Critica Sociale - anno XXXVI - n. 7 - 1-15 aprile 1926
94 CRJT·ICA SOCIALE crazie » ma il sollievo delle condizioni eco.- . nomich~ del proletarialo in Italia non si pu_ò dire che nun sia stato generale: segno che 11 processo, se era maleriali~tico, non era per? egoistico. Avviato il movimento_, esso porto l'anima il carattere che aveva ricevuto dalla nascita' con strappi violcnli a destra ed a si– nistra ~·isentendo lutti i contraccolpi dei mo– vimen'ti del partito internazionale. Se anche sia vero come adesso si appunta nell' « auto– critica»' rosselliana che esso si innestasse in ) . . un corpo nazionale troppo g10vane, m una ùnità nazionale troppo recente, in un Risor– gimento, opera di élites, a ~ui le masse. er~o state· estranee; se anche sia fondato Il rim– pianto che l'Italia non abbia avuto le guerre di religione, che costituiscono il « lievito libe– rale » e danno il fondamento alla tolleranza cd al rispetto del «minimo di civiltà», che farci'? Sua quemque fàf,a trahu.nt. Una criticc1 della sconfitta socialista, che la piglia così da lontano e da fatti antiehi così irrevocabili, a che può approdare? Ad una doppia ingiustizia, evidentemente. Primo: ad incolpare un movimento di errori che non gli sono affatto imputabili, neppure per la responsabilità singolare dei dirigenti. Secondo: a deviare pericolosamente la ri– cerca dai fattori più immediati e davvero in– t1uenti, poichè le condizioni lamentate, es– sendo comuni ai vincitori ed ai vinti, non pos- · sono servire a distinguere e a incriminai:-e la parte dei vinti. ' · Aggiungiamo: Cotesta novella Mistica onde nuovissimi critici accusano lo scarso eroi– smo, lo scarso spirito di sacrifizio, la n·3s– suna combattività del movimento socialista per la effettuazione delle. sue conquiste - se pure contiene qualcosa di vero - va posta iln luce di esattezza storica. I tempi dell'aposto– lato socialista furono duri in Italia come al– trove. Reazioni violente hannò solcato la sua storia e furono validamente affrontate dai «compagni» cui toccava di farlo. É vero che la· reazione non arrivò alle masse, appunto perchè le masse erano fuori del movimento; e finchè fuori rimasero. La reazione politic~ colpivµ_ i pochi che sorgevano a sfidare i Go– v~rni ligi allo status quo. Ma questa è stata la sorte di tutti i partiti socialisti nel loro for– marsi. E, pure concedendo al Rosselli che la vittoria· del 1900 sia avvenuta troppo rapida, .per cagione del calcolo giolittiano di tirare il movimento proletario, attraverso le libertà le– gali, ad una concezione evoluzionistica, resta da vedere se era nella possibilità del partito cli rinunziare alla vittorià: cioè, di irrigidirsi a volere per violenza di rivolte ciò che poteva ottenere per le •vie più piane ·dell'azione par– lamentare. E ancora bisogna su questo suppo– sto fare la tara della permanenza, nel movi– mento, di spiriti aspramente irreconciliab1,i, i qua1i, per mqlro l·8mpo, sulle traccie del sin– dacalismo rivoluzionario francese J)rofes'sa- . ' rono la dottrina e la praUca più hnprovvida <)egli scioperi generali. Cosicchè ad una « au. locritica » più approfondila si pon.; il p .. ·o. blema., se alla distruzione della forza polit:i,2a del socialismo contribuì più l'inclinazione ai comodi compromessi utilitari, o l'inclinazio- BibliotecaGino Bianco ne, non mai interamente contenuta, alle ir– ruenze del pi_crspinto idealismo rivoluziona– rio. La verità forse un giorno verrà trovata giacente nel lungo e sempre rissoso connubio di queste inclinazioni contrarie, che neutra– lizzò l'efficacia dei due metodi che esse com– portav.ano, onde oggi dal Rosselli, e da molti altri con lui, si può, con una certa aria di verità, parlare di gretto riformismo e di ver– boso rivoluzionarismo .... Ma converrebbe in ogni modo al Rosselli precisare quali sono i valori supremi a cui il socialismo italiano rinunziò per ·il piatto di lenticchie giolittiano. I comunisti - essi -– sogliono precisare - e anche troppo. Come per essi ogni giorno è buono per la « rivolu– zione», così il «riformismo>> è reo di non av,ere falla la rivoluzione, la quale però non hanno fatla neppure i comunisti e i rivoluzio– nari en titre, che tennero per tanti anni, ,e fino alla disfatta di tutti, il .Potere del partito nelle loro mani. Più serio sarebbe definire che cosa alla « vittoria a così buon mercato » del 1900 le classi lav,oratrici italiane abbiano chiesto di diverso da. quello che chiesero tutte le classi lavoratrici estere, allorchè esse rag– giunsero nello Stato la parificazione poli~ica mediante il suffragio; ohe cosa abbiano esse ottenuto, implicante abiura -o rinunzia alla lotta per i grandi valori politiçi e morali. Le classi lavoratrici d'ltal:i:a, come le consorelle estere, si valsero della acquistata influenza politica per spingere lo Stato a introdurre leggi di tutela del lavoratore in rapporto alla giornata normale di. lavoro, all'impiego delle ,donne e dei fanciulli nelle fabbriche. Esse si batterono per lo .stato _giuridioo dei confra– telli impiegati nello Stato, forse con più al– truismo che furbizia; induss~ro lo Stato a considerare quale era il s110 vantaggi10 in un atteggiamento di equità benevola verso la cooperazione operaia, la quale lo salvava dal– le jugulazioni degli imprenditori privati con– sorziati negli abusi e nei saccheggi. N è co– testa attività impedì mai alle classi lavoratrici italiane, al modo di quelle dell'estero - 'e qualche volta anche di più - di oppùgnare ogni parassitismo di Stato, ogni protezioni– smo, militarismo, colonialismo affaristico, ogni eccesso ,polizies,co. Ci sia lecito osservare altra cosa, su cui la nostra fiera delicatezza non ama soffermarsi in apol~getiche vanterie, ma che non può sot– tacersi del tutto una volta che la discussione ha investito l'afflato etico del movimento so– cialista italiano, e si scaricano tante freccie contro il «gretto corporazionismo » «l'opaco riformismo >, pieno di avarizia mate~iale bot– tegaia .... Ci troveremo al riguardo tutti facìl– ,m~nte d'~ccordo ad ·ammettere che i « supre– mi valori » sono essenzialmente quelli morali. Or.a, (e~ è org~glio, a cui ben possono in:– chma:si anche. i nostri vincitori), tal fu. l'e– ducaz10ne del vituperato riformismo che non c'è. stato uno solo di quelli che lo ha~no rap– pr,esentato in posizioni di autorità e di fadle vantaggio, contro il quale si sia potuto ,3levare u.n sospe~to di avere mai comechessia .favo– rita la, pr·opria fortuna trattando gli inteFessi collettivi - piccoli o grandi - confidatigli.
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