Critica Sociale - anno XXXVI - n.11 - 1-15 giugno 1926
.J,. 162 èitrrrèA sbcrALE nata da una prevenzione sentimentale non si distrugge con le ragioni... di fatto. Certo è che il SalvelI)-ini, con– tro quel connubio, che in ogni caso doveva soltanto at– terrire i bottegai del Nord, immaginò che sarebbe stato una· catapulta rovesciatrice il suffragio universale, che avrebbe àvuto da sè e per sè la poten.za di distruggere le camarille meridionali, su cui (.e sul connubio so– cialista) poggiava, secondo lui, la dHtatura parlamen– tare del Giolitti. Di questo castello fiabesco il Gioli(tti stesso si compiacque di fare la più beffarda demo– lizione largendo subito il suffragio universale, e dimo– strando così che pon esisteva una f)Olitica socialista di riforme ... politiche contro le eoonomiche, che il suf– fragio universale valeva non tanto per sè quanto per l'uso che se ne sarebbe fatto, una volta che a conqui– starlo c'era voluto così poco. E poichè le Cooperative si diffusero anche in molte parti della Sicilia, la dimostrazione fu completa. L'an– titesi « riforme materiali e riforme spirttuali, riforme economiche e riforme polit-iche » è, oocialisti-camente, un noh senso. Il «riformismo•», cari'oo di tanti pec– cati di contubernio, per cagione delle Leghe e delle Cooperative, essendo al potere del partito, fece alla: impresa libica un'opposizione così ardente che riscal– dò gli animi... à fav0re dei rivoluzionari. E i ri'voluzio– narì, arrivati al timone del ·Partito sulle ali delltop– posizione « riformista » all'impresa di Libia, furono es– si più decisi nell'indicare le riforme poli1iche, nel~ l'impostare la questione istituzionale con p'referenzai assoluta su tutte le altre? Ohibò! I rivoluzionari, che non erano, in realtà ,se non intransig.enti, nè vaiorizza– rono le riforme sindacali, nè posero il problema isti– tuzionale, perchè troppo loro premeva di evitare i con– tatti necessari con altri partiti. Giova pur rico,rdarlo, poichè i nostri contraddittori amano appellarsi ai «rivoluzionari» (che dal 1904 al 1908, e _poi dal 1912. a-el 1922,· ressero il Partito) e sim– patizzano e si dan braccetto, t1elle critiche a noi, coi repubblicani. La questionç istituzionale, ,ehe, adesso, con una retroattività che troppo spesso inficia le cri– tiche del Rosselli e dei suoi amici, ci si rimprovera di avere obliata, non fu fatta nè dai rivoluzionari, nè ... dai repubblicani, cioè da col'oro che av-evano espresso. e specifico debito programmatico di farla. Non fu falla quando più (se mai) era per loro l'occasione di farla; cioè quando le istituzioni mostravano ed usavano - ben più che nelle consuete funzioni rappresentative, e decorative - una prerogativa che menomava le fa– coltà del popolo ·e dei° suoi mandatari in Parlamento. Nella circostanza della proclamaziòne delta guerra, ad esempio, i repubblicani aGcettarono il metodo ... plebi– scitario delle manif.estazioni di piazza, e si aggrega– rono ai loro oompetit-ori ,'monarchici. Nell'ora della, crisi, dove sfociavano tutti i precedenti, gli antilmo– 'narchici en titr.e erano per la monarchia. Come dunque poteva il problema islituzionale ac- . quistare quell'ardenw attua~istica e pregiudiziale per il proletariato, da indurlo a· metterfo al primo postò delle sue rivendicazioni? Si possono al riguardo fare delle recriminazioni scolastiche; ma appunto sono ... sooJa. stiche, cioè antistoriche ... Certo la questione si porrà (e non al proletariato sol-· tanto) negli ulteriori sviluppi del1a situazione italia– na. Ed è bene che i giovani abbiano l'intuito di ciò· , ancorchè - ciome è il tort-o della loro filosofia che suol porre ogni cosa sub specie aeternitatis - ~iano tratti a retrodatare ·1a significazione dell'idea in modo da tirarne un motivo di critica - critica 'ana,cro.nil– slica - ai lor<;>predecessori. · BibliotecaGino Bianco Ma non da ciò e perciò si può ricavare che il pro– cesso politico del movimento socialista in Italia, in pa– ragone del movimento socialista degli altri Paesi, qua– li siano state le sue sorti, abbia peccato di scarso idea- lismo. · · . Il Se essq ha messo in primo piano e con più assidua cura le questioni economiche, si è perchè così voleva la situazione storica e sociale del proletariato da cui prese le mosse, e 1;>erchèil s•ocialismo - come primo istinto - è lotta anticapitalistica. Qui è il suo « ideali– smo » specifioo, e tanto più doveva esserlo in Italia, dove il socialismo si rivelò primamente come un moto di schiavi che non potevano più reggere alle loro mi– serie. Argomentano, a 'posteriori, i nostri critici: - Do– vet~e -essere tiene scarsa questa educazione idealisti– ca, se il proletariato si acconciò sì facilmente alla sua sorte! Or qui conviene distinguere. Educaziòne civica, quella che fa sentir così poten– temente a un cittadino inglese la mancanza del giornale che egli preferisce o una limitazione anche minima del suo habeas oorpus, non ve t1'è molta, da noi, pel' ben note cagioni storiche. Ma essa non manca al pro– letariato più che non manchi agli altri ceti. Il fenomeno è generale; ~ perchè dovremmo risponderne noi in particolare? Educazione di classe, per cui il proletariato avrebbe dov.uto resistere se avesse avuto miglior « preparazione psicologica » ( come ,la chiamavano gli estremisti del dopoguerra), non affel'meremo noi che i nostri lavo– ratori ne avessero da vendere. Ma la discussione è, oltre che penosa, oziosa, una volta che, sul terreno pratico, è ben chiaro, a chi ci rifletta o l'abbia visto da presso, che il procedimento, dèlla conquista 1921-22 fu tale e così sui generis, che nessun proleta:riato, anche più temprato, avrebbe po– tuto. difenderseNe. 'Jì,esi che ha ris&mtro e conferma, in tutti gli eve:nti esteri, dal. Russo del 1917., al Po- lacco d.i ieri.' · Per la tecnica déi moderni mezzi di guerra (militare o civile, noJ1l importa) solo chi può aver per sè una parte dell'esercito, o procacciarsi un attrezzamento equivalent~, vince. 1 mòniti dell'Emgels sulla utopia delle barricate nella topografia delle città moderne, tornano veri, oggi, per altra vià. *** Non vorremmo chiudere questo ri-epilogo e questi spunti ed « appunti sparsi» di polemica amichevole, senza fissare un concetto, che è di principa1e impor– tanza, e. che è, im cer~o sens•@,conclusivo. Ha scritt-o il Rosselli che all'indirizzo delLa con:ente prevalente (riformista), si tentò di apportare correzione, dal La– briola nel 1904, e da altri di pòi, ma indarno. Potrern– mo obiettargli che il « riformismo » trovò in sè le sue correzioni, e la forza di reagire alle deviazioni dei suoi interpreti eccessivi o tmilater.ali od illusi. Un ri~ chiamo « a sinistra » nell'estate del ·1910, _prima del Congressç nazionale di Milat10, partì da Reggio Emilia - il centro massimo del movimento ooo_perativo: vedi caso I - e il Congresso di Milano lo sancì, e J1lelCon– gresso di Modena del 1911 la fraterna requisitoria di Turati conti-o H «·destrismo » di Bissolati fu un segno di sanHà e di forza idealistica del « riformismo », de– gn0 di un .grar;ide partito. Se un rnale "i fu, fu che· il movimento sociailist.a,-. operaio italiano non abbia mai potuto seguire un me-
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