Critica Sociale - anno XXXV - n.19 - 1-15 ottobre 1925

. ' CRITICA SOCIALE 251 media della vita è stata di 52 1/2 anni per i soci e di 49 per le loro mogli e che nel 1889 l'età media dei soci morti e delle loro mogli fu rispettivamente di 54 anni e 9 mesi e di 49 anni e 4 mesi, le quali medie sonq certamente l\ltissime per un ramo d'industria così ·fa. ticoso e rischioso.· La durata media della vlta nella lega dei calderai è cresciuta da 46 anni nel 1876 a 50 1/2 nel 1887, con un aumento di 4 1/2 anni per i soci e di 5 1/2 per le loro mogli; e la media è andata con– tinuamente aumentando nelle unioni dei meccanici, dr– gli operai dei cantieri navali, dei falegnami ed i11-moltc altre; che raccolgoqo statistiche, dalle quali· è possi– bile seguire i fatti · e rintracciarne le cause. Queste1 poche cifre sulla più lunga durata della vita degli operai dicono più di g1,ossi volumi, in· quauto dimo– strano che le condizioni di es:stenza e di lavoro sono migliorate, con un reale progresso ed Jlll perfrziona– mento sostanziale, e che le case del popolo sono più igieniche, perchè pw·e le donne partecipano a quPslo prolungamento della v~ta, cli.cui devono godere neces– sariamente anche le nuove generazioni .(4). Specialmente nei periodi di depressione industriale è più 'chiaramente visibile l'influenza del movirncnto operaio ad impedire il pegg:oramenlo nelle condizioni. delle classi lavoratrici, che si manifestava una volta in modo sensibilissimo con 1a diminuzione dei matri– moni e con l'aumento della mortalità, della delinquenza . e del pauperismo. Mettendo a raffronto il periodo della storia economica inglese, che va dal 1825 al 1850, con quello che va dal 1870 al 1910, il Tttgan-Baranow– sky ha esatirientemente dimostrato la benefica in– fluerna, che il movimento operaio ha esercita~o nel– l'andamento di quei fatti sociali. Nel primo di quei due-p.eriodi ogni crisi industriale ha delle ripercussioni nefaste sulla classe lavoratrice, le case di lavoro e le prigioni si riempiono di disoccupati, la mortalilà cre– sce in una proporzione considerevole, nello stesso tempo che il commercio e l'industria fanno progress~ rapidi, ad onta della crisi, e che l'aumenlo delle esp0r– tazioni forma uno stridente contrasto con la situazione sempre più miserabile deHa popolazione opera:a. Nel secondo periodo, invece, lo sviluppo industr;ale del pac:se si raU-enta, ma cont-emporaneamente si rivelano gli indizi più ev.identi di un miglioramento nella com– plessiva vita nazio_nalè, perchè le crisi non esercitano più sulla situazione degli operai l'azione distruttiva. cli .una volta ed anche nei distretti industriali non fanno crescere la criminalità, nè la mortalità, ad onta della disoccupazione certamente non diminuita.- · Questo cambiamento è dovuto, oltre eh~ all'aumento dei salari, che permette ai lavora.tori di sopportare più - facilmente la temporanea disoccupazione, alla circo– stanza che i sindacati operai concedono a{ loro soci dei sussidi, quando son privi d'impiego, e rendono più regolare l'offerta di lavoro. Una volta le crisi riduce– vano il numero degli operai occupati, o il numero dei giorni della settimana durante i ·quali essi lavo– ravano, e nello stesso tempo provocavano un ribasso dei salari, che accresceva la miseria degl-i operai. Ora · la disoccupazione esiste ugualmente nei momenti di ristagno degli affari, ma la, potenza dell'organizzazione: del lavoro reagisce contro la riduzione delle mercedi e riescè 'anche a renderle più stabili. In altri termini, la crisi colpisce oggi soprattutto i disoccupati, mentre una volta colpiva tutfa la massa della popolazione operaia, i di cui salari ribassavano pérfino della metà. Difatti nel 1879 il numero dei disoccupati è conslderevolei, ma i salari rimangono invariati ed ~umentano, ,anzi, per i falegnan;i.i nel 1886, come ·crescono nel 1893 per la maggior parte degli operai, ad onta della sempre più estesa dìsoccupazione; e se ribassano due anni dopo, il ri~asso è insignificante rispetto a queijo delle crisi di una volta, non arrivando in media neanche al 5 per :cento. ?ra· questa stabilità dei salari, anche nei periodi di (4) Howell: Conflicts o/ Capitai and Labour, London, 1890, pag. 491-92. BibliotecaGino Bìa_nco crisi e di disoccupazione, è dovuta all'organizzazione. operai~,. che estende i suoi benefizi a tutta la classe lavoratrice, oompresivi i non J()rganizzati, e che toglie al mercato del lavoro quel carattere caotico, che aveva sotto un regime di sfrenata concorrenza. E nmmutato livello dei salari fa in modo che i periodi di depres– sione non influiscano che poco o nnlla sulle cifre della mortalità; non diminuiscono i matrimoni, che aumen– tano, anzi, durante la depressione del 1908; non- mo• dificano in generale le cifre della criminalità, salvo un aumento eccezionale, che si ebbe nel 1908-9; e non hanno ripercussioni visibili neanche sul pauperismo, risultante dai sussidi concessi dalle amministrazioni - pubbliche, il quale scende al minimo nel 1901, all'ini– zio di una grave depressione, per ar.rivar-e al suo mas– simo ·nel 1906, che è un anno di grande prosperità industriale (5). Questa stabilità dei salari escrc;ta, oltre a ciò.,un'in– fluenza oltremodo favorevole s11ll'animo dell'operaio, il quale si sente più tranquillo e può l.avorare con più efficacia,. quando la sua rimunerazione non è soggella ad oscillazioni continue e non può discendere al di sotto cli un determinalo minimo. Le oscillazioni dei ·salari, infatti, come ha dimostrato U Michels, condan– nano· gli •Operai ad una pe1~pelua infelicità., che rag– giunge il suo punto massimo nei periodi di depres– sione· industriale e di ribasso nelle mercedi, ma che si manifesla anche nei periodi di prosperità economica e di miglioramento sensibile nelle condizioni degli ope– rai, in quanto essi sanno che il rjalzo dei salari sarà o prima o poi susseguito eia un inevitabile ribasso, onde la previsione sicura del peggioramento da aspettarsi l'indomani impedisce che si faccia strada nell'animo dell'operaio stesso la contentezza, poichè il godimento ha bisogno per nascere cli un certo grado di stahil:là economica e sociale (6). E se così importanti sono gli effetti sociali già rag– giunti dagli operai per mezzo de1le loro organizzazioni, queste possono estendere ancora la loro attività in altri campi per accrescere il benessere della classe lavora– trice e per contribuire alla sua elevazione morale. In– fatti i sindacati operai, oltre provvedere ai bisogni dei loro soci in date eventualità per ~zzo delle varie forme di assicurazione, di cui ebbimo già occasione di far cenno, possono consacrare una parte dei fondi raccolti nelle loro casse, impiegandoli a render pos– sibile e più facile ai soci l'acquisto di case di abitazione, · di cui diverrebbero pi•oprietari dopo aver fatto dei mo– desti versamenti. annuali per un certo numero di anni. I sindacali operai, inoltre, possono contribuire a render meno cara la vita, fondando cooperative d~ consumo, che forniscono ai lavoratori· i prodotti necessari alla loro esistenza, di buona qualità ed a prezzi non troppo superiori al costo. E questi stessi sindacati possono istituire gabinetti di lettura, biblioteche, luoghi di ri– trovo; in cui si facciano discussioni" sulle questioni politiche e sociali più importanti e corsi d'istruzione per diffonder~ la cultura presso le ·c1assi operaie. ' Ed ~nche indipendentemente dai vantaggi che esse possono ottenere da questa estensione sempre maggiore dei fini del movimento operaio, il movimento mede– simo è già per sè stesso vantaggioso e benefico per chi vi partecipa, in grazia appunto dei mezzi di cui si serve per raggiungere i suoi intenti. L'operaio, in– fatti, si associa coi suoi simili per un 'assoluta neces– sità economica. ì\Ia questa vita collettiva· gli serve come distrazione e contrappeso di fronte ad un mestiere uniforme, monotono ed esauriente; gli vale come pre– parazione. per poter efficacemente partecipare agli af– fari pubblici nel Comune e· nello Stato; gli- giova per dare un còntenuto intellettuale è morale alla sua esi– stenza, rendendolo consapevole clE!gli scopi comuni,. a cui _egli coopera coi suoi compagni e sviluppando in lui il sentimento di solidarietà. La necessità, in cui. (5) M. Tougan-Baranowsky: Les Crises lndustrielles en An– gleterre, ,Paris 1913, p. 326-43. (6) R. Micheis: Economia e Felicità, Milano, 1918, p. 12~-30.

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