Critica Sociale - anno XXXV - n. 13 - 1-15 luglio 1925

lo2 c:nt'l'lOA soolAL~ E nello slrsso luogo, cornr altrove, (32), il Kanl ripete che, in politica, nessun errore è pegg~ore di lfUeHo che si appella alla cieca realtà, e crede di ?over legiferare per gli uomini come sono, perchè ciò va solo a vantaggio di coloro che vogliono mantenere il 1oro dominio violento. Così àvviene che la polemica dell'Hegel contro il Sollen kantiano piacque agli Junker prussiani e oggi piace ai sacerdoti dello Stato-manganello! E lasciamo stare i fanatici terroristi francesi, che forse conobbero le idee del kanlismo per sentito dire; ma ce:to furono figli dell'illuminismo enciclopedislico e, sopratutto, del– l'epoca della ragione, in cui, come il Voltaire· scrisse al d'Alembert, si credeva che la raison finira par avoir raison! Il Cartesianismo non era passalo senza effetto sullo spirito francese, che della ragione si valse· solo per abbattere ogni pregiudizio, deificandone poi la po– tenza. Tale ragione era ben più simile a quella teolo– gica-dogmatica del razionalismo prekantiano eh.e non a quella del Kant, il quale, contro gli orrori del far:iati– smo rivoluzionario francese, aveva scritlo parole ben precise. (33). ' . '!• Uso sensibile e valore intelligibile della legge morale. Non mi piace fare ciò che parve ridicolo al La– briola: mettere a braccetto il Marx ed il Kant, ·come ad altri è piaciuto vedere la stretta parentela tra il Marx e l'Hegel. . Questioni storiche, che non mi interessano, perchè nè io voglio dire che. il marxismo sia da accettare o da ripudiare, a seconda· che sia in accordo o in disaccordo· con questa o con quella filosofia, nè io voglio accodarmi a coloro, che trovano. la teoria mar– xista manchevole. Sia come si sia il pensiero del Marx. ed accettando l'interpretazione del Mondolio, sebbene apparisca essa stessa una interpretazione originale, a– verroistica, è da chiedersi solo se la morale sia un factum efficiente· della pras~i sociale e, come tale, si possa studiare apa luce della concezione pragrpatico– slorica, e se la lotta del proletariato sia l'espressione di un'ansia morale e precisamente· di quella kantiana, che tende a porre, come vogliono il Marx e l'E.ngels, l'uomo· fine a se stesso. (34). Per tal ragione tralascio il paragrafo in cui Filodemo esplica la dialettica critico-pratica del. Marx, e non mi dilungo a mettere, in rapporto questa di_alettica 0011 l'antagonismo di cui parla il Kant nella sua Idea d'una Storia universale, nè a significare il senso morale di questa dialettica, in cui o si pone come primo della serie il soggetto, cioè l'uomo con i suoi bisogni, e allora si cade in un processo morale, come cel'co di (32) Slreil der Fakullalen, ed. Reclam, pag. 99. (33) D_ollrina del Diritto, pag. 130, nota. Su questo punto poi occorre precisare una citazione di Filodemo. Il Bluntschli ha solo riscontrato una certa somiglianza tra i concetti giuspubblÌcistici kantiani e la Dichiaraéione dei Di• ritti dell'uomo. Filodemo nel suo furore anlikantiano invece attribuisce al Bluntschli l'affermazione che la concezione giu– ridico-politica del Kanl sia stata la « vera ispiratrice dell'indi– dualismo della Rivoluzi01ie francese»; e quest'affermazione approva ed illustr_a. Sta di fatto invece che la Dollrina del diritto fu pubblicata nel 1797 e la Dichiarazione dei Diritti dell'uomo è del 1789 co– si come ]·ateismo dell'Hebert ed il culto dell'Ente Supremo' del Robespierre sono ciel 1793-94. · Del tutto contrario a quello di Filodemo e più cronolo– g_icamente v~ro è poi l'appunto del Kautsky alla morale kan– ha!1a _(op. c_1t., p~g. 41-42), che ~ terrorismo suscitò negli anwu un v1yo -~~sogno di teol_og1~mo, e fu per questo bi– sogno che s1 dtl fusero successivamente le idee kantiane le quali erano le più adatte a soppiantare il materialismo i;pi– ra lor e della grande Rivoluzione. lt~~ocnma... p~r d! d~r l'ostracismo al Kant ogni tesi, anche la p1u contradd1ttona, e buona! Su questo argomento vedi pure Aulard: Le Chrislianism1;; et la Revolulion. (34) Anche qui è strana la· sorte del Kanl I L'H egei vede nella morale kantiana un ritorno all'Antico Testamento e ad essa oppone la morale cristiana; il Kautsky (op. cit., pag. 36) vede in questa seconda formula dell'imperativo categorico, una parafrasi della dottrina morale di Gesù Cristo I · Bibliotec9 Gino Bianco dimostrare in un capitolo del miò Socialismo le Cultura: (34 bis) o 11011 si pone alcun inizio della serie dialettica' e ·allora si cade nel giuoco dell'uovo e della gallina. E la– scio, su questo punto, che Fìlodemo, il quale, ripe– tendo una affermazione del Barbagallo, avverte che il Marx ha _posto la materia al posto dell'Idea hegelia– na se la veda col Gentile, il quale ha già criticata una nil'e concezione. Filodemo, parlando di una materia, « fornita della medesima attività » dello spirito, riaf– ferma un realismo, anzi un materialismo metafisico, che non so quanto possa accordarsi con il reale uma– nesimo marxista, messo in luce da Rodolfo Mondolfo, e che rende inutil~ ogni fatica dell'uomo pensante, dal momento che vi è materia così intelligente da 'far le cose sue per benino, senza disturbo' di nessuno. Questa materia pensante non mi pare ad ogni modo molto conciliabile con le glosse del Marx, anche se per materia s'intende • sostrato sociale», perchè si viene a dare alla Società un attributo, che è proprio dell'uomo. Giacchè nella pra,ssi che si rovescia nori t già reattiva la Società sull'uomo, ciò che si dice solo per modo di dire, ma l'unico attivo è l'uomo, che subisce i limiti, le influenze del non essere hege– liano, delle circostanze; si modific~ e reagisce. L'uomo solo, dunque, pensa e fa la storia, come può farla:; e per farla conosce e cambia l'ambiente in cui vive. ' ' Si vuol dire con questo che, siccome pensare, co- noscere è fare, tutto il conoscibile sia limitato da ciò che facciamo e-che, perciò, per esempio nel lavoro, sia risolta pure la cosa in sè? L'equazione pensiero-azione l'abbiamo già trovata nella Critica della ragion pura; nella Critica della ra-'– gioa pratica, il Kant distingue quel che egli chi!lma « concelli della ragion pratica» (pag. 69), a cui si può riportare questo • lavoro » che è strumento di conoscenza per l'Engels e per Filodemo. Tanto più che questi parla di pensiero, per poi ricadere nel suo tema preferito della inattuabilità e, quindi, della inutilità dell'imperativo categorico, con-tro cui aveva già scritto l'Engels nel suo studio sul Feuerbach. La legge mo– rale è trascendente all'atto come forma, in pura via logica, ma deve essere immanente nell'atto come nor– ma disciplinatrice della condotta, come causa pura dell'atto stesso. (35). Ema·nuele Kant non ha scritto per degli angeli, ma per degli uomini, che egli conosceva meglio del _Marx come imperfe,tti; egli in tanti punti delle sue opere ha spiegato pw-e che essi sono e debbono essere im– perfetti, perchè cioè, come esseri sensibili,. sono servi, sono necessitati dalle condizioni tra cui vivono. Che valore avrebbe allora una norma morale tratta da questa sensibilità, ove solo il piacere ci lusingai e ci inganna? L'uomo non ha solo bisogni (nel senso .sensitivo), ma ha soprattutto ragione, ed i bisogni del– l'uomo si distinguono da quelli animali, in quanto, come giusta.mente osserva il De Sarlo (36), obbediscono « ad un proposito razionale». È assurdo parlar del– l'uomo· vissuto dalle cose e non vivente nelle cose, come se si trattasse di un animale; appaiare la So– cietà umana, che §i è modificata per la volontà ra– gionevole dell'uomo, con la Società animalesca, ,che è immutevole, perchè retta dall'istinto; è assurdo con– fondere il vivere della natura col ben vi_vere dell'uomo. Ed il ben vivere l'uomo lo pone nel vivere da uomo: ecco il fine che, a costo di sforzi penosi, l'uomo va perseguendo: essere rispettato come persona, come fi– ne e' mai come mezzo, come è considerato l'operaio nel– la Società presente. Questo il fine che infiamma e dà forza a tutto il Manifesto! ALFREDO POGGI. (Continua). (34 bis) Il volume e uscito presso l'editore Gobetti, mentre era in corso di stampa il presente scritto. Ne parleremo in un prossimo numero. (Nota della t. S.). (35) Critica della ragion pratica, pag. 58.. (36) Rivista italiana di Filosofia, ~897, pag. 272.

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