Critica Sociale - XXXV - n. 4-5 - 16 feb.-15 mar. 1925
,. CRITICA SOCIALE 61. - :.~l esser. studiato, quando saranno del tutto spente le passioni che in essd divamparono. Aq ogni modo, qualunque abbia ad essere il 'giudizio che un giorno ne sarà dato, è pur· sempre. vero che quella pas– sione, sia pure incomposta e fanatica, rappresentò non la negazione Qell'ideale che il proletariato ave– va per l'addietro nutrito, e 11eppure una parziale deviazione da esso, ma, anzi, la sua esasperazione, alimentata dall'eccitazione n'lorbosa in cui gli spiriti erano :venuti in causa della guerra. Anche quando quello stato di esaltazione si af– flo~ciò e .non seppe resistere alla reazione che le fu scatenata contro, la quale disponeva di mezzi di lotta di cui il movimento proletario difettava o man– cava, anche allora il collasso delle forze, se potè rappresentare un segno ·di debolezza e, in certi ca~i-, (sia pure) di viltà, non significò per altro - come è apparso e appare per infiniti s~ni - un abbandono delle idealità per l'inna11zi professale. C'è solo un'a differenza di tono, determinata- dalla constatazione delle difficoltà e delle resistenze che il movimento, anche prima di tradursi in atti, aveva in"contralo, e che suggerivano di teu1perare l'ardore della spe– ranza, l'impazienza dell'attesa, l'illusione. di una fa– cile e rapida_ vittoria. I casi veri di dis•erzione (pon quelle diser.zioni apparenti che furono imposte da esigenze di- vita o suggerite d::,t amor di quieto vi– vere) furono pochi, e quàsi tutti determinati -da motivi ben _facilmente riconoscibili, che nulla tol– gono al valore della constatazione generale. *** Evidentemente nessuno pensa di attribuire a m~g– ,gior vigore ·e coerenza spiritu~le del proletariato la maggior fedéllà alle ·proprie idee che esso ha dil)lo– strato in confronto dei ceti intellettuali. L'attacca– mento del proletariato alla sua fede. e a quel com– plesso di idealità e di dottrine in cui questa si espri– me nasce dalla situazione netta in et.ii il proletariato si trova di fronte alla società e alle altre classi che in essa vivono. Quel· mito (per dirla col Sorel) in cui le asptrazioni del proletariato si traducono e prendono forma; è in rapporto di così rigida a~titesi con tutte le espressioni del presente assetto so– ciale e con le idealità e gli atteggiamenti dei ceti interessati alla sua conservazione, che esso non può· subirne alcun influsso. Non impoi;ta se le vicende della lotta lo portino talora a cercare o accettare .accomodamenti e transazioni. Il mito è· pur. sempre vivo e operoso nella sua coscienza e impedisce che da questi pratici accomodamenti nascano deviazìoni e oscuramenti dell'ideale. I ceti intellettuali non hanno invece nella società la stessa n'etta posizione: non c'è una chiara ra– gione obbiettiva (una determinante economica, ·nel linguaggio di Marx) cpe li tragga, come ceto, dal– l'una parte o dall'altra; entranQ in campo condi– zioni attinenti alla nascita e al sistema di educazidne, apprezzamenti e ragioni subiettive e personali di tor– naconto (materiale e morale), impulsi ideali, reazioni psicologiche svariate, e simili altri moventi,' capaci di generare effetti diversissimi, secondo la forza di cui ciascuno di· essi è dotato e il modo vario in cui si combinano fra loro, e capaci anche· di in– finite mutazioni, appunto per l'influsso di circo– stanze estranee che, nella molleplicità e complessità loro, essi sono atti a subire. Gli intellettuali hanno anch'essi interessi propri che possono esigere un vincolo di solidarietà fra loro e spingerli anche a episodi di lotta, nella quale Biblioteca Gino Bianco questa. solidarietà diventa operosa .e impone, a cia– scuno che ne senta il legame, forme di azione o di inazi0ne: per es. iL rifiuto di assumere un posto (di redattore di giornale, poniamo, o di medico o di ingegnere) da cui un collega sia stato licenziato in modo ritenuto offensivo del suo diritto o della sua dignità; oppure l'astensione, poniamo, qi artisti dal partecipare a un concorso o ad un'esP,osizione le cui condizioni non rispettino il decoro o gli in– teressi .generali della classe, o di un "rispettabile– gruppo di colleghi, e così via. Ma è _evidente che questi e, altri- simili- casi rappresentano lotte di cate- , gorie, da cui' non promana nessuna di quelle ideolo-• . gie il cui cozzo forma il tessuto della storia. Anche se di fronte a quegli episodi fosse concorde, in ogni caso, l'atteggiamento degli appartenenti alla categoria interessata,· da questo loro stato d'animo non potrebbe tuttavia scaturi·re· nessuna precisa orien– tazione per le grandi lotte della vita sociale. Altri casi, come. ad es., l'adesione di insegnanti ad agitazioni e scio.peri, le loro attestazioni di so– lidarietà con al tre categorie di stipendiati o salariati, · oltrechè non hanno mai raccolto nè l'unanimità nè una stragrande maggjoranza di consensi attivi, sono stati poi inoltre episodi staccati nell'attività e orie·n– tazione politica di quelle categorie, contraddette, prima e poi, .da alfri atteggiamenti, appunto perchè mancò o la ragione o la sensazione di . un'effet– tiva e coerente solidarietà con altri gruppi e, in ge~ nerale, con :1a grande massa del proletariato. Il riconoscimento che noi facciamo di ciò .è chiaro· nel fatto che, mentre noi consideriamo come natu– ralmente determinato dalla loro èondizione il posto che, nel fondamentale conflitto della vita sociale, assumono padroni e lavoratori, e consideriamo come transfuga (generoso o vile, secondo i punti di vista) chi assuma posto diverso; nessun analogo apprez– zamento facciamo per gli scrittori, per gli avvocati, per gli artisti, nè proviamo alcuna meraviglia che alcuni di essi aderiscano ad una ideologia e altri ad un'altra; e se anche per tale ragione gli uni c'inspirino simpatia e gli altri indifferenza o anti– patia, di nessuno potremmo dire che è, per l'ideo~ logia che professa, fuor del suo posto. *** Se quanto abbiam detto è esatto (e ·a noi pare che veramente sia tale), si può trarne la conclusione che la chiarezza delle condizioni oggettive contri, buisce a determinare coei:enza di pensieri e di at– teggiamenti con forz~ più saldà che lo stesso ad- destramento dell'intelligenza. · Ma poichè è anche implicito, in ciò che abbiamo detto, che il lavoro intellettuale ha, nella vita sociale, una funzione che non è intimamente collegata. con lo speciale ordinamento , della società, sicchè può serbarsi sostanzialmente immutata in diversi re– gimi sociali (quantunque sia ovvio che assuma, se– condo il mutare di questi, diverse espressioni ed ispirazioni); e poichè d'altra parte non si può non riconoscere che la maggior parte degli intelle_ttuali tiene oggi un atteggiamento consuetamente osti!~ alle speranze e alle aspirazioni del proletariato, me– rita conto di ricercare donde questo derivi, e se e come si possa sperare e fare che ciò non sia. · 0BSERVER. 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