Critica Sociale - XXXV - n. 21-22 - 1-30 novembre 1925

• CRITICA SOCIALE 283 prietà fondiaria, quantunque sotto forma assai diversa da quella in cui si compieva _la decadenza della p:c– cola -azienda industriale indi_pendente. Negli ultimi decenni questo processo di assorbimento della piccola nella grande proprietà e di conseguente proletarizzazione dei contadini s'è arrestato, per cause di natura complessa, che è impòssibile menz~onare. tutte qui. Una cosa deve tuttavia porsi in ch~aro, che quest'arresto non è affatto dovuto a una parità tecnica fra la piccola e la grande azienda, giacchè degli enormi - progressi tecnici e scientifici; compiuti di recente dal– l'agricoltura, solo la grande azienda Pl!Ò fare larga e conveniente· applicazione, mentre la _piccola deve limi– tarsi a raccoglier magre briciole dalla lauta -imbandi– gione di queste gigantesche conquiste. Fra le cause -più notevoli di detto arresto due deb– bono esser specialmente ricordate: 1) il progresso della cooperazione, che offre al contadino maggior possi– bilità di sbarazzarsi dall'usuraio e dagli intèrmediarì e di assimilare i progressi moderni .nella µiisura. iu· cui questi sono accessibili per lui; 2) la questione della mano d'opera, il cui difetto è divenuto sempre più grave per l'agriooltura, man mano che si è difiusa l'industria e sono diventate più facili l'e comunicazioni fra città e. campagna, ma che colpisce la grande azien– da assai più della piccola, ·'in modo da annullare ll,itti i benefici che quella ·potrebbe trarre dai progressi tec– nici. E il difetto non è solo di quantità, ma di qualità. La storia della produzione· ci.mostra le prime _grandi aziende costituite non già nell'industria, ma. nell'agri– coltura, che ne presenta già un gran numero nell'an• tichità e nel medioevo, mentre la grande impresa m– dustriale si trova, in notevole misura, solo nella pre– sente fase capitalistica. Dove il propr;etario terriero sfrutta lui stesso, e non dà in affitto,_ la sua azienda, le grandi azieJ?-de agricole sono pertanto, in massima parte, continnatrici delle grandi aziende medievali e lutte legate alle loro tradizioni, fra le quali è il lavoro forzato degli operai. Questi sono stati, è vero, trasfor– mati da servi in· salariati, ma il loro trattamento richia- . ma anoora l'epoca del servaggio e si trasforma assai lentamente, per il fatto chè il lavoratore di campagna è iso~ato e lo si sorveglia facilmente. Per g:unta nella; campag:na sono oiù scarse le possibilità di cultura in– teliettuale, e lo stesso carattere forzato del lavoro con• trilrnisce a tener basso il livello me,ntale del contadirl'u e, quindi, oppone ostacoli all'impiego di macchine un po' delicate e all'applicazione qi metodi scientifici, cui pure - come si è detto - la grande azienda offrirebbe. condizioni più propizie. Pertanto. gli operai più intelli– genti e più abili, non potendo adattarsi a questo stato di cose, finiscono, quando non ri~scono a mutarlo,. oon l'emig~are in città. Ecco. uno dei più forti motivi per cui la grande impresa non ha nell'agricoltura gli stessi effetti che nel– l'industria. Dopo la r~dazione del prograr,nma di. Er– furt questo è divenuto d'un~ evidenza palmare, sicchè uno dei dati fondamentali su cui quello poggiava è, a questo riguardo, modificato. Ma ciò vuol dire sol– tanto che il processo di assorbimenJo della piccola, nella grande azienda _s'è arrestato, non .che sia comin– ciato il processo contrario. La grande azienda si con– serva, nonostante l'imbarazzo in cui la pone la man– canza di mano d'opera e non ostante tutti gli sforzi .del po~ere centrale per moltiplicare artificialmente il numero delle piccole aziende, vivai di. soldati docili e di elettori conservatori. A dispetto di tutto, la grande azienda non perde_– sensibilmente terreno. Il numero delle grandi aziende iblioteca Gino Bianco scende, nel Reich, tra il 1895 e il 1907, da 25.061 a 23.566 e la loro superfice da 7.832.000. a '7.055.000 et– tari; m_aquesto regresso è ampiamente compensato da un aumento nell'impiego del Cl:!.pitalee dalla oonseguen– te intensificazione dei ·met-0di di coltura. Non è l'a– zienda pfù estesa che si trova in cond:zioni ~gperiori,_ ma quella che può disporre di maggiori capitali:· e q~esto è un elemento che le statistiche· non pongono in luée. ! . 1 ì B impossibile, nell'àmbito della nostra trattazi~ne, stÙdiare tutte le complessità del problein~. cr ·b'asti no– tare che nell'agricoltura .nè la grande nè la piccola azjenda presentano un regresso, ma conservano en– tr~mbe le loro posizioni. La superiorità tecn_ica d.ella grande azienda Tuttavia la superiorità tecnica della grande impresa cresce, specie nella cultura dei cereali, . per i-1 pro– gresso delle scienze natm,ali e delle loro applicazioni ·pratiche; e cresce sopratt~tto in confronto alla forma di piccola azienda cti-e sola ci interessa, quellà;eioè che non impiega salariati e funziol).a con la sola mano d'o- pera famigliare. ' Per i soci~listi sl tratta di sapere qual modo di pro– duzione sostituirà il salar:ato, oggi al servizio del ca– pitale. Due possibilità s'offrono: o i~ salariato posto al servizio della società, o l'operaio· che larnra per proprio conto, in piena -indipendenza e senza ajuto di nessuno. . . Càj:>ita spesso di sentire agronomi che affermano la superiorità, se non tecnica ·,almeno economica della p;c– cola azienda. Ma ·essi intendono parlare della me.dia azi'em:la, discretamente vasta,· che impiega mano d'o– pera salariata. Un'azienda che comprenda da 20 a 100 ettari, occupa in media, 8 persone. Sostitu:ré i grandi domini signori!~ con grandi aziende -c-ontadine in cui lavorino obbligati e giornalieri non sarebbe risolver€' il problema del salariato, il quale può esser l'isolto s,olo 'con la costituzione di aziende parcellari, dell'e– stensione massima di· 5 ettari, le· sole che possano far senza· salariati, ma che sono le più misere, le meno red– ditizie di tutte le aziende. . . Sulla base della piccola azienda, non è possibile, nel- l'agriooltura non meno che nell'industria, 1ib~rar l'o– peraio dall lavoro eccessivo e permettergli 'l'acquisto di una cultura ·superiore. Nè maggiore è la possibiUà, che là piccola azienda offoe, così nell'agricoltura, come nell'industria (nonosta.nte la diversa orientazione del loro sviluppo), di raggiungere il· massimo di produtti-– vità, condiztone pregiudiziale del benessere universale. La picoola azienda significa ine,·itabilmente sovrac– carico di lavoro e barbarie. Frazionamento della grande azienda Vi sono tuttàvia socialisti che veggon-o l'emancipa– zione dei lavoratori agricoli non nella- formazione della grande azienda sociale, ma nello spezzettamento delle grandi aziende e nella generale difiusione delle az:en– de parcellari (a cultura esclusivamente famigliare). -Questo può spiegarsi, in parte, come una soprav– vivenza delle antiche idee della democrazia borghese, sorte in un momento in cui la grande azienda agr:cola. sfruttata col lavoro forzato, senza l'aiuto ài una tecnica superiore, era notev-olmente superata, per la produt– tività di lavoro, dalla piccola azienda. A quest'epoca il frazionamento della grande proprietà rappresentava. una rivendicazione razionale e favorevole al progres– so. Sin d'allora, però, la piccola azienda agricola, che ·

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