' Delta .vita che .egli sentiva e proiett,ava nel gior– nale, nella creatura che egli amava e viveva come la cosa intima del suo spirito, come la più viva, cara ed aderente alla sua sensibilità. Se una sofferenza egli forse. ebbe - che .il suo orgoglio socialista seppe dissimulare e nascondere - fu quella d'aver dovuto far sempre (egli, gior– nalista d'un partito povero, che sognava e sentiva CO Mla ai falsari meschini e perversi bastò un pic– colo scamottaggio, La invocazione, riferita a tutte– le trincee e rivolta a tutti gli uomini dirigenti d' Eu– ropa, la si disse riferita alla sola Ita]ia. Ecco dunque fal,hricato, su carta falsa, l'appello all.a d.iserzione ! Gaporetto, dramma della insi– pienza, doveva poi servire alla stupidità_ <lei fa}. sari p.er rimpiattare. dietro l'accusa al Papa ed ~ Treves, alla Chiesa e al Socialismo, le cause com– plesse della dolorosa disfatta. Invano ·fu pÙb~Jicato più volte il testo steno– grafico del discorso di Treves, che distruggeva la ~eggenda infame. Non ci fu un solo g·wrnal.e, nel , gran serraglio· di eunuchi del giornalismo fascista, sensibile ad uri avanzo di cavallei·esca onestà e• li– bero di prendere atto di un testo stenografico che era decisivo e definitivo. Ormai anche il più mo– desto barlume di dignità . umana e politica era ·scomparso, c.ancellato; e già sotio i colpi della guerra_ erano travolti i titoli di quella modesta, onesta e casalinga compostezza che avevano carat– terizzata la. vita d.eUa vecchia Italia: piccola, ma civile. Lampeggiavano tutte le furie selvaggie, le dem?gogie, _che· - nel n-oine sacro d'Italia, natu– ralmente! - ci porteranno alle bestialità del -fa. scismo, Con la soppressione della Giustizia la· penna di Treves er_a.spezzata. Spezzata in Italia, non· per l'Italia.· Chè in Francia, nelle angùstie dell'esilio, egili sarà ancora, finchè il cuore •colpito gli darà im battito, la guida, il combattente, lo spadacojno del Socialismo. *** 'Riavremo qui, accanto a noi, nella n?stra terra, le sue spoglie.

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