Critica Sociale - anno XXXV - n.2 - 16-31 gennaio 1925
C'.RI1'1CA SOCIALE 25 Kamenef e da Zinovief un capo d'accusa dell'a– v_er d~tto: « noi siamo un partito che monopo– hzza 11 potere, e tutto ciò che esiste di organiz– zato nel paese è conglobato nelle nostre file » ; e .dell'aver lumeggiato. il pericolo per il bolsce– vismo di rimanere così circondato « da una massa sociale che gli è estranea »., e ·che tende a cresceJ;e continuamente di numero e· di co– scienza politica. · Se non che K~linin, nell'affermare la oppor– luhità di attirare al Governo anche elementi non comunisti 1 pensa evidentemente a mantenerli sempre in -posizione subordinata: di ccirrespon– sapilità dE;gli atti, p erchè facciano un po' da parav~nto agli od.ii, ed aiutino a vincere le dif– fidenze e le ostilità delle masse contadine con,tro la dittatura copÌunisla; ma lasciando a questa il predominio e la direzione del Governo. Ora Trotzky invece vede più in là. Persuaso, al pari di tutti quelli che hanno consapevolezza chiaroveggen za e senso di responsabilità, dell~' necessità di ù.na restaurazione economica della Russia, egli non- si nasconde che il compiersi di questa darà maggior forza alla • « massa ,sociale estranea al bolscevismo », e ne aumenterà le esigenze e 1~ ·pressione per lo stesso crescere della sua potenza "economica e della coscienza delle condizioni indispensabili all'ulteriore svi– luppo. La potenza economica trarrà con sè il bisogno della potenza politica anche per i con– tadini. Ma, se per la Nep una previsione di questo genere è ancora tutta e soltanto nel càmpo della teoria,. per fè masse contadine già è entrata nel terreno della pratica· e coi-risponde ad una iniziata azione concreta. . E il prob lema: quale sarà domani la classe domina:p.te in Russia, accenna gtà a trovare ì p rimi e lementi della sua futura soluzione. RODOLFO MONDOLFO. V:alorem~rale del Socialismo -j\veva _ragiòne Dino Bonardi quando asseriva; .or non è •molto, in un articolo su « Il nuovo Cristiane– simo» pubblicato dalla Critica Soci.ale, che il movi– mento socialista è fatto oggi in gran -parte di. motivi sentim€ntali ·ed umanitari, di ideali di bontà e di giustizia, di un diffuso senso di spiritualisrp-0, che sa– re_bbe, second9 lui, il resultamento pratico della filo– sofia positivista; ma· aveva torto quando p·retendeva df costruire sugli stessi ideal~ positivistici l'avvenire del socialismo. Aveva torto, perchè il positivismo, come teoria filo– sdfica, è oggi meritamente abbandonato, e il sociali– smo, per suaJrnona ventura, ha altre più .salde dot– trine a conforto della sua azione. E vorrei dire anzi come, in ,cer~p1odo, il positivismo fosse superato già prirp-a di nas~re, perchè, sorto e diffuso dopo Kant, ignoi:ava anche· quel tanto di kantismo che non è le– cito ignorare· ienza precludersi la via ad ogni con– qliista deUo Spirito; ignorava quel soggettivismo che, dopo Kant, è un punto fermo per la speculazione filo– sofica·. E allora donemo noi rifarci a Kant,.come da molti è ritenuto, e)ome banno .sostenuto anche su questa RfY.ista il Bara.tono ed il Poggi 1 Dovremo rifarci a K~t e fondare sulle sue teorie morali gli ideali so– cia.listi 1 Qui, mi se,mbra, ci si pr~sent'a. subito una du- 8 ,bI pli,ce dorn, a.p.da: e_o.l'lSiamo n9i accettare quelle vedute 1 roteca lJ1no bianco morali 1 E possono oose utilmente servire per giusti– ficare le aspirazioni socialiste 1 Io non esito a ri– spondere· decisamente no ad entrambe queste do– mande. · · L'errorekantiano Alla pri.ma, perchè un ritornò a Kant mi sembra oggi assolutamente anacronistico. Non è far torto al sommo Maestro dj Konigsberg il rlconoscere che, sulla grande via che egli ha aperto al pensie,ro filo– sofico, molti passi sono stati compiuti; sicchè non è più lecito ormai, se non ignorando più che un se– colo di vita, ritornare al punto. d'inizio. Ora è, noto come proprio le teorie morali di Kant e la filosofia dell'imperativo · categorico rappre,sèntino precisa– mente la parte più caduca, starei per dire meno 'kantiana·, del pensiero di Kant, in quanto poggiano essenzialmente slÙl'err@r-efondamentale che inficia la veduta di lui,. errore ormai definitivamente superato dalla speculazione !!Osteriore. Kant infatti, attraverso la critica' della -conqsce-nz~, distruggeva l'imm-edia– tismo della filosofia che l'aveva preceduto, così del– l'empirismo di Locke come dell'idealismo di Leibniz e di Wolf, che concepivano la conoscenza soltanto come semplice recettività o semplice sp·ontaneità, e affermava di contro ad essa l'unità originaria, la.sin– tesi a priori di peì1J3aree di essere, di universale e,.<li particolare, ,di soggetto e ài oggetto.- 'Se Kant avesse proseguito su)la via che così si era aperto,. egli non sarebbe arrivat.9 all'impera,tivo categorico; .virevers.a egli stesso non· ebbe la visione éhiara dell'importa.n– za della sua scoperta, e già ì,rnlla.·seconda edizione della Critica de11etteva da qoosta via, e. ritornava al dualismo (sia pure un dua1ismo ben diverso da 9uello che egli stes'§o avea sepplto, e definitivamente sepolto), su cui poi fondava il 'restante edificio della sua filosofia. , La con.oscenza,.. dunque, per~-·Kant non a_rriva al- 1'assoluto, ma si firma ·al dt!alismo Jra il mondo della realtà sensibile,. il fenoni,r.Jw, e il mondo della realtà sopr asen sibile o ra~ionaJ~, il noumeno, di cui il .prirqo i: i.on è che la traduzioe,e umana. Ma a que– sto mondo razionale, noi; che ~non po~siamo averne cohoocenza, apparteniamo colla parte migliore d_el nostro Esse,re: ecco un altro dualismo che si riflette nel campo dell'attività pratica; la quale ha un dop– pio carattere: sensibile e sottoposto alle Leggi"di cau– salità, intefil.gibile e libero .. Ora, solo in questa sfera di libertà può aver valore la legge morale, ma que– sta sfera non può essere oggetto di conoscenza: di qui la necessità di pres:entarci la legge mqrale, cioè l'imperativo categorico, come immediato. L'imme.dia,. t1slno, distrutto nella conoscenzt 1:itorna neil' attività pratica., L'errore è palese, e la filosofia -pooterior~, come vedremo, ha lavorato ai sfiperarlo. .Que.sto sembra nÒ-n abbian t~nuto presente i fau– tori d'.un ritorno alla morale kajltiana. Quaji, infatti, le conseguenze dell '-érrore che ie sta a base 7 Innanzi tutto, que.sto: che ~a è puramente astra'tta e for– male; il grande Maestro, dopq. ~vére saputo distin-· guere intelletto e raigione,, risonoscendo l'indipen– denza di questa, cadeva nell'esagerazi"one del razio– nalismo. La legge morale infatti, regnando sovrana nel solo mondo intelligibile, non può proporsi nessun fine sensibile (qualunque esso· possa ess.ere: anche quello, p. e., che noi giudicheremmo nobilissimo, di addolcire le sofferenze altrui), ma fa il bene .solo perchè vuole il bene. Ora è evidente che una cotal~ concezione morale, che rifiuta ogni movente del inondo dell'esperienza,
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