Critica Sociale - anno XXXV - n. 7 - 1-15 aprile 1925

90 CRITICA SOCIALE più bassi siano, stati quelli pm avvantaggiati, con una diminuzione graduale per quelli più alti. Chi più ne ha sofferlo s:rno state le 'Classi dei profes- . sionisti (professori, insegnanti in genere, impiegati, commessi), cioè tutta la cl-asse intermedia di la– voratori, i quali, . non essendo organizzati e pronti alle difese come gli operai, vedevano diminuire la potenzialità del proprio stipendio, a detrimento del loro tenore di ·vita. J. M. Keynes, registrando il fe– nomeno nel suo volume sulla « Riforma monetaria», scrive che, se è vero che i professod tedeschi fu– rono una delle cause della guerra con la loro pro pagal'lda, sono stati atrocemente puniti dalla . guerra st~ssa con il_ loro immiserimento. Ma, più ancora di quesli professionisti, venivano colpiti i piccoli reddituarii (pensionati o viventi della ·rendit~ di piccole ricchezze investite in titoli a reddito fisso), i quali sono caduti in una vera miseria ed hanno dovuto sobbarcarsi ad una rieducazione fondamen– tale, per provveder-si, col lavoro, un mezzo di gu'l– dagno. La crisi delle èlassi medie. L'aumento del prezzo delle merci, l'inflazione mo– netaria, la crisi dei cambii, hanno determinato èosi un'altra crisi: quell'a. di una intiera classe clistintà dalle altre col nome di « classe media». Dice l'In– chiesta: « lndipendentemente dall'indebolimento del potere di acquisto delle èlassi salariate, conviene menzionare, cùme fatto di· ·grande importanza, ·dal punto di vista che ci interessa, la diminuzione, so– vente assai più considerevole ancora, della potenza di consumo cli una certa categoI,"ia delle ·class'i medie, specia~mente di quelle che vivevano della rendita di un piccolo capitale. E' un fatto conosciuto che.' i piccoli risparmiatori danno la loro preferenza, per l'impiego delle loro economie, ai valori a ren– dita' fissa. E perciò essi hanno sofferto al massimo dalla svalutazione della moneta. In questa zona sociale la rivoluzione . monetaria del noslro tempo ha fatto certamente il più gran .numero di vittime, creando un nuovo pauperismo, straordinariament~ esteso» (pag. 479, Tomo III). E Walter Rat,henan, il 29 ottobre 1920, dichiarava: « Le classi che non lavoravano dispariranno à poco a poco in ciascun Paese. In attesa, la gente che componeva quest~ classe non conta già più come oonsumal.Fice. L<'! grande diminuzione ·del consumo europeo si spiega con l'affondamento di queste classi». Questa è la tragedia delle classi medie! Quelle classi che diffidavano del proletariato, che l'hanno considerato nemico per tutto il peri-odo 1919-21, proprio perchè i salarii operai tendevano. al rialzo . ' non s1 accorgevano di essere le vittime di un sistema di produzione e di distribuzione ·di ricchezza, il quale, dopo aver dato l'illusione di una stabilità del medi~ benessere che godevano, le. <;1erubava in poco tempo di tutto il loro avere, con un processo di inflazione monetaria e di rialzo dei prezzi! Prezzi ed inflazione monetaria raggiungono così · il loro massimo nel 1920. I dati presentati dall'In– chiesla dimostrano che il limite massimo dei · tre termini· (prezzi all'ingrosso, inflazione, cambii) si ha fra le seconda metà del 1920 ed il primo ~emestre 1921. Ma la corsa doveva trovare un freno in sè stessa. Le domande di credito - per la ragiQne, già detta, della. continua produzì,one per richieste a titolo speculativo sull'aumentare del prezzo - ad un certo momento divengono tali, che provvedimenti si im– pongono, tanto più che il continuo aumentare del valore delle merci aveva prodotto · quel sottocon- · sumo, in -tante parti d'Europa più volte lamen– tato. La speculazione trovava il castigo nella specu– lazione. Il fermarsi dei consumi, e il susseouente diminuire del credito, portò seco un primo ~resto nella produzione, cioè l'inizio della crisi di lavoro. Il pr-ocedere della speculazione .(per speculazione non si deve in'tendere quella borsistica pura e sem- Bibl ioteca Gino Bianco plice, ma tutto il giuoco a cui è obbligata l'umanità in queste vari.azioni fra prezzi, valore della moneta e guadagni) prende un andamento inverso a quello che abbiamo osservato. Le classi operaie si inde– boliscono come ·resistenza sindacale, impaurite dalls disoccupazione, i salarii diminuisoono, il consumo decresce. La produzione si trova arrestata con i magazzini di riserva pieni di merci. La manoanza dj un credito abbondante dalle Banche spinge i pos– sessori delle merci a metterle sul mercato, ed ab– biamo il fenomeno constatato della caduta dei prez.zi all'ingrosso e succe~sive. diminuzioni di produzjone, tipica quella dei cotonieri amerièani. Vantaggi e danni dell'inflazione. Ma il procedimento inflazionista, avvenuto du– rante il peri.odo della guerra e del dopo guerra in tutti i mercati rrionetarii, non doveva, non poteva terminare col presentarsi della crisi. Per quanto i bilanci dei rispettivi Stati, io questo periodo, ten– dessero a rimediare ai danni della guerra, cercando, un possibile pareggio .......,. aiutato fortemente 'dal di~ minuire dei postumi pagamenti per 'spese. belìiche - pur tuttavia le necessità erano tante da · no'1j lasciar pensare ad un forfe avanzo, che permet– tesse di togliere di circolazione carta moneta senzi;I riper,cussioni gravissime. Di qui le discussioni di economistf e di finanzieri sul procedimento da adot– .tarsi per ricondurre il valore monetario alla si.1~ parità. Non è qui il caso di prendere partito per l'una o l'altra delle proposte: basta accennarle e contem– plare i da~ni o i creduti vantaggi di ciascmia di esse. Da una parte si dice: deflazionare il più ra– pidamente possibile per ricondurre le monete alla parità aurea. Dall'altra si avverte: lasciare che il credito si allarghi magari col danno di una possibile' maggiore inflazione, per mettere le industrie ·in piena. efficienza e lasciare che i salarii restino al– l'altezza che sono·. Una terza tendenza vorrebbe• che, stabilito iil vatore di acquisto• di alcnn'e monete, · su quel valore si fissassero i cambii. Il conflitto non è solo teoretico: vi è dentro un c0nflitto di interessi. Coloro che producono per ·l'esportazione sono i più interessati a far sì che il cambio non · si corregga in meglio; se questo avvenisse, la loro possibilità di esportare sarebbe colpita in pieno. ·Le risposte pervenute all'Ufficio Internazionale del Lavoro per la sua· inchiesta hanno,· su questo pun– to, una tonalità identica; . dal Belgio all' Auslria, alla Germania, all'Italia, la constatazione è unica: la caduta del càmbio ha favorito la· espoFtazione. L'Inchiesta, anzi, riassume così le conseguenze della diversità dei valori monetari. Per i Paesi a cambi deprezzati le conseguenze dannose sono: lo) difficoltà di acquisto; 2o) difficoltà nel calèolo• ·dei prezzi; 3o) diminuizione della ·capacità di acquisto ' della popolazione; 4o) mancanza di capitali. Le .con– seguenze favot·evoli sono in queste risposte: Governo austriaco: ,: La svalutazione rapida della nostra di– visa portò ia vendita all'es~ero di tutto quanto si trovaya in. Austria · e procurò perciò all'indu- · stria la possibilità di esportare in buone condizioni..». Il Governo polacco scriveva: «L'agricoltura non può lamentarsi della mancanza di sbocchi. Il basso corso del cambio è stato fino a questi ultimi ten ;i.pi un vero premio per i nostri artfcoli di esportazione ». Il Go– verno finlandese è più preciso: « Il fatto che il tasso dei cambi:i ha sorpassato, in generale, il liveUo clei prezzi in questo Paese, ha, in una certa mi– sura, incitato le industrie che producono per l'e• sportazione ad aumentare l'esportazione». Le stesse osservazioni valgono per i Paesi a cambii medi, come l'Italia. La Carnera di Commercio di Brescia rispondeva infatti che « la crisi dei cambii fu un elemento di protezione che ritardò il contraccolpo della crisi monc;liale ».

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