Critica Sociale - XXXV - n. 18 - 16-31 settembre 1925
.. 228 CRITICA SOCIALE. - mitato che dovrà studiare e preparare la convocazione della Conferenza. Tutto ciò che è avvenuto a Ginevra ·a questo ri– guardo: la presentazione della mozione~ il discorso con cui Loucheur l'ha presentata e illustrata, le riserve del rappresentante inglese e le adesioni degli altri rappre– sentanti, la transazione cui si è venuti; tuttociò ha un significato considerevole che non può sfuggire ad al– cuno. Pochi giorni prima che'il problema fosse portato da– vanti alla Società delle Na-zioni, esso si era affacciato in molteplici nunji della discuss~one svoltasi nel Congres- - - so internazionale socialista di Marsiglia;· le cui deli– berazioni affermano in più luoghi, .in maniera espli– cita, che non è possibile raggiungere la pace tra gli Stati se non si eliminano le .cause onde nascono fra loro le aspre competizioni economiche ché oggi li di-. vidono. Un Congresso socialista non poteva non ve– dere la stretta e ferrea dipendenza di ·questo· stato di cose dal fondamentale assetto economico della So 0 cietà attua!€', che « pone iri conflitto tutti i capitalismi nazionali per la ricerca delle materie pr~me e. degli sbocchi commerciali, per lo sfruttamento della ml;\no d'opera, per l'accumulazione dei grandi capitali e per il predominio monetario »; ma qon disconosceva- che l'asprezza di questo attrito -può essere attenuato entro l'ambito stesso dèl pr-esente regiri:ie economico, in cui, accanto aJle foFze che scatenano il oonflitto, operano infatti altre forze .che fapno sentire impellente il biso– gno della solidarietà. ~erciò fa mozione sulla poli- . tica di pace del proletariato chiedeva appunto .1che « a fianco dell'Uffici-o Internazjonale del Lavoro, gli attuali organismi economici della Società delle Nazioni venganb trasformati in un vero Consiglio dell'Econo– mia collettiva internazionale, al quale partecipino le organizzazioni operaie sindacali e cooperative». « Que– sto Consiglio.-:- soggiungeva - sarebbe incaricato di esaminare i pi;oblemi internazionali della produzione e del consumo, di sorvegliare i regimi monetar1, di cont11ollare le vie di comunicazione _internazionali e di agevolare i 'trasporti, di assicurare a ogni nazione una equa ripartizione dello stock universale delle materie prime e.dei prodotti, di combattere i pr?tèzionismi e i nazionalismi economici». E su quest'ultimo punt(? - che vorrebbe essere il motivo fondamentale della pro– posta Loucheur, il Congresso di Marsiglia tornava an– che nell'altra mozione su le condizioni della vita ope– raia. affermando la necessità dGlla creazione di un mer~ato mondiale e l'impossibilità di raggfon'gere que– sto ,obiettivo col regime protezionistico, « che tende · così perioo1osamente ad ,estendersi e che mette in pe– rièolo la prosperità e la pace dei popoli ». Il pensiero socialista è dunque esplicito e .chiaro. Già nel Congresso tenuto a Berna nel principio del 11)19dai rappresentanti di nu_merosi partiti socialisti che si mantenevano sulle direttive della Seconda Iriter- . nazionale, il prof. Justo, argentino, Henderson, Re– naudel ed altri avevano post-0 in rilievo l'import~nza del problema doganale nelle relazioni fra i popoli e come fattore - secondo il modo in cui vie!"!rrsolto -:– e, di guerra o di pace. E qui sulla Critica fu, nel nu– mero del 16-31 marzo 1919, pupblicato un articolo di1;etto a dhnostrare, c0n argomentazioni tratte anche dall'esperienza storica, che solo con l'abbattimento delle barriere doganali la Società delle Nazioni poteva diventare una realtà viva e vitale. *** Nello Statuto della Società dèlle Nazioni formulato a Parigi e incluso poi nel Trattato éli Versailles non BibliotecaGino Bianco c'è. segno che i rappresentanti dei Governi abbiano avuto intùito della connessione fra le rivalità econq– miche e i conflitti ai·mati. Lo stesso Wilson, quan– tunque liberista, quantunque avesse scritto) nella s~ia ben nota· lettera di risposta al Papa, che « le: rivalità e le ostilità economiche sono state nel mondo moderno la sorgente inesauribile -di progetti e di passioni che provocarono la guerra», soggilwgendo che « sarebbe una pace non sincera quella che non sopprimesse de– finitivamente questo pericolo»; lo stesso Wilson non pare si sia adoperato con molto fervore a far includere n·ello Statuto della Società delle N:,lzioni una clausola diretta ad attenuare le ragioni di conflitti economici e l_econseguenti probabilità di oonfl;tti armati; anzi, nei momento stesso in cui si adunava la Conferenza di Pa– rigi, esplicitamente dichiarava, secondo che riferirvno i giornali del tempo (gennaio 1919), che egli .non in– tendeva: affatto di imporre ad alcuno Stato di seguire la politica liberista, se i suoi interessi lo .spingevano in veci a mantenere o instaurare la protezione. doga- . nale. Fatto~è che nell-o 1 Statuto della Società delle Na– zioni del gravissimo problema di cui stiamo trattando è fatto- cenno in un solo- punto, all'art. 21, in cui si dice ·che «-per mezzo della Società delle Nazioni, sa– ranno prese disposizioni per garantire e per mantenere la libertà di transito ed un equo trattament9 dì tutti gli Stati membri della Società delle Nazioni». Come quest'impegnç sia stato attuato potrebbe risul– tare da un'esposizione - se avessimo modo_ e spazio di farla - della politica --economica seguìta da tutti ·gli Stati in questi ultimi sei anni. Notava anche Lo11- cheu-r nel discorso di chiusura della discussione svol– tasi attorno alla sua proposta, che a presentar questa egli fu indott,o -dalla consta-tazi:òne che, mentre è pure convinzione generale che l'ultima guerra (com~ tante altre guerre anteriori) è sorta essenzialmente da con– flitt<> di' iritere§Si economici, vicevérsa cot1tir1ua ancora lo stesso. disordine economico da cui può sorgere il péricolo di nuovi conflitti armati. Parecchi trattati com– merciali - e alcuni veramente notevoli - sono stati . . stipulati in questi ultimi anni, specialmente dagli Stati che l'ultima guerra ha: creati o notevolmente ingran– dii.ti , e più clausole mirano ad agevolare gli. scambì commercìali fra I.e parti contraenti; ma nella ·politièa economica degli Stati maggiori· è. decisamente. prevalsa una tendenza protezionistica, che è giunta·, in certi luoghi e momenH, fiho ad esprlmere l'as_surdo propo, sito di così det.ta indipendenza economica. La Fran-. eia ha manteriuto ed inasprito. la protezione ecpno– mica che già prima aveya; l'Italia ha introdotto l'ele– vatissima tariffa doganale del luglio 1921 e ha rista– bilito ora anche il dazio sul grano;. l'Inghilterra, dopo una lotta durata ~arecchi mesi, ha abbandonato deci– samente la tradizione liberistica inaugurata nel 1~46 e che aveva sostanzialmente mantenuta a11che ·nel pe– riodo dell'infatuazione imperialistica promossa e ca– peggiala dal Chamberlain; "ed 'ora· è_ proprio l'Inghil– lerl'a che fa riserve 'sulla proposta· presentata -dal Lou– cheur' ed è riuscita ad impedire che si venisse ad· un accordo concreto. Nè c'è soltanto questo inasprimento di protezioni– smo; c'è, insieme, anche il tenta!ivo degli Stati econo~ micamente più forti di conqu:stare un sempre più vasto dominio dei giacimenti di materie prime e dei mer– cati di vendita dei prodotti manifatturati. Basti ac– cennare allo sforzo della Francia per rinsaldatre, con la conquista di .sempre più vasti bacini carboniferi, il suo primato nell'indus·'ria siderurgica; e alla lotta accanita, feroce, tra Inghilterra e S.tati Uniti per l'ac-
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