Critica Sociale - anno XXXVI - n. 6 - 16-31 marzo 1926

CRITICA SOCIALE 85 questa concezione; dalla legge che « non riconosce la proprietà assoluta della terra se non nelle mani della Corona», alla norma secoildo la quale, nel Medio-evo, « i neghittosi erano privati del loro pezzo di terra, e venivano in ultima istanza perfino es,pulsi dal Ma– niero »; e, tenendoci alle necessità odierne, è scritto nella Rel.azione, « la proprietà assoluta della terra da parce dei privati non è riconosciuta, primo, perchè il possesso della terra di un Paese è la condizione pr;ma per l'esistenza d'una Nazione, seoondo, perchè una na– zione, pur essendo obbligata ad affidare la lavorazione della terra ad alcuni anzichè a tutti i suoi membri, non può permettersi di correre il rischio che di qualche parcella del suo territorio si abbia a fare un cattivo uso». (p. 201). . Possedere la terra, e non farla produrre quanto la sua potenzialità oonsente perchè non vi si immettono i capitali occorrenti a compiere le opere necessarie, o per taccagneria o per inesperienza o per impotenza; e pretendere di tenerla ad ogni modo in nome del diritto di proprietà consacrato da un atto not:;irile, non è nè ammissibile, nè giustificabile, ed .è soltanto spi:egabile, come è avvenuto in Inghilterra, in una certa epoca in cui l'attenzione della nazione, per altre necessità di difesa incombenti, era deviata dall'agt'icoltura, e le con– dizioni essenziali della conduzione agraria erano state dimenticate. * * * In condizioni normali, la funzione del proprietario, si è detto, è di fornire il capitale permanente e di ri– costituirlo quando, col tempo e coll'uso,· si deteriora, rip:1rando le abitazioni, i canali di spurgo e di irri– gazione e, in generale, le opere di migl,ioramento a lung:i scadenza. La funzione dell'affittuario è quella di fornire il capitale d'esercizio. Se l'uno e l'altro non forniscono questi capitali, fi: niscono per danneggiarsi a vicenda, ma, ciò che è peggio, lasciano andare in m_alora la terra, che è l'asse ereditario della nazione, danneggiando i contempora– nei e le generazioni future. Sta di fatto che, in molti casi, oggi, « per riuscir gra– diti al proprietario che non vuol spendere, bisogna essere un catliv•o fittavolo». e il cattivo fittavolo gra– dito ai proprietari è quello che si contenta di pagare un affitto basso, di gi:attare la terra per ricavarne tanto da vivere come uno che vive di sussidii. Invece, l'agricoltura moderna, a coltura intensiva e industrializzata, non è compatibile con la sottocapi– lizzazione, e non prospera senza l'adozione dei cri– terii e dei mezzi suggeriti dalla scienza agrar~a. La grande proprietà terriera, patriarcaLe ed oJi.gar– chica, seppure ebbe una sua funzione utile quando era animata da spirito pubblico e da responsabilità so– ciale, non è più compatibile con le idee moderne d'in– dipendenza sociale, mentre, d'altro canto, un sistema che esige l'adozione di miglioramenti da parte di una persona, il fittavolo, e il pagamento di essi da parte di un'altra, il proprietario, che ha la facoltà di deci– derne la convenienza e la misura, o di negarla, osta– cola ogni progresso culturale. Oggi, i proprietari non hanno il denaro oçcorrente per fare i necessarii mutamenti •alle col.tivazioni, ed hanno perduta la tradizionale direzione di esse, che è passata ad un'altra classe di persone. Per effetto del rialzo dei costi delle costruzioni, delle opere di miglioramento, delle imposte, le rendite del proprietario sono diminuite dall'ante-guerra ad oggi, mettendolo in una situazione non-economica; d'onde segue che la diminuizione della porzione del reddito disponibile per spese di migliorìe, finisce col portare ad una ulteriore decapitalizzazione della terra. Per avere una disponibilità da investire nella terra, il proprietario do·vrebbe quindi tagliare sulle proprie spese personali e famigliari, ma da quest'orecchio non ci sente. Perchè, al posto dell'antica, nobile passione del « gentiluomo di campagna » che spiegava una vera . genialità e AQ lar~ ~pirito di intraprendenza nell'agri– B 1b11oteca ~mo tjlanco coltur~ - come quel Conte di Norfolk che in 66 anni spese non meno d,i 536.994 sterline in miglioramenti alla terra, la quale da un reddito di 2200 sterline l'anno salì, nella prima metà del secolo scorso, a 20.000 e per– sino a 50.000 sterline - è rimasta soltanto una irritante presunzione, e la passione del fasto e dello sport a tutto danno dell'agricoltura. Basti pensare che, se i proprietari non hanno capi– tali dispon'ibili da investire nei miglforamenti fondiarii, ne hanno tanti da impiegare e da spendere per la caccia alla volpe, e ai volatili, per la pesca e per i] cricket e il / ootball, che poco prima del 1914 si spesero in questi sports quasi 31 milioni di lire in investimenti e impianti stabili, e .29 milioni, annualmente, per l'eser– cizio; e che, per il giuoco del go[!/, in questi ultimi, anni, migliaia di ettari di buona terra coltivabi-le a pa– scoli o potenzialmente arabile vennero sottratti all'agri– coltura, mentre miglia,ia di ettari di altri terreni sot– tili e sabbiosi rimangono inerti, perchè considerati ina– datti· per i giuochi· e non redditizi per la nazione. · Come modificare questa situazione? Anche altre na– zioni si trovarono in un punto critioo della Loro agri– coltura .. e ne uscirono con successo. i La Germania, a un certo punto, decise che gF arti~ giani della città pagassero di più i generi alimentari per salvare l'industria fondamentale: l'agricoltura. L'Olan– da e la Danimarca, invece, trovarono la loro salvezza non già nella protezione doganale, ma nel deciso -adat– tamento dei mezzi e dei sistemi agricoli alle n'uove' condizioni. In Danimarca - come ci riserbiamo di dimostrare iii un apposito capitolo, tanto H pr-ocedimento e i suoi risultati sono interessanti - questo adattamento seguì di pari passo con la riforma dell'intero. sistema dellni conduzione terriera. In Olanda no, ma entrambi i Paesi rimasero liberoscambisti. ·. La soluzione del pròblema, secondo i Liberali, è tutta qui: trapassare dal proprietario ad àltri la dire– zione dell'agricoltura> e, sia che si adotti il sistemo. della proprietà della terra a ohi la coltiva, o quello del– l'affitto, dare il senso dell'assoluta sicurezza a colorò che attualmente coltivano la terra e, nello stesso tempo, insistere sopra una buona coltivazione come condi– zione precipua per aver diritt•o alla occupazione dehla terra. A questo tende la più recente legislazione agraria in Danimarca: a creare, cioè, non la proprietà assoluta, ma una forma di affittanza di Stato che dia una, sicu– rezza assoluta di conduzione al coltivatore ed alla sua famiglia finchè. la terra sia da lui convenientemente coltfvata. La morale dell'esperienza danese si è che la panacea non sta nella « proprietà » in sè. È un criteriÒ molto vicino a quello seguito dall.a Repubblica russa dei Sovieti, dove, « di contro alla dichiarazione che proprietà ed •amministrazione del fondo terriero nazionale appartengono all,o Stato - scrive il Miglioli nell'opera sua già citata - sta l'affer– mazione che sancisce il diritto alla utilizzazione dPlla terra da parte di chi la lavora». Il modo d'applicazione potrà essere diverso così in Danimarca come in Inghilterra secondo il progetto Lloyd George, come vedremo, e in questa materia an– che il modo ha una importanza grandissima; ma così il principio da cui si parte: « la terra è della nazione », come quel1o al quale s'arriva: « la terra deve usarla chi la lavora e la sa far fruttare", sono i medesimi. 6. - li progetto dei Liberali inglesi. L'obbiettivo che si propongono i liber:.lli, propugna– tori della presente riforma terriera, collo spezzare il latifondo ozioso, inerte e_malprodultivo, è quello di get– tare le basi d'una civiltà rurale che offra la possibi– lità del benessere e di una certa dignità, non ad unai minoranza di fortunati e di felici, ma alla maggioranza degli abitatori della campagna. Soltanto così, essi affermano, si può schiarire l'o– scuro avvenire della democrazia.

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