Critica Sociale - anno XXXV - n. 13 - 1-15 luglio 1925

15Ò . (iJlUTiOA sootAt-m Stato romano dopo la cessazione del predominio patri– zio; furono, nei tempi recenti, lo Stato francese ed in– glese dal sec. XVII in poi, in quanto avevano distrutto gli organismi particolari che contrastavano le funzioni ed i fini proprii di ogni Stato, anche se esponente - come la dottrina socialista ritiene - di un predominio di classe. Stato forte non è lo Stato feudale, in cui ap– punto gli organismi particolari, che entro la sua compa– gine si sono costituiti, tendono a far prevalere le loro . esigenze sulle esigenze generali che lo Stato persegue. Ed è un vero Stato feudale quello che oggi. si vor– rebbe creare, con 'la sola differenza, dagli Stati feu– dali dei tempi passati, che la divisione dei minori enti che vivono entro lo Stato è fatta in base alla natura delle occupazioni dei cittadini, invece che alle circo– scrizioni territoriali, le quali però già vivono, nel po– tere dei ras, come entità politiche fornite di larga au– tonomia. E questo, oltrtchè la natura del progresoo che si pro– mette agli ordinamenti civili del nostro Paese, indica,• anche l'intima coerenza del pensiero e dell'azione fa– scista. 0BSERVER. ~ul pro~lema morale ~el10tiali1mo (*) II. Il pericolo, d'un ritorno al Kant. Ma, incalza Filodemo, ·questo rifiuto di fini sensi– bili è « la più· potente negazione del màrxismo, che ripone nell'attività sensitiva umana lo strumento del– l'umano progresso ». Progresso? attenti alle parole; chè questa, per es., è una di quelle .che il Labriiola non accetta, come illusione del telismo borghese; e difatti, oon la teoria delle morali relative alle classi e ai tempi, ·non saprei davvero che farne di questa visio– ne continuativa della vita umana. E fermiamoci un po' all'attività sensitiva, che è la traduzione della menschliche sinnliche Thatigheit del Marx, di cui il Gentile (18) osserva la inconsistenza, giacchè di realtà sensibile non v'è che l'inqividuo, es– sendo la Società un complesso di' relazioni, cioè un vincolo etico. e, cioè, come tale: mente, razionalità. Cos'è mai questa attività sensitiva, se non astrazione? Che cosa sarebbe mai la nostra -sensibilità in se stes– sa'! Pura ricett.ività; essa è attiva, perchè è ordinata; guidata dalla mente, e allora non è da parlarsi a sè e per sè di attività sensitiva, ma di attività sensitiva · dell'io, cioè dell'uomo ragionevole. Per il Semplice fatto che il Marx ha- usato questa frase, e il Kautsky ne ha fatto base per là sua critica all'idealismo, non mi sento io obbligato. ad acc~ttarla senz'altro, tanto più se ripenso all'esame che Rodolfo Mandolfo -ha fatto della filosofia del Feùerbach ed al senso completo che egli ha dato ai concetti uomo e bisogni,_ da quel filosofo usati, e ~e ripenso alle molte frasi (ce n'è per tutti: materialisti ed idealisti!) che l'Engels ed il Marx hanno usato,• ove a soggetto _della prassi pongono l'uomo con tutti i suoi bisogni, che sono tanto spirituali quanto materiali, aggiunge · il Mandolfo (19). . · . Se così è, l'attività sensitiva si può benissimo accetta– re nel senso kantiano, cioè oome materia, che. in sè sarebbe amorfa; se no·n fosse. ordinata, guidata, re– golata dalla volontà ragionevole dell'uomo; sarebbe incomposta azione, contraddittoria, se non · cercasse d'attuare un fine ragionevole, un fine universale. E quale? Quell-0 che solo può convenire con l'autonomia del volere: quello che traluce da tante pagine del Marx e dell'Engels; e che Rodolfo Mondolfo ha esal– tato nei suoi studi critici: la dignità umana: die Men– schheit im Menschen! Ecco. ~n, fin.e. ~he la vo~ontà ragionevole impone ~~__:-~1v1tasens1t1va, da Clll non s'estrani-a, ma cui si _, (*) Continuazione vedi n. 11-12. . (18) La Filosofia di Marx, pag. 147 e segg. (19) Materialismo storico in Fed. Engels, pag. 91. BibliotecaGino Bianco r.ivolge come legislatrice, e, siccome sa che la sen– sibilità umana sarebbe riluttante, questo fine glielo impone come dovere, come imperativo categorico. · Morale eterna ed universale, certo, ma pienamente valìda oggi, per borghesi e proletari; arma potente per la nostra rivoluzione, come appunto esige il Kaut– sky, e che' può bene accordarsi con la concezione storica cosidetta materialistica (che io chiamerei pram– matica, per por fine agli equivoci e alle controversio leg·ate a quel disgraziat,o aggettivo) (20), quando si veda· nella storia, non una cieca lotta di cose, ma l'uomo che, sotto l'azione del~e condizioni inumane, sotto la spinta dei suoi bisogni reagisce a sua volta, per instaurare la Società. dei liberi, ove quel fine uni– versale possa essere perseguito. La lotta di classe è lotta di uomini, di coscienze (ogni lotta di classe è lotta politica e, come tale, non è fruttò di sola attività sensitiva). La forza produttrice, soffocata dalle forme stabilizzate, tende a rompere l'impalcatura per rasse– starsi in nuove forme più convenienti; oggi la pro– prietà privata è in conflitto morale oon la produzione socia1izzata, ·e sarà negata dalla proprietà collettiva, che non è il fine, come ritiene il Kautsky, (21) ma ha vafore solo in quanto meglio risponde a questo biso– gno di dignità umana, in quanto meglio favorisce lo sviluppo di quell'uomo veramen_te uomo, cui il pro·– letariato oggi tende con tanta maggior forza, quanto più si sente privo di dignità, di libertà, di umanità. Questo ~, caro Filodemo, il contenuto esplosivo del– la morale kantiana, che l'Hegel aveva interesse di chia– mare vuota, perchè dava ombra al suo_ S_ta_to ideale, c0me dà noia allo Stato del Gentile, ch_e non vuol sentir parlare di libertà. Un ritorno al Kant non oontiene perciò alcun « pe– ricolo.» per il movimento socialista, perchè la morale kant-iana non è « fueri » ma « dentro~ l'individuo, in quanto si senta uomo; e quest'individuo; ,che curio– samente, per Prometeo Filodemo, erigerebbe a sovrano il proprio giudizio, pur attuando una morale esterna. per. la morale kantiana non può cadere nell'indivi– dualismo astratto, come temono hegelianamente Filo– demo ed il Passerin, giacchè, per agire conformemente e in obbedienza alla legge morale, dovrà trascendere il suo io sensibile (sè come individuo) e dovrà agire da uomo. Agirà non secondo la sua ragione, ma se– condo la ragione cui egli può appunto innalzarsi, chie– dendosi se tutti potrebbero fare ciò che egli fa, chie- . dendosi quello 'che, nella piana e vo-Igare vita quoti– diana, del resto, tutti, che abbian testa sul collo,- so– gliono chiedersi, quando compiono un atto di cui sen– tono · grave responsabilità: « f: il · mio ·un atto da uomo? ». Ed in questo tantò combattuto formali'smo è compreso un criterio sociale, ma moralmente, uni\;'er– salmente sociale, dell'azione; è cotnpr~sa pure la con– cezione dinamica dell'uomo, quella socialità che l'He– gel, e tanti altri dopo di °lui, invece credettero di ag– giungervi, correggendo la teoria kantiana del diritto e dello Stato. Vi è tanto compresa, che questo valore empirico degli imperativi categorici fu spesso rimpro– verato al Kant come una contraddizione al suo forma– lismo. (22). Vi è contenuta naturalmente solo come, in coeren– za al sistema kantiano, vi può essere: cioè nei suoi elementi formali. Il contenuto empirico, la sociologia, (20) Kautsky vuol conservato il nome, perchè rial.laccia· apertamente il materialismo storico con il materialismo filo– sofico, che per lui è la filosofia delle· classi forti e com– battive.· (21) Op. cit., pag. 142. (22) Così pure il Kautsky (op. cit., pag. 32), il quale rilev.c) come in questa formula kantiana fosse sottinteso il sensibile desiderio d'una società armonica, ciò che avrebbe appunto fatto ricordare il Kant come un precursore del socialismo. D'altronde si ricordi l'ammonimento dato dal Wundt (Ethik II, pagg. 67 e segg.) che la forza creatrice resta pur sempr~ nell'individuo anche se si assume come oggetto di studio la Società e che, estinguendo l'individuo nella Società, si tra– muterebbe l'etica in filosofia della storia. ,,,

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