Critica Sociale - XXIV - n. 20 - 16-31 ottobre 1924
CRITICA ,SOOlALE 311 dis_occupati, tali salari dovessero crescere· sino al livello indicato. . Ma la questione n<m verte ,sulla misura del sa: lario, sibbene su una disposizione del vigente· con– tratto di lavoro, la quale :fissa un limite massimo pi lavorazioDe p_erogni operaio, limite che oggi è di circa 80 chilogrammi di farina al giorno. Questa imposizione, se può essere giustificata ,per brevi ed eccezionali periodi di tempo in cui occorre dar lavoro a ·grup12i notevoli di disoccupati, non trova, nè economicaimente nè tecnicamente, alcuna giu– stificazione nei periqdi normali. Vogliamo cari– care ai consumatori di pane (molti dei quali sono pur vittime çlell'estendersi della disoccupazione) tutto il peso della disoccupazione di una catego– ria di lavoratori,- derivante, più che da cause tec– niche ed industriali, da un complesso e cattivo o:r_:dinamento professionale ? Non ·si cerchi di far credere che j1L otto ore di lavoro non è p9ssibile trasformare~ in pane più di 80 chili di farina ! (6). · Ora è bene che il nostro Partito entri risoluta- mente in queste dispute che, uscendo dal ristret– to. àmbito di singoLi gruppi sindacali, toccano lo interesse di decine di milioni di consumatori pro- letari. . E' indispensabile che noi ci domandiamo: il Partito deve ancora accettare e accreditare le for– mule ·messe in giro da qualche organizzatore sin– dacale, atte solo a soddisfare ed acuire gli egoi– smi di categoria, oppure deve mettersi una buo- - na volta sulla via maestra della difesa assoluta dell'interesse della collettività, passando sopra - ove occorra - alle ristrette ed egoistiche esi- genze dei gruppi e delle categorie ? · Limitandoci per ora al problema del continuo aumento del prezzo del pane, dobbiamo si o no, come Partito, esaminare in pieno « tì1tti » i fat– tori che possono contribuire a produrre l' eccessi– vo rincaro ? Se ammettiamo questq esame, non è più possibile negare che notevole intralcio ad una moderna e soddisfacente soluzione del pro– blema proviene anche dall'atteggiamento della maestranza. Essa - nonostante lo sforzo lodevo– le e generoso di pochi - non ha saputo fin qui far nulla per stimolare o favprire ùna razionale trasformazione dell'arte di fabbricare il pane, in modo veramente utile ai consumatori, i quali - non dimetichiamolo - sono, per più di nove de– cirnì, lavoratori costretti ad innumerevoli sacri– fici per il persistente rincaro dei viveri. Non pochi lavor;mti fo~·uai restano irrigiditi in consuetudi– ni ed in egoismi di piccola categoria, che intral– ciano il rapido e necessario perfezionamento tec- nico dell'industria (7). . l 11 dovere delle maestranze. Questi miei vecchi rilievi infastidiranno anca: ra la parte meno cosciente -dei lavoranti ma devo -ripeterli poichè, oltre corrispondere a ~erità, de– vono una buona volta - ed oggi più che mai - servire a promuovere una radicale soluzione del problema, la quale, senza recare effettivi danni economici ai lavoranti fornai, permetta di gio– vare notevolmente ai consumatori; soluzione che (6) Non si pretenda di vincer la disputa con l'addurre l'esempio del Panificio dell' Azie_ndaConsorziale di Milano, in cui 23.persone, lavorando sptte ore e mezza, trasformano in pane 18 quintali di· farina. Potremmo ~pporre molte altre ciil:.efornite dalle statistiche estere. Ci accontentiamo di citare l'esempio di Borgo San Donnino dove, rispettando le otto ore e 1 turni di riposo, sette operai lavorano 4744,79 quintali difarina all'anno; che vuol dire 185 Kg. al giorno per ciascuno. E In questi càsi ... basta una rondine a far primavera. (7) Non ci intratteniamo a discutere (eppure sareblre Interessante!) il caso di certi lavoranti, la cui più ardente aspirazione è di diventare pro– prietari di forni e che vedono come flÌmo negli occhi i paniflct cooperativi, contro cui inscenano scioperi a ripetizione per futili pretesti, anche se in essi erano stl\te accolte tutte le domande deeli operai. .Biblioteca Gino Bianco - un più elevato senso dei doveri da 12a.rtedel ristret– to gruppo e deHa chiusa categoria di lavoratori verso la collettività, avrebbe si€uramente già por– tata a compimento. -1 lavoranti fornai debbono persuadersi che, come è gi,.usto ed umano ogni ·forò sforzo per emanciparsi dallo sfruttamento pa– dronale, è doveroso p_er essi eliminare privilegi esistenti e no:h crearne altri atti a colpjre sinistra– mente i consumatori; che, d'altra parte,·certe loro agitazioni non hanno servito ad altro che a ri– badire la loro soggezione ai padroni e a favorire costoro _nello scaltro compimento. di un sempre più raffinato sfruttamento dei consumatori; che infine, come :per ogni categoria di lavoratori, co- sì anche per loro, nessun vantaggio è dureyole e sicuro e conduce a una progressiva emancipazione ,dallo sfrutttLmento padronale se non attui il prin– cipio della solidarietà trn tutti i lavoratori, che costituiscono la travolgente maggioranza dei con- · sumatori. . Io ho lodato i propositi contenuti in un ordine del giorno 24 .Novembre 1923 dei lavoranti panet– tieri tuttora aderenti alla Camera del Lavoro di Milano,, ma guei propositi non bastan_o. Bisogna sostenere il riesame completo del problema, sen– za tema di diminuzioni di salario. L'atto lode- · vole raccqglierebbe i:l. plauso di tutti i consuma– tori e servirebb~. a smascherare il sindacalismo fascista e i segreti moventi della sua solidarietà col padronato, imperante nelle amministrazoni centrali e periferiche, a tutto danno del consu– matore. Per combattere efficacemente l'ingorda specu– lazione che si fa sulln, jndustria panifica,trice, oc– corre nei lavoranti panettieri uno sforzo di equa coordinazione ·del loro interesse particolare con gli interessi generali, un atto _di cosciente soli– darietà con la gran ·massa dei ·consumatori. Da questa geniale solidarietà traggono floridezza i Il\!• 'merosi panifici cooperativi del Belgio, della Sviz- zera, della Germania, dell'Inghilterra, dell' Au– stria, della Svezia, della Cecoslovacchia; per que– sta solidarietà i lavoranti fornai addetti a tali pa– nifici hanno potuto ottenere compensi equi senza impo~izioni paralizzatrici della normale potenzia– lità di lavoro nel rispettato ciclo delle 8 ore, ri– dotte anzi a 7 e mezza nei panifici dove lavorano squadre (8), per trarre il maggiore possibile rendi– mento dal macchinario e dai forni e per poter da– re il pane ad un prezzo più mite. Pet effetto di _ciò 'i panifici cooperativi del Belgio, pur pagando ai loro operai salari da 25 ,50 a 27 franchi ai gior– no, possono dare ancora oggi il pane di farina fi. nissimà (doppio O) a franchi 1,45 le forme di un chilogrammo; e i panifici cooperativi della Sviz– zera vendono tùttora il pane da fr. 0,54 a fr. 0,64 al chilogr. secondo le forme, corrispondendo ai loro lavoranti da fr. 12,45 a fr. l;j,25 ai giorno (11). Da qu~sta solidarietà dei lavoranti fornai coi con– sumatori potrebbe venire l'imposizione di·vendere il pane, in questo mese di ottobre, non ostante il rincaro delle farine, a L. 1,70 al chilògr. per le forme piccole ed a L. 1,60 per le forme di 400 e più grammi. So benissimo che i lavoranti fornai addurran• no subito 1~. crisi che deriver.é_bbe loro da una ar- (8) All'estero son chieste deroghe alle leggi per l'abolizione del lavoro notturno, atte a consentire la formazione di tre squadre nei grandi pe.nl – flci, per tidurre sempre più le spese di produzione. (9) Il valore 'del franco belga oscilla oggi fra 1.08 e 1.10 della nostra lira; quindi fr. 1,45 eqnivalgono L. 1,57-1,60 e I salari sono là sensibli' mente più elevati che da noi. Col franco -svizzero è meno facile il con• fronto, per lo speciale andamento dei prezzi sul mercato svizzero in con– fronto al valore comparativo della moneta svizzera. In ogni modo, men• tre un• kg. di pane da noi costa 1112 o ljl8 dei salari giornalieri ]llù elevati, in Svizzera la proporzione è di l a 20 o 22. Una bella differenza, come si vede .
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