Critica Sociale - XXXVI - n.8-9 - 16 apr.-15 mag. 1926

136 CRITICA SOCIALE riodo 1nistico. I Vangeli non pretendono di essere una cronaca, una storia: sono una apocalisse, una rivelazione di Dio: si intitolano buona novella. San Paolo li chiama misteri. -Ma guesta rivela– zione di Dio, questo mistero, diventò per i cri– stiani la loro storia. Con la lettera dei testi sacri nacque il dogma, cioè il decreto: e la lotta, l'agonia- fu all'interno, del dogma, e per il dogma stesso, in f9rza della contraddizione che il dogma porta in sè, poichè la lettera uccide. E si vide l'agonia dogmatica, la lotta contro le eresie, la lotta delle idee contro i pensieri. Ma il dogma viveva delle evesie come la fede vive dei dubbi. Oggi si predica un cristianesimo.sociale, un re– gno sociale di Gesù Cristo. Ma che cosa la vera « cristianità » può aver di comune con la società di quaggiù, della terra? Cristo disse che il suo re– o-nonon è di questo mondo, e ingiunse di dare a c:esare quel ch'è di Cesare:· rifiutò di rispondere a coloro che lo interrogavano se fosse lecito ne– gare il tributo al sovrano straniero, all'invasore, al nemico della patria ebrea; mostrando così di disinteressarsi dei problemi politici ed economici, coi quali la sua buona novella non aveva nulla cli comune. Il quarto Vangefo, quello di Giovanni, rivela il motivo per cui Gesù fu fatto condannare dagli scribi e dai farisei. È un motivo dì « antipa– triottismo ». Coloro temettero che l'agitazione da lui provocata fra le turbe offrisse pretesto ai Ro– mani cli intervenire a sopprimere il popolo d'I– sraele: onde Caifa disse « esser.e conveniente che un uomo solo perisse per salvare la nazione in– tiera ». Dopo Costantino, quando cominciò la romaniz– zazione del cristianesimo, i Cesari si posero a pro– teggere i dogmi, « e apparve quella cosa orribile che si chiama il· Diritto canonico ». Si conso1iclò la concezione giuridica e sociale del cristianesimo. Diritto e dovere non sono sentimenti religiosi cri– stiani, ma giuridici: il cristiano è grazia e sacri– ficio. E la democrazia cristiana è la più assurda delle invenzioni, poichè colui che sostiene la ti– rannide può essere tanto cristiano quanto colui che difende la democrazia o la libertà civile. IL cristiano, uomo che viye in società, non può disin– teressarsi della vita sociale; viceversa, l'ideale della cristianità è un cerbosino che abbandoni pa- . dre, madre e fratelli per Cristo, e rinunzii a fon– dare una famiglia. Questa rinunzia è inconcilià– bilè con la necessità che il genere umano, e la stess~ Chiesa, hanno di esistere. Dunque? ,Agonia, agoma! La lotta intima - l'agonia - del cristianesimo ricomincia ogni qual volta i suoi ministri si immi– schiano nelle cose ·terrene «. Riecentemente i· ve– scovi spagnùoli in un documento collettivo procla– marono la gu~rra per il protettorato civile - _pro– tettorato! e c1v1le'!- della. Spagna sul Marocco. Chiamarono quella guerra una crociata. E deve portare· questo nome non tanto per la croce cli cui i guerrieri si fanno un emblema ~uanl'O per quella ch'essi brandiscono a modo 'd1 mazza e con cui fracassano la testa degli infedeli. Terribile lotta e te-rriblle agonia ! · · . Capitol~ in~ier~ del V?lu!lle di cui ci o,ccup-iamo so~o. ded1cat1 a1 ma.ss1m1 problemi dell'es1eg,esi cristiana, per esempio a quello della « storicità » di Gesù, o a problemi minori d'ordirle filÒsofico– leUerario, pe1:esempio alla reale natura della fe<le · cl~ Pasc~l, al cristiane~imo d'Ignazio di Lojola, al giansemsmo. Pascal fu un !!rande· aoonico che ~ t, ' cercava « gemendo » la fede, che cr,edeva di cre- der,e, e visse atterrito di fronte al « siLenzioeterno degli spazi infiniti ». Lojola tentò di eliminare l'agonia dall'animo dei suoi discepoli ingiungen– do loro di annullarsi, di non ,pensare di sotto- BibliotecaGino Bianco ' mettere il proprio giudizio a quello dei superiori. Ma in quanti di questi discepoli la sottomissione, esternamente completa, fu interiormente per– fetta? Benchè l'ultimo capitolo del · libro I s'intitoli « Conclusione », il libro in realtà non ha con– èlusione. E non poteva averne. Non è di quelli che abbiano un principio, una parte centrale, una fine, perchè non svolge nessuna tesi. Non è un' o– pera organica. È il grido d'un uomo che cerca Dio e non lo trova, cerca la Verità e non la trova, cerca se stesso e non si trova. Ma quanta arte, e quanto pensiero, e quanta dottrina nelle pagine del volume! E quanta tristezza nel ricordare che un pensatore, un filosofo, un artista di tale statura deve ramìngare per il mondo, perchè giudicato indegno di abitare la sua patria! Lolla eterna fra il pensiero libero e la forza · brutale, fra lo spirito e la materia: agonia, agonia! ANGELO TREVES. Morale e Politica Jl',problema del rapporto tra morafo e politica è l11t– t:a11ro che chiaro e preciso nella coscienza oontempo– ranea. La questione più importante è sapere se ci possa essere una politica indipendente dal11a morale, ossia se l'attività politica possa determinarsi per se st_essa ed essere una forma organizzatrice della vita sociale dell'uomo, indipendente dalla moralità. La pre– o'ccupazione teoretica dell'età nostra è cli affermare l'autonomia dell~ singole forme di attività spirituale. Quindi, in materia cli rapporti trn morale e politica, la tendenza è verso la separazione dei dominì delle due nllività. Pure, nonostante lo sfl()rzo mentale di tenerle disgiunte; la vita - che non conosce le diffi– coltà dell'analisi· teoretica - ce le presenta interse– cantisi e penetrantisi mutuamente, ed obbliga. perci.ò il teorico a rivedere i quadri mentali e a ·co1ijcepire la possibilità di. una conciliazione dialettica delle forme distinl~ della vita spirituale. E la, conci.liazione non è più chiara della separazione: essa o annulla l'au– lonornia reale delle attività spiriluali ponendo una su– bor'clinaziòne gerarchica ·tra di loro, o riassorbe le di– stinzioni nell'unità d'un processo unili11eare della v.ita spirituale. Così B. Croce, nei suoi: Elementi di P0li– tica (1), dopo d'aver identifioata la politica con l'u– tile, sente iL bisogn0 di superare la visione economica della vita e pa,rla cli una concezione etico-politi~a della storia, cioè di una subordiuaz:one della politica all'e– lica. Se dal piano d~lla visione puramente teoretica de, possibili rappo.rti tra morale e politica si passa ad una considerazione concreta, cioè pratica, delle maniere effettive onde si• ~ealizzano le dNe attività, ossi.a alla struttura psicologica dell'agente politico e dell'agente morale, non ci si trova dinanzi ad un'opposizione di atteggiamenti spirituali, ma ad un agglutinamento· re– ciproco dell'uno nell'altro, L'uomo yolitico non ha la morale fuori di sè, ma in sè, come un, momento c;Iella· sua visione globale del sistema dei rapporti sociali ch'esso vuole realizzare: similmente l'uomo morale per– segue una unità interiore della persona mediante una giustificazione suprema di tutte le regole della condolta umana, compresa la condotta politic:a. . E~ è così connatm1ato il senso d'un'inti111iità di rap 0 porli tra la morale e la politica, che nei dibatt~ti po– litici si pronunziano biasimi e condanne in nome di (1) Bari: Laterza, 1925.

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