Critica Sociale - anno XXXVI - n. 6 - 16-31 marzo 1926

CRITICA SOCIALE 89 strare, in colesto socialismo di partito l'assoluta man– canza di vera fede ed entusiasmo, di disinteressata e _sincera devozione ~lla causa pro\etaria, si accoppia mirabilment_e al4t più completa superficialità ed incon_ sistenza di pensiero, ed alla più smaccata frivolezza e disonestà di opere: ma che importa? La conqui~ta del Potere, dello StàtQ, pare al Sorel cosa ormai tanto facile, così venuta a maturazim1e, che tutte le magagne ora elencate non costituiranno il menomo ostacolo alla sua effettuazione. *** Qualcuno (µ Barth, se non erro), ha paragonalo Sorel a Tertulliano, il famoso apologista cri-stiano, cit– tadino di Cartagine; e probabilmente aveva in vista il contenuto di acuta intransigenza e l'intonazione· pa– recchio aspra dell'uno e dell'altro pensatore. Ma il pa– ragone è anoor~ più calzante, ·e l'analogia più impressio– nante e completa, che forse l'autore di cotesto ravvici– namento non abbia pensato. Giova all'uopo ricordare lo spostamento che, dal II al IV secolo, si opera in seno al Cristianesimo. Nel II secolo la Chiesa ufficia1'e, la « Grande Chiiesa », ra,p– presentante la maggioranza dei fedeli, insorge ancora vigorosamente contro le sette e scuole gnostiche, i~cui « Cristianesimo » si riduceva all'assegnare alla figura storica ed ideale di Gesù Cristo una parte cospicua in quella filosofia religiosa pagana, greco-orientate, che, giusto in quel tempo (ossia dai primordi del II secolp) andava diffondendosi con crescente rapidità in tutto l'Impero ed esercitava sull'indirizzo del pensiero un influsso veramente impressionante. Questo Cristianesimo dei gnostici non poteva certo soddisfare la massa dei Cristiani, i quali non intende– vano affatto che il ricco tesoro di speranze e consola- . zioni messianiche, di austeri e nobili precetti di morale, di istituzioni e tradi_zioni di mutua assistenza e fra– ternità, di sugg1:stioni e spunti propagandistici segnata– mente per ciò che riguardava 'le folle degli umili, degli oppressi, dei reietti, venisse ridotto a un semplice « ~n– nesto » della figura del Cristo sul tronco di una ideo- · logia e di un movimento profondamente diversi ed alieni dallo spirito «apostolico» ed «evangelico». Da cotesto punto di vista di un Cristianesimo inte– grale o totalitario, quanto gli « gnostici » intendevano e facevano poteva apparire una vera dedizione al nemico, un tradimento per motivi ignobili, un patteggiamento indegno con un avversario odiato e pericoloso, più te– mibile della vecchia idolatria ingenua, già da un pezzo fracida ed in pieno sfacelo, e perciò facile bersaglio alle invettive cristiane. Era insomma - per restare nel campo biblico - vendere per un piatto di lenticchie, e cioè per la semplice conservazione del nome e della figura del Cristo, il diritto di primogen\tura, ossia il diritto di sostituire, a tutte le vecchie religifoni natura– listiche ormai al tramonto, il culto del Dio di Abramo e dei profeti e del suo figliuolo Gesù Cristo, Signore e Salvatore fattosi uonìo e morto sulla croce per la sal– vezza dell'umanità, cioè per la rivincita degli umili, po– veri, ed infelici, sopra i superbi, i riiechi, i gaudenti. La riscossa antignostica del Cristianesimo ufficiale tocca il suo culll!ine verso il 150 d. C. (Ireneo, Melitone, Ignazio). *** Orbene (a mala pena lo si crederebbe), verso il 325 d. C. - l'anno del famoso Concilio di Nicea - le cose erano già tanto cangiate, che la più intransigent(} ortodossia, il partito del fanatico Atanasio, impegna un conflitto mortale, precisamente per far trionfare quel punto di vista « ~nostico », che appena un secolo e Biblioteca Gino Bianco mezzo prima era parso la quintessenza del patteggia– mento imbelle, della dedizione al nemico. Anzi, questi nuovi ortodossi sono ancora più modesti degli antichi gnostici. Infatti costoro avevano coHocato talmente in alto il mo Ci;isto da metterlo al di sopra del Demiurgo, ìl Dio del Vecch~o Testamento. I nuovi ortodossi, più modesti nelle loro pretese di glorificazione ed esalta– zione del .Cristo, si contentano di farlo uguale in so– stanza, consostanziale, omoousf.os , col Dio creatore del nJondo, quindi qualche gradino più in basso dri quello a cui lo avevano coll,ocato gli gnost~d. Che cosa si era verificato in sostanza? Questo: che, alt-alto pratico, quell'innesto del Dio Cristo sulla di– lagante filosofia religiosa greco-orientale, che gli orto- dossi del II sec. avevano giudicato troppo timida affer– mazione del pensiero Cristiano, contro i cui autori ave– vano perciò sentito sdegno e lanciato accusa di tradi– ment,o, si era invece andato rivelando alle generazion'i successive tutt.o il contrario, ossia come im,presa diffi– cilissima, irta cli ostacoU., contrastatissima dalla. parte avversaria. Appunto nel IV secolo, la stringente e in– cisiva critica anticristiana del filosofo neoplatonico Porfirio, e la controffensiva, promossa dall'Imperatore GiulianQ l'Apostata, suo allievo, per la restaurazione di un politeismo spiritualmente e moqoteisticamente trasfigurato, mostrarono come fosse cosa difficile, e tale da richiedere il massimo ~forzo, l'impresa di im– porre al mondo la sintesi gnostica Cristo-Filosofia pa– gana, ossia greca, della religione. Altro che dedizione, patteggiamento, tradimento, mercato ,di Esaù! , *** Ma, si dirà, come c'entra in tutto questo Tertulliano, e 00'1'.lec'entra sopra tutto Sorel? Ora lo vedremo . Tertulliano scrive· verso la fine del II seGolo, quando l'alta marea antignostica è già passata. Ciò non toglie che per lui il carattere rinunciatario della dottrina degli crnostici « vili e traditori» sia ancora fuori discussione. o ' Vero è però, che egli comincia già proprio come gli gno- stici ad avvertire l'utilità di una specie di « civettamen– to » colla seienza religiosa pagana, ed identifica per– ciò, sulla scorta del IV Evangelo, Gesù Cristo col Verbo di Dio, il Logos dei filosofi stoici. Tanto - pensava Tertulliano - cotesta concessione alla scienza religiosa dei Pagani era un peccatuccio veniale di fronte a ben altre concessioni, che la na- • sc~nte gerarchia ecclesiastica andava facendo ali a massa dei fedeli in materia di condotta pratica. Eg-li, « montanista » zelatore cioè di un rigorismo a tutta . , prova sul terreno de°lla condotta pratica, poteva ben permettersi questa mezza concessione, sul terreno della « teologia pura,,, allo spirito pubblico pagano illumi~ nato. Ma più che di una concessione vera e propria si trattava di una fortunata coincidenza, per cui, pur affermando un c~ncetto perfettamente consono ano spirito e alle tradizioni del Cristianesimo primitivo. si diceva cosa che nel tempo medesimo nO\n J?Oteva non suonare anche grad_ita e famigliare ad orecchi pagani. (Così perfino l'acerrimo mangiacristiani Celso trova corretta la teoria del Logos). Non era ciò stato forse già tentato da un apostolo ispirato da Dio, come Giovanni, e, prima ancora, dal dotto e reli_giosissimo giudeo Filone? Per questo lo urtava immensamente l'atteggiamento dei cosidetti « monarchiani », i quali, mentre, sul campo dottrinale, come su quello pratico, erano di manica molto larga verso l'esterno ambiente pagano, e dimostravano anzi il loro vero pensiero e

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