Critica Sociale - XXXV - n. 4-5 - 16 feb.-15 mar. 1925
58 ClilTlCA soclA.tB tarsi senza guai di impiegare in amlll:ort~men~o e pagamento di _interessi quello ~he 11 bllanc10 permette. Magan - per un a1_1n<? - non a?J- mortizzà affatto e si rassegna a ritrarre un m– teresse ridotto, magari a 1:1-on !itrarne_· affatt?.· Egli ha, insomma, un b1lanc10 el~stico; ~10 che non ha una Cooperativa qua_ndo e _molto u~– debitata. Ed ecco l'impresa privata m con~1- zioni di favore - almeno su questo punto - m confronto della impresa cooperativa .... che d<?– vrebbe farle: concorrenza, ov·e essa sia costi- tuita con lroppo scarsi capitali. . . . , Si aggiunga inoltre. che u1;1-a Cooperat1~ 1 a, 1 c\n soci ~ mentre pensa110 d1 _as~ur~ere. 1mp_rese che talvolta ha'nno proporz10m 1mponèntl non sanno fare altro che versare qualche de– cina di lire in azioni, non trova_ tanto f~ci!– mente il credito necessario. Il credito non s1.da, se non su garanzia. Una Barica, nello studi~re una domanda di credito, terrà conto - s'm– tende - dei bisogni dell'impresa che la Coo– perati va ha assunto, ma - pe_r non essere es po.– sta alle conseguenze di u°: ms~ccesso -:- •~or~a pretendere un capitale az10n~r10 _non _1rnsono e degli impegni, da parte. d~1 Sf?CI, tah da as– sicurare rimpresa contro 1 nsc~1.. S~ un'.1 Coo-, perativa non offre queste cond1z1om, gh spor– telli restano chiusi. Spe~·iamo non ci si risponda eh~ c'è, in caso,. lo Stato. La esperienza nostra c1 porta a un . facile-dilemma. O le Coopel'ativè hanno :---- com~ singole e organizzate - la forza per y1vere d~ vita propria, e allora esse non ~anno b~sogno d1 . iniez10ni. Oppure ess~ hanno l>J.sogn?d1 con~e~-. sioni sp'ecia1i, e allora dimostrano d1 essere_ 1~tI– tuzioni rachitiche: meglio sarebbe che non ·fos– sero nate; meglio è che muoiano. Si può chiedere la creazione di istituti aventi la,. 'funzione specifica del credito .alle Coope– rative visto che le comuni Banche non sempre' sanno' adattarsi afle particolari condizioni di questo genere di_in:ipr~se; m~ ?ev~ esse~e _bene inteso che non s1 r1ch1e.dono 1shtuti speciah per ottenere un credito, ad occhi chiusi, prima prr far sorgere Cooperative che altrimenti non s01:– aerebhero, poi per tenerle a galla quando .il peso della inevitabile crisi tende a mandarle a Jondo. E' un genere ·di credito che potrà.Ja– ·vorire una categoria di lavoratori o una pro– vincia· ma che - in ·definit)va - costa troppo a lutl~ il paese e a tutta la 'classe •la".'oratrice. Ci si dirà che, quando le Cooperatwe sono. giovani, hanno bis~gno di e;'>sere sorrc-t!e fi~o al loro completo sviluppo. L argomento e - m quest0 caso - pericoloso assai: è quello stesso adottato dai protezionisti per chiamare lo Stato in aiuto dei loro magri affari. La realtà si incarica di rispondere coi risultati dell'inter– vento statale: quello che· lo Stato dà non è latte per poppanti; è un letto per i pigri. E questi ci si accomodano su, senza più sentire il bisogno di darsi attorno prr risolvere da sè le difficoltà delle loro imprese. Non ci vuole mica molto acume per comprendere che uno dei guai del nostro movimento cooperath 1 0 nel dopo guerra . è ~tato appunto il facile credito di Stato. 6. - Non intendiamo - affermare, con tutto questo, che le Cooperative · non debbano aver bisogno di credito; che, cioè, gli operai deb– bano ·provvedere da sè• a tulto il capitale ne– cessario. Una simile pretesa non si può accam– parla neanche di fronte a imprenditori ricchi. .Perchè, infatti, ci sono le Banche? Ma diciamo che il credito - nel caso delle imprese coo– peratiYe ope1~àie, come- nel' caso di tutte ·1e im- BibliotecaGino Bianco prese - deve andare a_ chi lo merita, a chi (o sa garantire col propr10 danaro .e C?l prop~·10 ~acrificio. Ecco il punto su cm gh orgamz– zator~ di Cooperati ve dev~mo insistere, s~ ~on vogliono creare e trov~Sl sulle sraue 1.stltu– zioni in istato di... fallimento cromco. Bisogna. che ogni· operaio,. il 'qual~ _vuole essere socio di una Cooperativa, acqmsti una somma rispettabile di azioni, tale éhe egli senta il- peso delle operazioni che sta facendo. Il mo– Livo che l'operaio, essendo. povero,. non pu~ sborsare grandi somme, ha 11 suo valore, e n?1 ne teniamo conto · ma esso non deve arri- ' . vare a permettere che un Ja_v?~alore 7 ~cgm: stando una azione di poche d1ecme d1 lire, s1 crei l'illusione di .aver comprato un angolo di paradiso. -Con niente si. ha niente, èon •p9co si ha poco. Col valore attuale della mon~ta bisogna parlare di cenlinrda cli li~·e .. Somipa che l'operaio •- dopo averne garantito 11 paga– mento - può versare in rate, m un leri:nine ~~lativamenle breve, e con trattenute sm sa1a~1. Non è assolutamente possibile cavare dalle ta– sche dei lavoratori somme di questa portata? Pazienza: non si farà la Cooperativa. Nqn è mica detto che la Cooperativa sia un'azio1ie obbligatoria, e non ò detto che si debbano met– tere al mondo drlle crealnre rachitkhe e desti– nate à morire banibine, per· il curioso gusto di creare qualche· cosa. Del resto, non fac: ciamo della demagogia: una parte notevole degli operai può benissimo açquistarc 500 lire, ~1-. meno di azioni quando si faciliti loro il paga .. rnent~ nel mod'o che abbiamo detto. Se a cia– scuno dei lavorator.i si offrisse l'occasione di avere; con qualche sacrifièio; una piccola azien– da propria, c'è eia scommettere cbe una no- . tevole parte degli operai si sobbarche_rebbe a quel sacr-ificio, felice della buona" occas10nc c~c si presenta. Le difficoltà appaiono quando, m luogo di una piccola azienda priv3;ta, si, t,ratta di creare una grande ~zienda co_llett1va_. ~,bb~ne: i lavoratori - se voglrnno dar vita ad rnt1tuzw111 potenli - si persuadano che devono f' a:re per esse -quello che farebbero per lln'azienda propria. . Non parliamo della sola èt>~liluzione dé1 ca-· pitale azionario. Una Coòpcral.iva, u~a volta costituita, deve poi funzionare. E, funz10nando, va incontro ai suoi rischi come qualsiasi im– presa. Se gli affari vanno bene, i lavorat.0ri ne avranno il relativo vantaggio. Ma se vanno male? Se il bilancio si chiude con una perdita? Chi sostiene quella perdita? In un'azienda pri– vata è il padrone. In un'azienda cooperativa ... sono i padroni: cioè i'1avor~tort Principi? ele– mentarissi:tno che noi abbiamo un poco d1 ver– uogna di esporre qui, come se i lettori della Critictr. Sociale fossero tanti allievi di un corso acceleralo di cooperazione. Ma sta cli fatto che - c1ueslo elemcntarissimo principio non è bene compreso dai larnratori soci di Cooperative., Abituati ad avere un padrone, a non avere su di sè -· direttamente, ben inteso ~ alcun. rischio deJl'impresa, essi concepiscono la Coo- _ perativa come un .,nuovo tipo di padrone: un padrone - comunque - col quàle pensano di mantenere l'ordinario genere di ,rapporti. Quindi: paga .fissa e,. poichè ·si tratla di una Cooperativa, magari una paga più elevata di quella che si percepisce nelle imprese private. Se no - domandano - perchè entrare in una Cooperaliva? Speriamo che la dura realtà abbia fatto vedere anche ai malati di vista che le Coo– perative possono avere delle perdite - _egravi!· - e che quindi bisogna prendere le misure ill' tempo, perchè di fronte a quepe perdfte ci sia
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