Critica Sociale - XXXVI - n. 17 - 1-15 settembre 1926
CRITICA SOCIALE 261 ---~~---:--~---~~------------==- ______________ _: l'impasto duro con lieviti naturali richiede .una più diligente e lunga .lavorazione e cottura, che con– trastano assai con consuetudini lavorative sempli– cistiche rinsaldatesi nell'ultimo decennio - e che influiscono sulla qualità e sulla resa_ Un tale pos– silJile mutamento darebbe qualche miglioramento, ma non influirebbe di molto sulla situazione. * * * Il decreto 12 agosto scorso, fissante il nuovo tas– so di, abburattamento, delegava alle Commissioni annonarie provinciali la determinazione della resa locale che poteva variare dall'80 all'85 per cento, a seconda del peso specifi,.co del grano passato ai mu– lini. Tale f~coltà porta a differenze tra provincie limitrofe, che dànno occasione a contrasti tra eser– centi fornai e consumatori, e a spostamenti di for– niture di farine. In una stessa via e da esercenti diversi, qui in Milano, si hanno varii tipi di pane: più chiaro e migli0re da uno, più scuro e peggiore · dall'altro. Perchè? Semplicemente perchè questo o quell'esercente fornaio ha saputo provvedersi di fa– rine a Torino e a Cremona, invece di ritirarle dai mulini di Milano. Eppoi un mulino piuttosto di un altro può dare farip.e di maggior forza, il che vuol dire farina che ha requisiti atti a produrre, con un dato peso di essa, un più alto peso di pane di buo– na consistenza d'impasto e di buona forma. In seguito però ad una riunione del Comitato centrale annonario che ebbe luogo il 23 sett. a Ro– ma, il Ministro dell'economia ha disposto di tò- -gliere· l'inconveniente e di portare in tutta Italia il tasso di abbm·attamento (resa in farina di un quintale di frumento) all'82 ·per cento. Questa uni– formità è logica, ma non evita l'inconveniente dei mulini che hanno due lavorazioni, e cioè: produ– zione di semolini e farine pei pastifici, e di farine pei panifici; duplicità di lavoro che può dar luo– go. ad espedienti che gli agenti fiscali difficilmente riescono a constatare e a impedire. Data ora la uniformità di resa in farina per tutte le provin– cie, è più facile identificare le previsioni di ri– sparmio di frumento. Se - per como.dità di cal– colo e arrotondamento di cifre - dalla previsione di fabbisogno granario (non mai ben precisata) in 78-80 milioni di quintali, si tolgono per semine e de– stinazione ai pastifici 28-30 milioni di quintali, resta– no 50 milioni q.i quintali da tramutarsi in pane pei circa 50 milioni di Italiani. I detti 50 milioni di quintali di frumento pos– sono dare 35 milioni di quintali di farina bianca alla resa del 70 % e con tale quantità di farina possono prodursi (alla resa del 118 per cento) quin– tale 41.300.000 di pane bianco. Dagli stessi 50 mi– lioni di quintali di grano, se macinati all'82 per cento di resa, possono invece ottenersi 41 milioni di quintali di farina bigia, e da tale quantità di fari– na possono ric~varsi 51 milioni e un quarto di quin– tali di pane bigio, calcolando una resa effettiva del 125 per cento. Ma poichè il fabbisogno di pane dovrebbe non variare e contenersi nei 41.300.000 quintali, si può presumere un risparmio di frumen– to che corrisponda alla maggior quantità cli pane data dal 'l'incrudito tasso cli abburattamento, e cioè quasi 10 milioni di quintali . Se il consumo di pane bigio uguagliasse al mas– simo - come taluno ·pensa - quello consueto di pa– ne bianco, e si trascurasse lo squilibrio che il Ya– riato tasso di abburattamento delle farine produce Bibli~ea1~i81t3~t16 crusca ad uso di mangi- me animale, U risparmio risulterebbe notevole, in– dubbiamente benefico per la odierna azione di disci– plinamento dei cambi e di miglioramento della mo– neta. Non si può trascurare ad ogni modo il coeffì– cente svalutativo derivante dalla cattiva qualità del pane. • Pel previsto risparmio dipendente dalla resa del– l'imposto abburattamento, anzichè tener fermo i I sopraindicato fabbisogno di 50 milioni di quintali di frumento per la panificazione, basterebbero cir– ea 41 milioni di quintali, se non esistesse le sciupìo di cui è detto sopra. Le quotidiane lamentanze della stampa e le stesse proteste di non poche organizzn. zioni fasciste accertano che la qualità dei pane ti– pi di farine e cattiva confezione) provoca il lamen– tato sciupìo. In varie circostanze è stata constatata la dispersione di parti immangiabili fino al 40 pe1· cento, cifra che non può essere tenuta valida per computi di carattere generale. Ma è certo che la qua- 1,ità del pane "(farina, impasto e cottura) portB ad una perdita e quindi ad un maggior consumo di un quantitativo non inferiore al 10 per cento della pro– duzione totale. Anche un più severo controllo della produzio– ne non risponderebbe allo scopo. Non è esatto che nelle oampagne si confezionasse in passato dell'ot– timo parie casalingo oon farine fino a~l'85 per cen– to. Altri erano i risultati della vecchia macinazione a fondo e dell'uso dei buratti. Le nostre famiglie non si accontentavano dell'abburattamento fatto dal mugnaio. La farina come veniva dal mulino pote– va essere così usata pel pane biscotto, ma per la pasta fresca e pel pan'e comune - qua-si sempre di pasta dura - lavorava lo staccio apposito, là dove nor...era il piccolo buratto casalingo. _ L'alta macinazione, coi suoi sempre più studiati perfezionamenti, i quali riducono in minutissima polvere anche le parti del grano, che prima lo staccio riusciva a sceverare, non è per la produzione di fa– rina come quella che si usa oggidì. I congegni mec– canici moderni possono servire anche a questa la– vorazione, dando però il prodotto che tutti sono in grado di -giudicare. E allora? • * * Allora, per evitare sciupii e trarre dal provve– dimento un utile reale, allo scopo di non mettere huon numero· di consumatori nelle condizioni di spendere di più e di paralizzare involontariamente l'azione di raccoglimento annonario che il Gover– no si è proposta, conveniva portare il tasso di ah– ln1 rnttamento ad una diversa quota (75-76 per cen– to) tecnicamente rispondente al sicuro realizzo di un buon risparmio, niente affatto limitato dalla cat– tiva qualità della farina e del pane. Nel caso si te– messe un eccesso di consumo di pane migliore, sa– relJbe più pratico addivenire al radonamento di un pane buono, piuttosto che veder disperso parte del pane cattivo con la eliminazione del beneficio che lo Stato intende realizzare. Le vicende del vettovagliamento nei momenti ec– cezionali sono tortuose e contrastanti. Le imbriglia– ture, le restrizioni, il Yincolismo alimentare non so– no simpatici, e questo si comprende, e non sarel.J-· be, da sè, una buona ragione per non affrontarli: ma il peo-o·ioè che non riescono a procacciarsi fidu- r,o , eia di buon effetto, perchè in realtà il più delle vol– te non raggiungono g-li scopi prefissati. La diffìcol– t~1 dei supremi reggitori è nello scegliere i tempera-
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