Critica Sociale - XXXVI - n.8-9 - 16 apr.-15 mag. 1926
·CRITICA SOCIALE 131 Preparare nn_a 1ilua1ione ~i uarn ;\;on è un progetto per il ristabilimento, più o meno automatico, della pace in Europa e nel mondo, ch'io mi propongo di esporre qui. Intendo solo di tracc:are, conforme a quanto scrivevo in un mio precedente ~u·– ticolo (1), le linee direttive sulle quali dovrebbe svilup– parsi ogni politica ed ogni azi.one di pace. Esaminerò anzitutto le condizioni del cosideltO! equilibrio politico internazionale. Chi be11 guardi alla distribuzione territoriale attuale degli, Stati d'Europa, non tarderà ad accorgersi ch'essa. ceia profonde cause di dissenso e di guerra, che un -irrigidirsi dello status quo perpetuerebbe aggravandole. Per queste consider.1.– zioni, pur vedendo realizzato nel ProtocoJ.lo di Gi– nevra del 1924 un alto ideale di universale pacifica– zione, io fui subito scettico sulle sue pratiche possibi– lità (e le principali diff~coltà che ad esso si oppone– vano esposi in Rivoluzione Liberale del 1-1 giugno 1925), in quanto appunto esso a:vea per effetto di con– solidare un equilibrio politico tuttora per tanti rispetti co~ì difettoso, e quindi inadatto a servir di base ad una situazione di pace; anche a _prescindere dal fatto che la pace risultante sarebbe stata in ogni caso una pace d'ingiustizia. Non diversi motivi sp;ngevano Giuseppe .Mazzini, sui cui sentimenti nobilmente pacifi_sti e democratici non può cadere alcun dubbio, a declinare l'invito r:vol– logli nel 1867 dal Congresso Internazionale della Pace, con una lettera, da cui estraggo alcuni passi: « Le vostre intenzioni, non ne dubito, sono sante: voi volete ciò ch'io voglio: libertà per tutti.; giustizia, per lutti, e la fratellanza, l'associazione di tutte le pa– trie. :;\la \"òi vi chiamate Congresso della Pace. Ora la Pace non può essere che conseguenza della Libertà e della Giustizia. Perchè non dare al Vostro Congress·o il batle~imo di quei nomi egualmente sacri,? Pcrchè sostituire al fine la conseguenza?». E più avanti: • La pace non può diventar legge del– l'umana società se 11011 attraverso la lotta che stabilirà la vita e l'associazione sulle basi della Giustizia e della Libertà, sulle rovine di ogni potere esistente in nome, non dei prinèipii, ma degl'iµteressi dinastici. Lotta ne– cessaria: guerra santa come la pace: dacchè deve scen– derne il trionfo del Bene. Non erano sante le battagliei europee che salvarono, alcune centinaia d'anni addie• tro. il nostro dogma di libertà dal fanatismo mao– mettano irrompente? Non fu santa l'eroica guerra di popolo che cacciò dal suolo dei Paesi Bassi i roght dell'Inquisizione Spagnola? Non palpita il core a noi tutti ricordando i sei anni dl guerra per l'indipendenza ellenica, che ridestarono alla seconda vita la Grecia, e la cui epopea aspetta tuttavia un ultimo canto? Non salutammo con un grido di entusiasmo le battaglie che ci attestarono, di periodo in per:odo, la vita im- mortale della Polonia?». • Noi, a dieci lustri di di.stanza dalla lettera di ~laz– zini ai Congressisti di Ginevra, dobbiamo augurarci, sia pure senza farci soverchie illusioni, che la com– piutasi evoluzione nei rapporti politici internaz ional'i renda non più indispensabili le guerre che ì\ lazzi.ni, nella ~ua visione di superiore giustizia, sognava per le necessarie correzioni alla carta politica del Continente Antico; ma dobbiamo dichiarare che tali correzioni sono pregiudiziali per il raggiungimento di una nuova pacifica sistemazione territoriale. Alcune situazioni sono da considerarsi s·ovratutto nel porre i punti fondamentali di questa revisione. Anzi– tutto gli Stati che negli attuali confini son costretti a menare una vita stentata; quali la Lituania, che, per effetto della presente situazione, si trova da anni, di fronte alla vicina Polonia, in uno stato di guerra non guerreggiata, ed è preda, all'interno,·delle correnti cle– rico-nazionalisle; la Bulgaria, mutilata da quattro par- ti, che tra l'indifferenza d'Europa vede ogni anno ri– versarsi dai loro focolari di i"1acedonia e cli Tracia decine di migliaia di. profughi e, mentre ha aclem.piuto - a differenza delle sue alleate - agli obblighi imposti clal trattato di pace, attende ancora di veder rispettalo dalla Grecia il diritto che il Trattato le riconosce di uno sbocco all'Egeo; l'Austria, contro cui si è eser– citato un divieto in antitesi stridente coi conclamati nuovi principii di morale internazionale e che oggi ge– me sotto il peso di oltre 200.000 disoccupati. una pro– porzione notevolmente superi-ore a quella dell'Inghil– terra! Poichè nulla è più propizio per lo scatenarsi clellé forze nazionaliste, o bolsceviche, secondo i casi, con tutte le conseguenze dannose per la p,.ace,che questi re– gimi comportano, delle condizioni di spirito dei popoli gravemente oltraggiati nella loro coscienza nazi:onalc e nei loro· bisogni essenziali, e che da cotesto di'sbgio spirituale ed economico sono spinti verso uno stato di esaltazione: valga l'esempio della Bulgaria, dell'Un– gheria, della Lituania. sulla cu'i agitatissima vita poli– tica soffia cla anni un vento di follia collettiva. Ana- 109;0 spettacolo ha offerto, .d'altra parte. la Germania all'epoca dell'occupazione della Ruhr. Un altro orcfine di situazioni territoriali che debbono esser mò<lificate nell'interesse della pace riguarda in modo particolare la coatta sottomissione a determinati Stati di nuclei di popolazione allogena. e ci:ò sia nel caw cli popoli cui manca tuttora un focolare nazionale veramente indipeqclente (Ucraini, Biancoruteni, 1facc– doni, Georgiani, Armeni, Siriaci, Libanesi, Coreani, e via dicendo), sia nel caso di popolaz:oni facenti parte di Stati stranieri che aspirano ad unirsi "alla contigua madrepatria (Albanesi e Bulgari cli Jugoslavia, una parte dei Magiari di Romania e dei Tedeschi cli Ceco– slovacchia, Lituani di Polon'a, Tedeschi della Saar, Musulmani ciel Grande Lib:mo, ecc., ecc.). A questa· situazione fanno riscontro, dall'allra par– te, Stati a forti minoranze allogene, i quali ne risul– tano, oltre che soggetti· a continui turbamenti, incep– pati nello svolgersi normale dell,1 loro evoluzione .po– lilico-sociale per la necessità dei " blocchissimi » di llltli i partHi naziollali: così la Cecoslovacchia che, contro il 46-47 per 100 di Cechi, novet'.:.1quasi il 52 per 100 fra SloYacchi, per la più parte autonomisti, e minora,1- ze allogene: la Polonia che, cli fronte a meno del 56 per 100 cli Polacchi, conta iÌ ,14 di minoranze na– zionali; la Jugoslavia che, per il 41 per 100 di Serbt, allinea il 39 per 100 di Croati, Sloveni e Musulmani cli Bosni,a, i primi solo in parte acquisiti alla causa del– l'unità S. H. S., e 20 per 100 cli minoranze. In Romania, infine le minoranze nazionali formano poco meno del 30 per 100 della popolazione totale, ma la compressio– ne che colà regna permette a ben poche di manifestarsi attivamente. Si tratta insomma di giungere gradualmente all'ap– plicazione generale del principio di autodecisione, ovf! ciò sia possibile, e c:oè fatta eccezione per un certo numero di minoranze di cui dirò più avanti. Il controllo di una Nazione più civile può e deve mantenersi. in una situazione di pace (ma con sistemi ben diversi da quelli oggi generalmente in uso). per quei popoli che non abbiano ancora acquistata co– scienza della loro enlilà nazionale, e ciò allo scopo di elevarne il livello culturale, di mettere in valore terre che allrimenti non lo sarebbero, e di introdurvi quelle che sono le conquiste della civiltà moderna: s'intende quindi che, col formarsi e col progredire di questa co– scienza e della loro educazione civile e politica - di cui dovrebbe essere favorito lo sviluppo - non si pongano ostacoli al godimento, da parte di questi po– poli, cli quella graduale libertà di cui essi si saranno in cotal modo conquistato il diritto. Ci:ò valli oggi in ispecial modo per l'India, per li-Africa setlentri·onale. per il Sudan Anglo-egiziano, !.'Indocina francese. le Filippine, Fon:nosa, ecc., e, grado a grado, in avvenire-, per le altre Colonie meno evolute. Si dovrebbe, a que-
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