Critica Sociale - anno XXXV - n.14 - 16-31 luglio 1925
L 168 CRITICA SOCIAt~ zione é dei traffici, tanto più violenta quanto più l'ottimismo fu artificialmente creato e conservato. Nell'ultimo triennio abbiamo assistito ad un~ vera elefantiasi nel campo delle imprese indu– slriali. Col pretesto che la lira valeva cinque vol– le meno dell'anteguerra, si moltiplicò per dieci, per venti il capitale nominale di molte aziende. Ad alcune fra esse si assegnò il capitale di mezzo miliarclo, ad altre quello di un miliardo intero: si giocavll coi miliardi come dieci anni fa non si giocava coi milioni. Ad impianti, a macchinari, a lerreni, a stabili si attribuiYano valori fantastici: quandò non li attribuivano le assemblee degli azionisti, Ji attribuiva la Borsa. E il pubblico com– prava, con la segreta sebbene non patriottica spe- 1·an_za ·che .un ulteriore rinvilimento della ·mone– ta aumentasse in avvenire il va'lore venale delle azioni acquistate. . · Si ragiona\'a nel modo seguente: Prima della guerra, il capilale dell'azienda X era valutato in un milione di lire. Dopo e durant,e la guerra. quest'azi~nda non ha incontrato perdite, anzi ha realizzato guadagni, eù ogni anno, prima di di– stribuire rlividendi, accantonava cospicue somme alla riserva ed operava ammortamenti. Si deve dunque ammettere che il capitale sia per lo men() intatto. Ciò posto, una casa, un fondo rustico, che · prima della guerra valevano un milione 1 · oggi ne valgono cinque, perchè cinque lire d'oggi hanno. là stessa capacità d'acquisto, d'una lira d'allora; dunque anéhe il patrimonio dell'azienda X, cal– colato nel 1914 in un milione, deve -oggi essère stimato cinque volte-tanto, ed altrettanto.deve dir– si per le azioni che lo rappresentano. ·n. ragionamento peccava in molti punti. An– zitutto, oggi un fondo rustico, una ·casa ren– dono quattro ,o cinque volte, in media, più di quanto rendevano nel -' 1 1914; ma, in media, l'in– teresse dei valori industriali e· bancarii è ben lon– tano dall'essere aumentato nella medesima mi– sura. I migliori fra essi fruttano meno del dop..: pio di quanto fruttavano nèl 1914. Ln secondo luogo, mentre una casa o un fondo rustico sono ora quali erano nell'anteguerra,, quasi tutti i va– lori mobiliari sono stati nel frattempo « an– nacquati » con aumenti di capitale ·fatti in lire : già svall!tate. Quindi, secondo i casi, la metà, i due terzi del presente valore nominale dél loro capitale sono già espressi in moneta cattiva, e non è più' possibile calcolare il capitale intiero sulla . base _della moneta buona. Infine, perchè )e in– dustrie potessero dare in avvenire frutti adeguati alle p,resenti quotazioni dei loro titoli occorrereb– be poter contare ~on solo sulla pr9s~cuzione ma sopra un grande incremento della massa e dei profitli della produzione, quali si verificarono , nell'ultimo triennio. Ora, è ,appunto tale incremento che si presenta i1:1probabile, per non: dire ~mpossibile. La mag– gior parte delle industriie 'italiane - la serica la cotonièra, l'automobilistica - vivono e prosp~ra– no e_ssenzi3:lmente per l'esportazione dei loro pro– dott1. Ma, m questo mondo sempre più naziona– lista e protezionista, ogni giorno si alzano dai Pae~i ~steri n_uov~barriere contro l'importàzione, ogm g10rno s1 chmde un nuovo mercato ai nostri esportatori. Quando si vede il Paese di Cobden e della scuola di Manchester, l'Inghilterra tradi- . zionalmente libero-scambista, ostacolare con al– lisshµi dazi l'introduzione delle automobili e della seta artificiale, prodotti finora colà largamente esportat~ dall'Ital!a, non ci si può più sorprendere d~l ~or_itmu~raflor~a~ento delle correnti. prote– z~omst1che m Paesi d1 tutt'altre tradizioni. II g10rl'!-o, che pare non lontano, in cui l'Oriente -– spec1:1lment~ quello tu~o - possiederà u·n appa– rato mdustnale p:::-opr10e vorrà difenderlo dalla BibliotecaGjno Bianco concorrenza europea, un colpo gràvissimo sarà inferto all'esportazione italiana; e il mercato .in– terno, povero e saturato, non sarà certo sufficiente a rimunerare le industrie che finora l'esportazio.., ne ha arricchite. Daf canto suo la Germania, superata miracolo– samente, mediante il ritorno alla valuta aurea, una crisi ·che pareva mortale, ritorna a compa– rire sui nostri mercati esercitandovi quel dum– ping che nessuna clausola di trattato commerciale serve ad impedire. E la metallurgia e la siderur– gia se ne vanno risentendo. E gli zuccherieri non riescono a vincere la concorrenza della .Czecoslo– vacchia, grande produttrice di zucchero a buon mercato, perchè, per quanto sia grande il desi– derio del patrio Governo di proteggerli aggravan– do il dazio d'entrata e diminuendo la tassa di fabbricazione, tuttavia quel desiderio trova un li– mite nella necessità di non danneggiare ecce~si– vamente il consumatore italiano e di non recare un grave pregiudizio all'instabile. par,eggio del bi– lancio. Questo ·accade, mentre alla ricchezza· italiana è venuta in gran parte a mancare quella fonte copiosissima di entrata che, fino a pochi anni addietro, costituivano le rimesse degli emigrati. L'A1:nerica, l'Australia, il Canadà hanno quasi chiuse. le porte in faccia alla nostra emigrazione; e gli Stali dell'Europa centrale, che una volta of– frivano a questa un dis·creto sbocco,. sone impove- . riti dalla guerra e non costituiscono più un frut– tifero campo di lavoro. Resta la Francia: che, da· una parte, assorbe i nostri ma.novali per la rico– struzione delle sue provincie devastate e, dall'al– tra, chiama i nostri agricoltori a coltivare le de– serte terre di Linguadoca. Ma fra un paio. d'anni. la dcostruzione del Nord-est sarà terminata; e, come risulta da recenti inchieste, gli ag-ricoltori emigrati nel Mezzogiorno della Fqrncia vi si sta– biliscono con le loro famiglie, comprano a prezzi irrisorii un campicello, e, tungi dal mandare in Italia i loro risparmii, resteranno incorporati nella massa della nazione francese. Resterebbe da parlare del bilancio dello Stato. L'analisi di esso fu fatta troppe volte, e troJ:')pQ autorevolmente, in queste stesse colonne, perchè occorra rinnovarla. Basti ricordare che il fragile pareggio, anche se· reale, si trova completamente alla mercè di due gravissime incognite: delle quali la minore è la forma in cui verranno regolati i debiti verso l'America e l'Inghilterra, mentre la maggiore, la più assillante, quella che sfug,ge _ad ogni previsione e ad ogni pressione umana, è co– stituita dall'incerto 'avvenire della nostra moneta. Ogni ulteriore deprezzamento della quale impor– terebbe di necessHà una revisione degli stipendii assegnati ai seìcentomila individui che vivono sul bilancio dello. Stato. Tutto ciò sembra ignòrato o trascurato dalla stampa ufficiosa, che continua a celebrare la mi– racolosa prosperità italiana, oggetto d'invidia al mondo iutiero. Ma è perfettamente compreso e sentito dagli uomini d'affari e dai mercati. Ne] primo semestre del corrente anno, le Borse hanno svalutata di un buon terzo la ricchezza mobiliare in essé trattata: ciò -che significa un deprezza– mento di alcuni~miliardi. E' vano spiegare il fe– nomeno col pretesto che prima la medesima ric– chezza era stata sopravalutata: perchè, quando i corsi erano assai più elevati di oggi, la stampa amica del Governo spiegava quotidianamente al pubblico che quei corsi non erano affatto esage– rati, anzi non rispecchiavan ancora la reale ef– ficienza della produzione e dei valori che la rap– presentano. Un'espansione· quasi indefinita era promessa alla ricchezza ilai.i.ana, a marciotlispetto di quei Paesi che si ,ostin.ano a non capire come · . -
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