Critica Sociale - XXXV - n. 17 - 1-15 settembre 1925

I ' CRlTICA SOCIALE .223 capitale; e sopratutto il proprio lavoro, nena piccola impresa agricola. Nell'attuale regime non gU resta· al– tra alternativa. Quantunque comprenda che il suo 'la– voro lo impiega a oondizioni. in.feriori a quelle se– gnate nelle tariffe- dei _braccianti, difficilmente riusci– rebbe· a trovare per il p:roprio peculio e per n proprio lavoro un impiego più redditizio. Se· andasse a fare il braccia:nte potrebbe bensì guadagnare una tariffa oraria doppia o tripla, ma in questo l~voro egli. non potrebbe impiegare tutta la mano d'opera famigliare, e dovrebbe .d'altra parte fare il conto delle giornate di disoccupazione, che non sono poche per i sala– riati agricoli, e verrebbe in definitiva a reaJ.ìzzare ùn guadagno complessivo assai minore. Ecco perchè egli non sente la seduzione delia tariffa alta e dell'orario -delle otto ore. Quando invece alla fine dell'annata 'agraria f?-rà il conto del reddito complessivo realizzato nel suo cam; picello con l'impiego del suo capitale e del suo. lavoro, e constaterà di avere soddisfatto non solo ai bisogni elementari proprii e della iamiglia, ma 'di avere .anch1; in piµ un modesto guadagno da mettere da parte, avran voglia i socialisti di .predicargli che la condizione di salariato è l'ideare delle· condizioni, egli si guarderà bene dal tramutare la propria, di imprenditore sicuro del suo domani, in quella, instabile e tormentata, di giornaliero agricolo. · Quell'attaccamento alla terra, alla famiglia e alla religione che piace tanto ai po_eti dell' A_rcadia con– servatrice, ·gli deriva dal suo reddito e, sopratutto, dai risparmi,; ·che, mercè· il. non lesinato sudo.re suo e dei suoi famigliari, egli è riuscito a investire nella. sua terra, risparmii che gli consentiranno, anche du– rante la vecchiaia, quando sarà impotente al lavoro, di essere conside.rato il capo spirituale se non il capo .alti-vo della famiglia, ascoltato dagli uomini~ cµrato dalle donne, rispeftato dai bambini, ehe -continuerà ad occupare il posto d'onore nella modesta tavola comune; tnentre inv·ece il salariato, che pure ha vissuto spesso, come obbligato·, nella stessa famiglia e sotto. lo stesso tetto del piccolo coltivatore, sarà conside– rato, nella vecchiaia, 11n peso troppo grave per la sua famiglia troppo povera,. nella casa troppo ristret– ta, di cui occuperà l'angolo più remoto e dove la sua morte sarà una liberazione per tutti. Eppure non av.e– vano questi due uomini lo stesso modo di vita? Perchè adu11que tanta disparità di trattamento? *** Certo la piccola azienda agraria non manca di difetti• e di inconveniènti; · speciidmente dove e quando ess::i si chiude in quel gretto misoneismo che. fu per lungo tempo la caratteristica di tutti i piccoli coltivatori e che oppose dappertutto (e in qualche luogo e caso oppone ancora) ostacoli al progresso agricolo nelle nostre campagne. I nuovi portati della tecnica tro– varono (e trovano) senza dubbio un ambiente ge– neralmente più propizio. nella grande impresa a sala– riati, diretta da elementi tecnici secondo piani organici e razionali di coltivazione e oon mezzi adeguati. Ma la piccola impresa agraria non è più oggi la picoola·_pro– prietà · patriarcale che produce soltanto. per la fami– glia. Le più redditizie coltivazioni industriali le hanno creato rapporti sociali nuovi e la necessità di uscire dal suo antico isolament-0. Il latte delle sue mucche • il piccolo coltivatore dovrà portarlo alla cascina co– mune, il prodotto delle sue viti alla cantina social,e, le sue barbabietole al vicino zuccherificio; a se ancor oggi egli è vittima del cascinaio, del negoziante e del- . l'industi-iale privati, troverà presto la convenienza, per Biblioteca Gino Bianco . ' auqrentare i suoi redditi, di layorare in comune cogli .altri coltivatori i pr_odotti della sua terra e del suo · lavoro. Ma in confronto al lavoro intermittente dei sala– riati, al quali, per la forma del loro 1mpieg-0, sono in– differenti le vicende' buone o cattive dell'impresa e che non lavoreranno mai con amore quella terra di eui non rac!oglieran,no•i frutti, sta l'inoontestabi1e van~ taggio, per la piccola azienda, di poter fruire di un lavoro continuativo e amorevole, pcrchè fatto da gente che sa di lavorare nell'esclusivo o p~eminente ·utile proprio. E nemmeno crediamo che a:bl:>iamolto fondamento l'obiezione che la piccola azienda produca, per ogni unità di superficie coltivata, meno della grande _azienda, o tenda a realizzate il massimo profitto. anzichè ii massimo prodo.tto. Tutte le 'cifre e i dati finora pub– blicati, intesi a dimostrare la minore produttività della' conduzione famigliare, sono àffetti da. ~n vizio di ori– gine che ,li rende inefficaci ad ogni dimostrazione, o · perchè assunti su prodotti che ·mal si prestano alla dimostrazione, o su terreni di natura affatto diversa. Non può instaurarsi., ad esempio, come hanno' ·.fatto mom,··un ·confrontò.del rendimento unitario del fru~. mente o dell'avena nella. grande azienda di pianura col rendiviento unitario degli stessi prodotti in piccole aziende di collina o di montagna. I pochi confronti fatti su alcuni· prodotti industriali, _iquali esigono, come la barbabietola,. grande quantità di lavoro,· non_·soho stati affatto sfavorevoli alla piccola impresa. E senza'· àlcun fondamento è la seconda delle obie– zioni accennate, che la piccola azienda tende cioè al massimo, di profitto anzichè al massimo di prodotto .. È l'ac~usa.che si p~ò fare a tutte le aziende agricole o industriali, individuali o collettive: è anzi l'accusa che ,investe in pieno tutto l'odiern_o sistema di. produzione. capitalistica, dove si lavora soltanto per il profitto privato e non già per l'interesse comune; e appunto dalla necessità di abolire questi' contrasti antisociali; armonizzando gli interessi dei singoli con gli interessi della collett,ività, trae la. sua pii1. forte ispirazione la critica socialista. Le s·tesse imprese cooperative agricole, quando di-· menticarono di vivere iQ regime sociale capitalistico e, con un disinteresse cl).e fa loro onore, tentarono l'appli– cazione della politica del massimo prodotto. lordo, do– vettero presto ritornare sui loro passi, se vollero evi- .tare il dissesto dei loro bilanci e il proprio fallimento. V. Come la piccola azienda possa preparare la socializzazione. Come abbiamo visto 1 fa piccola ,impresa agricola si regge oggi sul basso prezzo del lavoro di colui che l'esercisce·, e, purtroppo' e assai spesso, su quello delle. sue donne e dei' suoi fanciulli: Può darsi che domani, per l'intervento di fattori imprevedibili, essa torni ad essere, come• prima del 1900, in condizioni meno fa– vorevoli che la grande impresa.; ma oggi, nonostante tutte le sue deficenze, non pensa di lasciarsi marxisti– camente inghiottire dalla grande impresa; chè anzi•, nonostante ogni nostro desiderio ed ogni nostra sp~– ranza, essa va in molti luoghi diffondendosi sulle ro– vine della grande impresa a salariati. È vano dunque attendere la socializzazione della terra come il prodotto fatale dell'accentramento delle piccole aziende e della. proletarizzazione-dei medi ceti agricoli. Ma se la piccola impresa nqn pensa affatto di scom– parir.e spontaneamente; non vi è d'altra parte nessuno

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