Critica Sociale - anno XXXVI - n.11 - 1-15 giugno 1926
• t CRITICA SOCIALE 169 conquiste economiche operaie, come l'organizzazione sindacale, la legislazione sulle fabbriche, i-l regime as– sicurativo ecc., trova resistenze insuperabili; di guisa che la reazione non può non procedere di conserva colla frode inflazionistica, nonostante i danni notorii di quesl'ultima p·er l'economia generale. C'è di più. La pressione borghese, essendo violenza dei meno sul maggior numero, non può reggersi senza fare leva sopra la suggestiva ideologia nazionalistica, fascina– trice di cuori ed ammaliatrice segnatamente dei giovani, dall'animo sempre generoso ed entusiasta. Ora, manco a farlo apposta, se la ricostruzione eco– economica dell'Europa non può avvenire senza aspri e lunghi sacrifizii delle masse operaie, altrettanto e non meno indispensabile, a tale scopo, è la Pace, la concordia, la massima solidarietà politica ed econo– mica dei varii Stati e popoli europei. Ma il nemico più fier,o e l'ostacolo maggiore di co-. testo « spirito di pace» è appunto l'ideologia nazio– nalistica. Ne segue che, a quel modo che i vantaggi dell'in– flaz;one, nel falcidiamento ~ei salarii e pel più rapido ritmo del processo «ricostruttivo», sono oontrobilan– ciati da molteplici danni eoonomìci di una « valuta malata», del pari quel tanto di utile, che, eoonomica– mente parlando (cioè prescindendo da ogni conside– razione etica), potrebbe recare la compressione violen– ta di ogni aspirazione proletaria ad un viver,e più agh– to, resta neutralizzato e distrutto dai danni dell'ideo– logia nazionalistica, creatrice di. una velenosa atmo– sfera di sospetti, diffidenze, invidie e rancori fra gli Stati e quindi in diretta antitesi con quello spirito di pace, di concordia e di collaborazione, se~a il quale è vano sperare che l'Europa possa mai più raggiungere l'opulenza e il sospirato benessere di un tempo. Ma, come si è veduto, il regime di violenza antipro;.– letaria non potrebbe sussistere senza il presupposto dell'entusiasmante ideologia nazionalistica, che ne fru– stra fatalmente il successo. Rimane la terza via, quella della giustizia. Ed è la sola via che condurrebbe alla meta. E c;oè la borghesia non dovrebbe contrastare, come fa, il trapasso alle classi lavoratrici del potere po~itico, ma anzi acconciarvisi di buon grado, pretendendo solo, in cambio, che le masse se ne rendano veramente de– gne, immedesimandosi ed investendosi esse stesse della superiore necessità per l'Europa, che tutti, piccoli e grandi, si sacritichino e si stringano la cintola per un determinato tempo, onde rendere possibile una celere accumulazione di ricchezza, riparatrice degli enormi danni della guerra mondiale. Codesto metodo evita le fatali ripercussioni antie– conomiche, sia del metodo inflazionistioo, sia del me- , todo della violenza, troppo strettamente legato quest'ul– timo. oome si è visto, alla intensificazione degli entusia– smi 'nazionalistici, alimentatosi, e non senza ragione, della perenne diffidenza e discordia fra _gli Stati e, per ciò stesso, ostacolo principalissimo ~lla s?~lecita • ricostruzione economica ». Avendo per se tutti 1 van– taggi e nessun serio danno da qualsiasi punto di vi– sta - etico, politico,. economico - è fatale, che, pri– ma o poi, il metodo della « giustizia » finisca pe~ im– porsi oolla forza irresistibile di tutte le cose vere, gmste e tecnicamente congrue al proprio fine. *** Richiamiamo in proposito tre fatti, il primo apparte- nente al passato, gli altri due oòntemporanei. I. Ricordiamo il decennio, che precedette lo scop– pio della rivoluzione francese. Eccone la cronaca som– maria. 1777. - Licenziato dal re il sapiente e coscienzioso Turgot perchè di spiriti troppo «riformatori», ~osviz– zèro Necker è chiamato al Ministero delle Fmanze. Ma anch'egli propone, come rimedio alle crescenti dif– ficoltà politiche, l'istituzione di « assemblee provin- Bibl iOt608»GinoBianco 1781. - Necker puhbl:ca il famoso « Resoconto fi– nanziario», che solleva ondate di sdegno nell'opinione pubblica. Per questa ed altre sue «malefatte», il ì\Iini– stro, inviso al Re ed alla Corte, è mandalo a spasso. Gli succede· il ciarlatano, sperperatore c cortigian<'– sco Calonne. Intanto. nelle campagne e nelle città di provincia, le sommosse spesseggiano. La Regina Anto– nietta riceve il nomjgnolo di « Madama Deficit ». La borghesia, creditrice vllrso l'Erario di somme ingenti, sta sollo Pincubo continuo della• bancarotta di Stato». Febbraio 1787. - Calonne, soffocato dalle sempre più imbarazzanti difficoltà finanziarie, convoca a Ver– sailles una « Assemblea di Notabili». II debito dello Stato aveva raggiunta la cifra, per quei tempi spaven– tosa, di ul1' miliardo e 645 milioni; il deficit annuale ammontava a 140 milioni. Maggio 1787. - L'Assemblea di Notabili, composta di privilegiati, si scioglie senza avere naturalmente nulla conchiuso. li leggerone Calonne è mandat,o via e sostituito da Brienne. Giugno 1787. - Il Parlament,o•di Parigi rifiuta nuove imposte alla Corte. Per quanto arcircazionario e per quanto i suoi moventi siano oscenamente egoistici, que– sta sua opposizione gli solleva intorno una tempesta· di popolarità. Il Re lo esilia, ma,, qualche mese dopo, è obbligato a piegarsi ed a richiamarlo. Agosto 1788. - Licenziamento del Ministro Brienttc e richiamo di Necker, Convocazione degli « Stati gene– rali » per il 1.o maggio 1789. Riassumendo, la situazione era questa: Il vecchio regime si sapeva ormai inviso e screditato cli fronte alla borghesia ed al popolo. Esso, eia una parte, non aveva più nè la forza, nè il coraggio di imporre alla borghesia, agli operai ed ai contadini già troppo tar– ta'ssati di tasse, mentre clero e notabilità nulla pa– gavano, i sacrifizii pecuniarii occorrenti per turare le falle sempre p:ù terribili del bilancio. Al tempo stesso, non voleva barattare tale concorso pecuniario contro concessioni politiche. Se non che, dopo dieci anni di vani sforzi per tl'Ovare ripieghi e scappatoie ad una situazione ognora più in– sostenibile, il re e la Corte sono obbligati a fare proprio c:ò, che con tanto accanimento avevano cercato di evi– tare, convocando gli « Stati generali », onde provvedere, di comune accordo col popolo, alle impellenti neces– sità finanziarie dello Stato. Come tutti sanno, è preci– samente con questo atto, che si inizia la grande Rivo– luzione. II. Che cosa accade oggi in Inghilterra? L'Inghil– terra, che non per niente è la culla dell'Economia poli– tica, non volle saperne di inflazione, anzi, tosto finita la guerra, fece ogni sforzo e sacrifizio per correggere con sollecitudine il lieve scarte della sterlina da:lla pa– rità aurea. D'altro canto, il nazionalismo non poteva far da catapulta contro le masse opera:e in un Paese dove, tanto per dare un esempio, durante la guerra ci volle del bello e del buono per dissuadere j minatori dall'ar– ruolarsi in massa come volontari, visto che ,la loro opera nel sottosuolo era più utile al Paese che non il loro accorrere ai campi sanguinosi di Fiandra. Nel tempo stesso, i due partiti, conservatore e liberale, usa– vano di tutte le loro risorse e ruses politiche per sbar– rare la via del Potere al proletariato, fino a ricor– rere, nelle ultime elezioni, al poco serio mezzuccio della lettera, vera o falsa che fosse, di Zinovieff. Ed ecc<?,che la borghes;a, di fronte alla crisi indu– striale, che minaccia oramai di incancrenire, fa appello al « civismo » delle masse, perchè aiutino, per quanto è in loro potere, la scossa economia inglese. Dunque il Potere, no; ma riduzione di salarii. ma ora– rii più lunghi, sì. Questo pretende la borghesia. E il proletariato naturalmente e giustamente a rispondere picche. In ciò consiste la « crisi inglese •. Questo è il male p.rofondo, la malaltia nascosta, della quale l'o– dierna « controversia mineraria• non è che un sintomo appariscente, un caso tipico e rivelatore. III. \'ediamo ora la Germania.
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