Critica Sociale - XXXVI - n. 10 - 16-31 maggio 1926

154 CRITICA SOCIALE .. Un-suggestivo ·parallelo storico Nel suo re.cenic \'OltÌ111e: La Rovina della Civiltà w({ica (1). 1:islnmp:1 ll lraduzlon<' l'atta da,l figl:o Leo di una serie• di articoli giù comparsi sulla parigina H.evu.e des deu.x lllondes. (;u-glielrno Ferrero solleva ecl affr@nta un inleressanle quesito. 11 · quèsilo oioè se esista un. nesso logico, una t:ausalitù conultle; fra l'im– provviso tracollo della prospei:ilà del, mp1.1clo greco– romano che ebbe luogo nel corso del. 1II secolo d. C., e il grave colpo sofferto dall'Eu_ropu io seguHo agli avv~nimenli ciel 191-J e anni successivi. Il Ferrero crede di avere trovalo la soluzione di tale solleticante problema 11él-fatt0 che, tant0 allora 'quanto adesso, sarebbe ·venuta a mancar€' mm torte Autorità, capace di impor.,;i alle. volonlù ed agli in– lelleHi degli uomini e qu:11di anche di paclroneggi:an, gli avvenimenti e cli evitare lo seateNarsi e il' Lra,gico cozzo cli forze caotiche ed anrerse. . Dei cinque capitoli ciel libro, i ,primi quallro -sono dedicali alla narrazione ed analisi storica di qu.el p<>– riodo così interes.sanle e movimentato dell'Impero ro– mano. che va dai primordì ciel III secolo d. C. ai primordì del IV. .. Per la maggior parte del pubbl'i-oo, che JJt·ohalJil– mente ignoi•a i, classici l.ivori del genere, come, per lacere di altri, la mag1~iriea monografia clell'Uluslrc st,orico lacopo Burckhardt « L'epoca di Costanti.no Magno», tale leltura riescirà senza clulJIJi,u assai gra- devole ccl istruttiva. · Quanto alla lesi sostenuta dall'Autore, il quale si ·mostra convinto eh~' i molti guai ( ,ruerre esterne e eiYili, carestie, péstilenze. anarchia, pf.epotenza di sol,– clatesche e stragi di inermi cittadini. impoverimento e rimbarbarimenlo su tutta la linea) che si abbatlerono :,ul,J'lmpero romano nell'infausto cinquantennio 33fi– ::l85 d. C., si sarebbero ·agevolmente evitati. solo che il Senato avesse.ancora posseduto il prestigio e l'auto– ;·ità ài un len1po, esso ci sembra piuttosto delJole. NQn ::;appiamb se il Fcrrero ne abbia proprio l'intenzione, ma cerio egli ha· tutta l'aria di volere avere scbperto, a guisa di uòvo di Colombo, il- vern ed unico motiivo, fino ad ora sfuggito a tutti gli stor:c\, della rovina– deHa civiltà antica. In realtà (e se la te'si non gli pren– desse la mano, il Ferrero lo sa, al pari cli ogni altro) i motivi. clella, rovina della civiltà antica sono molti:;plici ed ençmnemente intrecciati, ed in parte. anche per la scarsezza e per la poca attendibilità delle fonti, anche disperatamente oscuri. · (Per esempio due storici cristiani dei tempi di Dio– cleziano,. parlando del tempo anteriore alla grande persecuz10ne del 303, dipingono l'uno le ooncliz~on~ dell'Impero come brillantissime, l'altro invece come miserrime). E quello scadimento clell'" autorità,, che il Ferrero presenta oome una caus:1, era anch'ess'o un .effetto,. -0_· ùn elemen(o, µi una situazione generale. Ma, cadendo la tesi, cade naturalmente anche la sua applicazione pratica ::ii nostri teinp~- e .il co·nsio-lio che il Ferrero dà all'Europa, di rispet'tare, in m~nc'anza di al,tPo· « Prirtcipio di autorità», almeno la Democra– zia é il ~arl_amen_t:,:trismo, sarà magari anche buono, ma non rimane pm avvalorato, come eali invece vor– rebbe, dalla lezione delle vicende di Ro~na nel III se- colo cl. C. , ;\'oi crediamo invece, che il Ferrero abbia avuto u 11 alJbast~llza giusto intuito opinabdo che vi sia qualche cosa d1 comune e qualche cosa di interessante da sco– prire ~ ~a dire in _riguar~o a quella spec:e' cli identitù dt casi fra le tragiche vicende del III secolo· d. C. e l'infai.tsto 1914, ancorchè poi la soluzione da· lui dala dell:interess~nte quesito non ci sembri troppo indovi– uala e convrncente. Infa~ti questa soluzione è manche- ,"?le .perchè non soddisfa da nessuno dei due punti dt ,·ista: cl~e _~onopossibili, in_materia di storia. Questi due punii eh visla sono la storiografia oomune e la filosofia della stori~. . Ora., da:! punto cli vista della storiografia comuni! :11!c!1cammess?. che la ma,ncanza di sufficient~ ... -prc~ ·: \ig1? ~cl autorita morale del Senato di fror1te alle le– g1on_L _nvollos_e :ihl.~ia indllui.fo non poco sul corso dei lrngic1 a, 1 ven11neNti del III secolo, questo fatto resta pur sempre una fra le tante cause, che concorse.rò a , <_q G!-lgllelmo FeJ·rero: La Rovio.b.Jiella _Cif!iltà• antica, Edmor1'1 Atbena; 'Milano, 1 1:926 (L. 1-0), · BibliotecaGino Bianco produrre l'anaréhià generale. e,: probàbilm~nt~ non fu neppm·r il fatto più- saliente. . . , ~:lettendosi i n:veèe· ctall'altr.o punto di vis la, quello del-. la Filosofia deJta Storia, eh.e mira le ,COl>e m9lto <;lal,~,– l"allo, astraendo da tutte le cause e vic~ncJe particolan, e singole o, se più piace, l'iassumendul.e llllte: quante in ui1'unica sintesi, bisognerebbe venire' se mai .a lai- l'altra conchiusione. • ' .. • Noi, per esempi?, prop~n:enrnio quesla, ~~ qÌ.talè <?i• sembra non solo p1u plaus1b1le. ma anche pm suscettr- bile di applicazione pratica. · . A noi sembra che, ravvicinando fra loro gli 'avve- · nimenti del III secolo e quelli del 191<1, dal loro :con– fronto e dalla _loro analisi scaturisca questa verità e questo insegnamento: che, finchè l'umanità non abbia, .altra verso molte e dolorose .espe1:ienze storicbe, pa– gando. og1·1ivolta, e come I, di persona, r4tggiunto un .così alto grado di maturità politica, sociale. econo– mica, da capire veramente ed a fondo ciò che le 'nuoce e ciò che le giova, quali .sono gli istituti e gli ordina-. menti piti adatti a procacciare _il più elevl:\to grado di · benes~erc materiale, cli libertà. soliolarietà e 'giustizia; fino allora. che è il punto limite del progresso c;vile, al quale d'altroncle costantemente ci avviciniamo, il benessere materiale e l'elevatezza morale degli t101ni 0 ni è più che altro in balia del -caso, deJ concor;o fo.r– lulrnlo o sfortunato di circostanze. lu lale situazione, il massimo, che possono fare g1i · uomini, è, od att~nd,,we pazientemente ~he_si riproduca una nuova congmntura favorevole d1 c1rcostanze, o· tutt'al più portare un certo loro oonlldbuto a che tale congiuntura favorevole si produca o riproduca più sol– lecitamente e sicuramente. Chiunque conosce gJi soitti di Marx e di· Eqgels sa che essi di confinuo ebbe1;0 in mente tale concetto. ,\ppunto queslo ordine di idee essi intesero espri– mere quando dicevano che. prima dell'avvento del « Co– munismo» ossia del cosciente regolamento di· t.utti i rapporti sociali a cominciare da qùell'i più •importanti d1 lutti, ossia da quelli economici, più che di « Storia » era il caso di parlare di sempliice « Preistòriia » del- l'umanità. · Il medesimo pensiel'O essi lo esprimono poi con altre parole, allorchè, « civeltando i, colla terminologia he– geliana, dicevano che, ool« Comunismo » 1 ·l'umanità s:..t– J·ebbe passata dal regno della necessità, (cioè dal trovarsi in balìa degli avvenimenti) al regno, della .Ji– ber.tà , (cioè a potere liberamente e coscieuterilente de– terminare e dirigere le cose sociali, economiche e po- litiche). . , Effettivamente, tanto i Romani del III secolo quanto. g1i Europei odierni non. meritavano fa _prosperità di cui avevano goduto in precedenza. Prova si .è, che de.gli accidenti abbastanza stupidi bastar,ono a farli· preci– pitare dalla pro~perità nella miseria. Dio me l'ha dato, . Dio me l'ha tolto. Riferito ai casi d'oggi, quanto.- so– pra si è detto si presta a due ordini di consideraz,ioni di caratl~Fe pratico. In primo luogo, noi Europei del 1914 possiamo con– sideravci assai più fortunati dei nostri fratelli di sven– tura del secolo .III dopo Cristo, iil quanto che la no– stra_ ossatura economica, sociale, politica, tecnica, m'a– rale, scientifica e molto più resistente della ossa~ura analoga del mondo classico. Noi. siamo « più duri a mori.re ». - _ Anzi, .ci sarebbe a tale proposito guàsi da chiedere se per avventura .una delle cause maggiori del elisa• stro 1914-1918 non si debba proprio ricercare _in Q.U~– sl~ enoi•me el,asticità e resistenza dell!l nostrll eco- • nomia e oostituzfpne sociale e politica; nel senso cioè. che i popoli d'Europa, pur stimando la guerr~ una cosa tragi'ca, airoce ed orribile,· non si preo<;cuparono troppo delle consegùenze, vedendo che tutto sommato la vita procedeva « dietro il fronte »i' in guisa quasi normale. La guerr::i- era. come un grosso -salasso l'ibe– ~an~ente· e_v_olontanamen~e SOJ?portato. Per quest-0 ver– so, 11ra:vv>1cmamento fra 1' fatti del III secol.ò e lo stato attuale ùi cose non dovrebbe molto att.errirci a·nzt il paragone zoppica alquanto. · , ' Basta di!re che, mentre, alla fine d~Ua. cinquante11~ nale anarchica 335-385, la popolazione dell'Impero Ro-· mano era spaventosamente scemata noi ogai in Eu– ropa, ~ffoch!amo per l'ecc;esso deÙa popofa~ione il c~e, a. ~ero dire, costituisce già per se solo una b~lla. d1vers1ta. '

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