Critica Sociale - XXXVI - n.18-19 - 16 set-15 ott 1926

. .. ( 1 RITICA ROCIALE 291 r_appresentati vi a muoversi al di sopra di ogni par-• t1to o scuola pel conseguimento intero del suo 11,, grarnma cli rivendicazioni ». Tali scopi non poterono essere raggiunti di col– po, ma apparivano fin d'allora chiari nella 11. di coloro che dirigevano le masse. f] progra 11111 w ha sul,ìto, st_rada face1ido, cl elle nwclificazioni, · elle però non ne hanno mai alterata la linea fondameJJ– tale. Fin dai primi anni del suo funzionalllenlo ]a Confederazione del lavoro ha stretto delle relazio• ni con molte categorie cli lavoratori intellettuali, pur senza prenderli sotto la sua diretta tutela. 1', c1uesto costituiva allora uno dei suoi lllassimi torti agli occhi dei sindacalisti e dei socialisti più in– transigenti. Il riformisn10 era imputato sopratutto dell'accostamento del lavoro manuale a quello~ in– tellettuale, e molti sono aucora oggi - pare incre– dibile! - dello stesso parere. L'opera della Confederazione. La Confederazione del Lavoro dovette pro:v-ve– dere nei primi anni a mettere un po' d'orçline nel caos siudacale fino allora esistito, distinguendo, fissando, e coordinando mansioni e responsabilità degli organismi locali globali (Camere del lavoro) e degli organismi nazio.nali di categoria (Federa– zioni di mestiere). Questo lavoro. riusciva tanto piì1 difficile in quanto, come si è visto, il localismo era coltivato, in un certo senso, co1ne uua particolare dottrina sindacale. Separò anche, non senza fatica, il movimento sindacale dal politico, e poco alla· volta le idee si. chiarirono, partiti e sindacati rientrarono ciascuno uella propria ori,ita, gli appelli alla sol~darietà fu– rono disciplinati. La previdenza si accompagnò al– la resistenza, e· l'Qrganizzazione salì in potenEa. La • Confederazione diede un metodo, una. tecnica, una politica alle amorfe masse lavoratrici jtaliane. Cer– ti principii banditi da essa sono oggi universalmen– te adottati. All'epoca in cui la Confederazione fu costituita la legislazione sociale in Italia era ancora bam– bina. Funzionava già da qualche anno il Consiglio Superiore del Lavoro, ma in esso predominavano le vecchie forme associative - Camere di Comm.er– cio e Comizi agrari per i datori di lavoro, l\Iutne e Cooperative per gli operai - e il tecnicismo sin-_ dacale vi era scarsamente rappresentato. I Con– gressi Confederali portarono innanzi tutti i proble– rni nuovi, dalla giornata di otto ore alle pensioni di vecchiaia, dall'ispettorato del lavoro alle a.ssicu– raz'ioni. Non è certo per mala volontà della Confe– derazione' se non funziona oggi un vero Parla.men– to c.Ler lavoro, e se il sindacato libero non è stato inserito nel tessuto giuridico e.LelloStato libero, cioè basato sulla sovranità popolare. Sorsero con l'andar del tempo, a fianco e COll– tro la Confederazione del Lavoro, altri organismi centrali, ispirantisi a dottrine e a metodi diversi da quelli seguiti dalla Confederazione; ma questa è ri– masta sempre, sino alla rivoluzione fascista che tut– to travolse, l'organizzazione sindacale più rappre– sentativa del proletariato italiano, la più potente per numero di adesioni e per mezzi, quella cl~e e~er– citò la maggiore influenza nella yita pubblica 1tn- Biblioffie~ Gino Bianco La consistenza numerica. La Co11federa zione che nel 1906 contava forse 150.000 aderenti, vi.de nei successivi anni sviluppar– s·i i suoi quadri come in appresso: anno 1907 » H.108 )) 190!) » 1910 n 1911 » 1912 » 1913 » 1914 )) 1915 " 1916 " 1917 » 1918 " 1919 " 1920 » 1921 " 1922 " 1923 » 1924 Soci 190.lt22 » 258.515 » 292.905 » 302./4-00 " 383.770 » 309.671 » 327.312 )) 320.858 » 233.863 )J 201.291 » 237.560 n 2lt9.039 » 1.159.062 » 2.200.100 )) 1.128.915 )) )) )) 401.054 212.016 201.049 Beninteso, queste cifre rappresentano il totale netto dei soci calcolato in base ai contributi effetti– vamente pagati; con la tara dei 11011paganti per tutto l'anno, eppur viventi nell'orbÙa confederale, le cifre sarebbero spinte molto più in su. « Rispetta alinen le ceneri ... ». Se qualcuno ci avesse detto vent'anni fa: « Voi vivrete abbastanza per assistere all'apologia della organizzazione di classe ed all'esaltazione del cou– tratto collettivo di lavoro ad opera di quegli stessi padroni contro i quali vi organizzate appunto per costringerli a riconoscere il vostro diritto di fissare collettivamente le condizioni della prestazione d'o– pera », saremmo stati sùbito convinti di aver a che fare con uno cui aveva dato di volta il cervel– lo. Eppure l'impossibile si è avverato. Gli indu– striali e agrari, che mettevano alla porta i rappre– sentanti della lega, allegando che non ammetteva– no intrnsi. fra essi ed i loro dipendenti; che non tol– lera,·ano nessuna azione che paresse aver caratte– re di pressione collettirn; quei medesimi industria– li e a-grarì fa1mo adesso la più smaccata apologi;t del sindaculismo e del contratto di. lavoro. Delle due l'una: o questa classe industriale non capiva niente vent'anni fa, o il sindacalismo e il contratto collettivo hanno perdut6 per istrada quegli attributi che li rendevano cosi odiosi ai pa– droni.. Ognuno cerchi di spiegarsi il mistero da sè. Noi propendiamo a credere vera l'una. e l'altra co– sa. Ci potrebbero dire, d'altronde, che non del 110- stro sindacalismo fanno l'apologia. La Confedera– zione è morta ammazzata e - ·strano a dirsi - le Confederazioni sono nate a dozzine; l'Italia è tutta federata, confederata, superconfederata. I morti, si sa, non possono parlare, nemmeno per ri,·endicare 'i loro meriti. ~la. Yia, un, poco di rispetto per que– sta grande Morta, operatrice di tanti miracoli, non sarebbe fuori luogo. Tanto più che rinascerà dalle sue ceneri. R. RIGOLA.

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