Critica Sociale - XXXVI - n. 3 - 1-15 febbraio 1926
CRITICA SOCIALt 35 \ valersi del fatto che i liberali, avendo sperimen– tato che ,~l precedente periodo -di fusione della . loro. m_agg1oranza con le forze dei conservatori _(µmomsmo) s'.era prodotto un tremendo vuoto nelle lo:r~o file, tanto da minacciare la scomparsa del partito, erano fermamente risoluti a non rin– novar:e l' aUea_nza coi cons·ervatori nella lotta di questi contro 1~Governo labourista. Eppure, nem– ~eno que~t~ c1~costanza favorevole rese possibile ai ~abounsti d1- af!ro!ltare _i_problemi nei quali essi avevano soluzioni specificamente proprie da f~ va~ere: _per es., la q1;1~tione della graduale na– z10nahzzaz1one delle mm1ere che pure andavano · propugnando da tempo com~ rimedio a una crisi cJ:ie·periodicamente tornava a minacciare la soli– dità economica dell'industria ingles,e e la tran– quillità della vita nàzionale. E quel che non riuscì ai ,1abouristi sperereb– bero di poter fare i socialisti francesi in una con– dizione tanto più difficile per loro ~ssendoci in Francia una coalizione cons,ervatrice forte au.:. daoe, se_nza scrùpoli, alla quale, se tèmpor~nea– mente rmunzi aUe soluzioni estreme, sono disposti ad accostarsi anche alcuni gruppi del blocco de– mocratico? Ed essendoci anzi nello stesso blocco dem<?cratico la tendenza a creare una maggioran– za d1 centro con l'attrarre a sè alcuni elementi, della coalizione conservatrice ? * * * La situazione della Francia è tale che, più la si prolunga, e più inovitabilmente na$ce il pe– ricolo di soluzioni reazionarie. Siamo da un pezzo convinti che la storia non è affatto maestra della vita, e riteniamo che sia la vita, _piuttosto, maestra della storia (come ci suggeriva, pochi gi,orni addietro, uno spirito arguto), nel ,s,enso che sono le vicende nelle quali Gi troviamo a vivere che ci aiutano a comprendere situ~zioni analoghe verificatesi in secoli o paesi lontani. Pensiamo tuttavia che l'esperienza di i,eri .non dovrebbe re– star priva di ogni efficacia, anche se non si è av– verata in casa propria, ma in quella del vicino. 'Noi possiamo rioonoscere che la diversa strut– tura economica della Francia e l'esistenza in essa di una forte democrazia rurale dia agli avvenì– menti politici un indirtzzo diverso da quello che essi ebbero ed hanno fra noi; ma non si può d'altra parte disconoscere che la guerra ha gene– rato anche in Francia una plutocrazia, il cui peso va facendosi sempre più forte nella vita economica del Paese, e che là stessa diffusione della piccola proprietà terriera è elemento di democrazia in quanto crea l'indipendenza .economica di una cl~sse assai numerosa, ma èostituisoe alla sua volta una forza di conservazione contro tutti i tentativi di intaccare il diritto dÌpropridà (come è l'imposta sul patrimonio richiesta dai socialisti), anche se questi tentativi dovessero temporanea– menl-.eessere volti contro la sola grande proprietà, il cui accumulo o i cui redditi sono frutto, in mi– sura prevalente, del lavoro altrui. Possiamo anche riconoscere che la Francia ha, rispetto a noi, una maggior maturità di ·vita poli- · tica e che in essa il regime democratico parla– mentare ha più salde e profonde radici nella co– scienza della- popolazione; ma non si deve neppur pensare che siano impossibili ritorni reazionar'ì in un Pa~se che ha pur accettato per più anni la dittatura di Poincarè e di Clemenceau e tutte le conseguenze che ne sono derivate, e non ha op– posto nessuna sensibile resistenza alla stipula– zione di una pace come quella di Versailles, che mirava ,a perpetuare lo stato di guerra fra i po– poli e la necessità di un regime di dittalura nel- 1'ambito dei singoli Stati. Tutto dunque, induce a ritenere che i nostri B .'bl' cpm_pagµJ. di ..F.rancia incedunt per ignes, coi 1 1oieca~mo ~1anco · qua~ -:---oome è noto - non è prudente scherzare. E_ss1 s1 tr,ovano, per loro fortuna in una situazione diversa da quella in cui ci tro~ammo noi tra i1 ~ 919 e il 1921, perchè non hanno dietro a sè o ac– canto a sè una massa che, come quella italiana al– lor~, ~si~a soluzioni integrali e preLenda che, se i socrnl~sh d~bbano ~nd_are al po_lere,vi vadano per oomp1<':re1espropriazione degli espropriatori e at– tuare m loto la socializzazione della proprietà. Solo qu~ndo questa siluazione psicologica delle masse s1 attuasse presso di loro i socialisli pur d . ) ' essen o mmoranza, potrebbero riceve l'oHerla o l'indl~menlo di assumelìe essi la r,esponsabilità esclusiva del Governo (perchè levino essi la ca– stagna dal fuoco) come avvenne fra noj al tempo della occupazione delle fabbriche· ma o dovreb– bero :rinunciarvi (come fecero allora i socialisti italia~, per man<;anza di audacia - che ha pa– recchie attenuanll, ma che, alla stregua dei fatU posteriori, si d~ve certamente deplorare), o sa– rebbero coslrelh ad assumerla con difficoltà assai maggiori e con frulli minori di quelli che polreb– bero ora trarr,e da una collaborazione. ~ com:pagni franOE:si non devono d'altra parte chmders1 m una ristretta considerazione dollc cose dçl loro Paese e del loro partilo. Guardino alla vasta e complessa situazione internazionale. Le forze della reazione sono al potere in più d'uno Stato; e in tutti gli altri - fatla eccezione per gli Stati Scandinavi - sono in agguato per afferrarlo. Se in Francia esse riuscissero a prevalere se ne avrebbe una immediata ripercussione in Germa– nia, dove oggi - ed è naturale - le questioni di politica estera hanno assoluta prevalenza nel de– terminare le situazioni politiche; e anche in In– ghilterra s'accentuer,ebbe la politica conservatrice che, non ostante lo « splendido isolamento » no~ si sottrae all'influsso della situazione dei maggiori paesi continentali. Questo vorrebbe dfre, non solo reazione nella politica interna dei singoli Paesi, e decisiva pre– val~nza di una politica tributaria volta a scaricare sulle spalle dei contribuenti più poveri le spese della guerra, ma vorrebbe anche dire arresto del cammino, iniziato a Locarno, verso una pace effet– tiva; vorrebbe dire esasperaiione di tutti i na– zionalismi, accentuazione di tutti i protezionismi, e minacciosa politica militaristica, che avrebbe, fra pochi anni, per sbocco inesorabile una nuova guerra, come unico pDesunto rimedio per risol– vere l'acuta crisi che essa avrebbe frattanto gene– rata in tutti i Paesi. E le conseguenze, quando di– venissero generali. in tutt'Europa, sarebbero non di anni (per cui si può accettar di soffrire, in vista di una totale liberazione), ma di decenni, forse di secoli. Orbene, si può esser seguaci del principio del « tanto peggio tanto meglio » e sperar solo dall'acuirsi dei disagi e dal conflitto che ne è conse– guenza il risveglio delle forre atte a stroncar per sempre la causa dei mali più gravi; e allora si preparano le forze che dovranno operare, mano armata, nel Paese, ·e si va con Paul Louis verso il socialcomunismo o; meglio ancora, si va sotlo , i vessilli della Terza Internazionale. Ma se alla violenza non si attribuisce questa efficacia, allora non si può sperare di sfuggire, con la presentazione di proposte assurde, alla re– sponsabilità di aver lasciato maturare una situa– zione, al cui rap1do e minaccioso aggravarsi non si hanno poi forze sufficienti per resistere. Videant consules ... LA CRITICA SOCIALE. Abbonatevi a CRITICA SOCIALE I
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