Critica Sociale - anno XXXV - n.16 - 16-31 agosto 1925
ORITJOA SOUlALÈ; 201 • scendere fra la tÙrba ·anonima dei salariati e allora soltanto, noi socialisti, avremm'o preso in bene,rolo esa– me la sua non lieta condizione. (?ggi che .questa sparizione dell.1 piccola proprietà non si è ·avverata nè accennà a_d avverarsi (chè anzi moltissimi dei piccoli proprietar1 d'un tempo, arizi– ehè proletarizzarsi, sono invece saliti, in questi ultimi anni, a più alti gradini della scala soc:ale, dove si gQdono i benefici dellà rendHa fondiaria), io credo che pÒssiamo riprendere in esame la situ,azione per guardarla attraverso la sua realtà altuale. *** Ciò che ha importanza ne11o studi-o dei problemi èconomici e sociali ·ctell'agriooltura non è già il ·pro– blema delle. forme di proprietà della terra, -bensì il pr_oblema delle sue forme di produzione ·e delle ~ra– ~formazioni che si vengono in esse elaborando sotto la spinta dei progressi della tecnica e sotto- la pres– sione <lelle organizzazioni sindacali o cooperative. Perciò, quando si parla di piccoli coltivatori, occorre precisai~ che non si tratta soltanto <lei piccoli p,-o– prielari che sono- di essi solo una parte, e non la mag– giore, ma si intende parlare di tutti colOf\O che gesti-. scono una piccola impresa agricola e la lavorano per· proprio conto. Corné ottimamente chiariva' R. Mondolfo su. queste colonne (1), i piccoli coltivatori comprendono: a) i piccoli proprietarì che lavJrano essi stessi la loro terra e che posséggono,. oltre la terra, le scorte vive e morte e gli strumenti di lavor_o; b).i fitlabili ~he conducono e lavorano l'azienda · e posseggono le scorte vive e morte· e gli struméoti agrìcoli; é) i mezzadri, geslori in compartecipazione della impresa agricola, possessori -degli strumenti del loro . lavoro e comproprietarii delle scorte vive e morte. In quale sitm_i.zione si trovano tutti questi impren– ditori agricoli - il ·cui numero è rilevantissimo in, Italia e fuori - di fronte al problema della_ socializ– zazione della terra? *** Un allro dogma, corollario di quello a cui abbiamo dianzi accennato, sta. n~l ritenere che la sociali:z– zione della terra debba avvenire soltanto altraverso la grande azienda a .salariati e come sbocco fatale del diffondersi di questa forma di produzioni: agricola. E' _ben vero che molti socialisti - di fronte alla realtà del moltiplicarsi delle piccole imprese - hanno fatto i10tevoli concessioni- e ritengono oggi compàtibile la coesistenza di queste fliccole imprese anche in un si– stema di socializzazione; ma si guarderebbero bene dall'ammettere che la socializzazione della terra possa avvenire anche attraverso la piccola impresa agricola. . In una sua recente pubblicazione (2) il Kautsky, pur non nascondendosi che la via che seguirà l'agr:coltura per giungere al socialismo sarà tutta cLversa da quella che seguirà l'industria, ritiene però (pag. 75) « che une! « agricoltura socialista non sia poss!bile sulla bas<' « della piccola proprietà». « Se noi marxisti - agg;un– « ge più oltre - e con noi l_agran parte degli .econo– " misti borghesi abbiamo affermato una volta che la ~ grande azienda agricola avrebbe percorso lo stesso •~ cammino trionfale dell'industria, c,ò si basava sopra " falli realmente constatati, ai quali però demmo un « valore soverchio. Io ho già riconosciuto ciò, vent'anni (1) Critica Sociale di quest'anno, n. 9-10. (2) La- socializ=azione della terra. - Soc. edit. Avanti, 1921. Biblioteca Gino Bianco « fa, nel mio libro: La questione agricola. Io respinsi ·« però fin •d'allora anche la concezione opposta, se– ·« condo la quale la grande azienda sarebbe andata « dissolvendosi per lasciare il posto ali~ piccola azien– « da. Se non_ abbiamo motivi per ritenere che nella « agricolt11ra la grande azienda assorbirà rapidamente « la piccola azienda, ancor meno motivi abbiamo per « attendere il processo inverso >). Io penso che il Kaurtsky, il quale pure rileva che la lotta del proletariato agricolo contro la grande l)ro– prietà terriera è diretta piuttosto allo ,smembramento .che a'lla socializzazione della terra, io penso: ripeto, che oggi, avreb.be serii motivi .per modificare le~ proprie, affermazioni (3). Perchè ·è evidente che, se la grande aziendà agricola va realmente dissolvendosi, la socializzazione della ter– ra o non avverrà mai o, se avverrà, si attuerà non attra– verso e come uno sbocco della grànde impresa, ma con un processo affatto diverso, attraverso e sulla basé_ della piccola -impresa, o, almeno, anche di questa. Qi:1esto problema, in apparenza aslratto e dottrina– . rio, ha un'impo,rlanza notev,ole nel determinare il no– stro atteggiamento cli socialisti nei confronti di quei ceti medii agricoli - che abbiamo fino a ieri ignorati. *** Per i cooperatori il prohlema no_n è nè nuovo, nè recente. Quando neHe nostrè affittanze agricole col– lettive eravamo intenti a liberare le aziende dal peso ·schiaccianle delle passività finanziarie, perchè i coo– perat9ri d,iventassero essi stessi padroni della terra e _degli strumenti del iavoro, il nost:no pensiero era assillato da un dubbio atroce. Quando la Cooperativa - pensavamo - sarà ari-ivàta alla proprietà della terra e dei capitali e non dovrà più nulla a nessuno', non vo1'ranno i cooperatori applic_are il « socialismo » p~r essi più spiccio e p:ù comodo: quello di divicleu fra loro la terra e i capitali, seguendo la loro ten– denza a trasformarsi in piccoli proprietari coltivatori? È innegabile che la proprietà comune non soddisfa l'egoismo dei lavoratori agricoli,. i quali in essa non si sentono abbastanza padroni; e per quanto si voglia irridere. a questo loro egoismo, il fatto . è che pensano e sognano iì pezzetto di terra cinto e· difeso dalla siepe, con relativa casetta, entro i cui confini essi possano . . ' (3) A giudicare dalle' sue ullirne pubblicazioni, ·non ci pare che Kautsky - il quale segue· ancora sempre con vi– gile spirito giovanile i fenomeni anche più complessi cieli.a evoluzione economica _:_ abbia oggi modificato .. come sup– pone il Riguzzi, il suo punto cli v1sla su questo tema. Nel suo recente volume su La Rivoluzione proletaria ed il suo programma, le cui due prime edizioni tedesche videro entram– be la luçe nel 1922 e cli cui fu pubblicata, proprio in questi giorni, con una nuova prefazione dell'Autore un'ottima versio– ne francese ad opera d1 Bracke e A. Roussel, volume del quale consigliamo la lellura a tutti i socialisti italiani (La Rèvolu– lion prolétarienne et son programme; pagg. 496; Edition de l'Eglantil).e 20 Rue de Lenglentier, Bruxelles-midi fr. 10 belgi), nel capitolo che tralta dell'Agricoltura, il J{antsky sostiene ancora che, « se non esistesse la grande azienda, e se questa non si .palesasse come la forma la più produttiva, allora, in verità, ogni tentati,·o di organizzazione dell'agricoltura nel quadro del sq,cialismo sarebbe senza speranza, erJ anche senza utilità•, e che • è precipuamente la inferiorità tecn:'ca della piccola proprietà cne rende questa incompatibile con l'esi- . stenza di tma società socialista• (pag. 423). Per Kautsky, · l'inquadramento della piccola azienda agricola uel sistema di produzione socialista non avverrà che gradualmente, dopo la graduale socializzazione ciel suolo e in seguito alla espe– rieµza dei benefizii di un'agricoltura associata e industria– lizzala e à un grande elevamento tecnico e morale delle classi rùraH. Il Kautsky intanto condanna decisamente tutti i tenta– tivi cli giacobinismo socializzatore ( tipo russo) . dell'azienda contadina. Ma preferiamo rinviare il lettore alla conoscenza diretta del nuovo ,libro di Kautsky, che consideriamo- come. uno dei prodotti più importanti della più recente letteratura. soéialista. (Nota di Critica Sociale) . .
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